martedì 17 luglio 2018

The Truman Show (1998): in diretta da vent'anni


A memoria mia, ricordo davvero pochi film capaci di colpire l’immaginario collettivo come ha fatto “The Truman Show” alla sua uscita ormai vent’anni fa. Vent’anni fa!? Cavolo mi sembra martedì scorso... Hey gente, ma cosa sta succedendo al tempo?

Ricordo davvero come se fosse ieri l’uscita di questo film, penso siano andati a vederlo tutte le persone che conoscevo allora, anche perché complice la pubblicità e il riscontro mediatico, era impossibile non averne sentito parlare. Ci sono film capaci di anticipare il futuro, ma la differenza con il film di Peter Weir, regista che apprezzo molto e che con questo titolo ha forse firmato il suo lavoro più noto al grande pubblico, stava proprio nella consapevolezza di essere davanti a qualcosa di diverso, andare a vedere “The Truman Show” voleva dire poter dare una sbirciata al futuro, ed una delle cose che il film ci ha insegnato è che in fondo siamo tutti piccoli voyeur.

Ma fosse stato solo quello! La bellezza e la forza del film di Weir è rimasta invariata anche oggi che siamo qui a festeggiare i suoi primi vent’anni, “The Truman Show” resta una pellicola che funziona su più livelli, un lucido sguardo sul rapporto che avremmo avuto con la tecnologia tra qualche martedì nel futuro (nello specifico oggi), utilizzando il cinema come stele di rosetta, perché dentro a “The Truman Show” troviamo in parti uguali fantascienza, commedia e dramma, tutti al servizio di una riflessione mai banale sulla libertà. Non so voi, ma io sono piuttosto certo che anche tra molti altri martedì questo film sarà ancora un Classido!


Andrew Niccol ha sempre bazzicato la fantascienza fin dal suo esordio nel 1997 con “Gattaca - La porta dell’universo”, ma, come canta Caparezza, il secondo album è sempre il più difficile, nella carriera di un artista, quindi figuriamoci una sceneggiatura! Per quella di “The Truman Show” Niccol passa attraverso un profondo periodo di crisi personale e si dice, dodici riscritture, il risultato finale è oscuro, tormentato, ma buono come pane e marmellata. Lo capisce al volo anche la Paramount Pictures che da queste pagine si dice vagamente ispirate ad un episodio della serie “Ai confini della realtà”, anche se non so quale, perché tutte le fonti riportano questa informazione, ma nessuna il titolo dell’episodio (realtà e percezione della realtà, stiamo viaggiando in un’altra dimensione…), è possibile tirare fuori un grande film. Il budget viene fissato su sessanti milioni di ex presidenti defunti stampati su carta verde, ma per la regia ci vuole qualcuno con più esperienza di Niccol e da qui parte un elenco di nomi ben più lungo delle pagine gialle di Seahaven.

Tim Burton, Terry Gilliam (che per tematiche di base sarebbe stato il più quotato), Steven Spielberg, ma quello che ci va più vicino è Brian De Palma, almeno prima di mollare il colpo per precedenti impegni (storia vera) lasciando così campo libero a Peter Weir. Da qui in poi, la sceneggiatura di Niccol diventa il parco giochi del grande regista australiano che sbaraglia la concorrenza perché di questa storia lui aveva già capito tutto e di tutte le brillanti intuizioni che potete ancora trovare sparse nel film oggi, la più brillante di tutte è la più difficile da prendere: il protagonista non può che essere Jim Carrey.

“Dai! Bravo bella battuta! No sul serio, chi sarà il protagonista?”.

No, aspetta, come Jim Carrey, ma Jim Carrey il comico? No, Peter bello senti ragiona, puoi avere chi vuoi perché quello? Ma Robin Williams non ti piace? Lo hai già diretto in “L'attimo fuggente” (1989) perché proprio Jim Carrey? Bisogna anche capirli quelli della Paramount, il Jim Carrey del 1998 era la faccia di gomma dal corpo dinoccolato da cartone animato di “Ace Ventura” e “The Mask” e “Scemo & più scemo” (1994), quello che per fare questo film ha lasciato in sospeso tutta la produzione, perché prima dovevano completare due film dimenticabili come “Il rompiscatole (The Cable Guy, 1996) e “Bugiardo bugiardo” (1997). Ma Peter Weir non ha dubbi, per un film basato sull’adozione di un personaggio pubblico da parte della spettatori, ci vuole qualcuno che sia ben oltre il concetto di essere famoso e poi per sua stessa ammissione Peter Weir, guardando “Ace ventura” nella prova di Carrey vedeva qualcosa di malinconico alla Charlie Chaplin. Ora, non so voi, ma io credo di aver visto “Ace Ventura” un numero di volte superiore alla legalità ed ogni volta tenendomi la pancia dal ridere, ma senza vederci mai la malinconia e questo spiega perché io sto qui a scrivere di Peter Weir e non lui di me, anche se avrebbe ben poco da scrivere: Cassidy, uno che ride guardando “Ace Ventura” anche se lo sa a memoria. Fine.

Cosa vi dico sempre dei primi cinque minuti di un film? Ormai lo sanno pure i muri: sono quelli che determinano tutto l’andamento della pellicola. E Peter Weir dal primo secondo del film mette subito in chiaro i ruoli separando il suo protagonista dal pubblico che segue il “The Truman Show”, nel caso specifico anche noi, perché i titoli di testa che aprono la pellicola, ad un’occhiata distratta potrebbero sembrare quelli del film, ma in realtà sono proprio quelli del programma che da trent’anni trasmette la vita di Truman Burbank in diretta sugli schermi di tutto il mondo. Fateci caso Laura Linney viene presentata come Hanna Gill un’attrice che nel programma interpreta Meryl Burbank, la moglie del protagonista, il gioco quasi meta cinematografico tra realtà e percezione della realtà messo su da Weir inizia subito, pronti via.

"Cos'è quello Peter?" , "Il tuo assegno, ha così tanti zeri che nemmeno riesco a leggerla questa cifra!".

Anzi, nelle intenzioni originali di Weir, la componente meta cinematografica avrebbe dovuto essere anche maggiore di così, per più di un minuto il regista australiano ha accarezzato l’idea di interpretare lui stesso la parte di Christof e di fermare il film con la sua entrata in scena (storia vera), una roba alla Jodorowsky in “La Montagna sacra” (1973) per capirci che, per fortuna, non ha portato a termine, perché la versione finale del film è semplicemente perfetta, così come la prova di Ed Harris sotto il basco di Christof, personaggio per cui il concetto di nomen omen vale doppio, ma a ben guardare, i nomi in “The Truman Show” sono davvero rivelatori.

Sul nome Christof mi pare non sia necessario ricamarci troppo, si spiega da solo, più interessante è notare come Peter Weir costruisca attorno al suo personaggio una finzione totalmente cinematografica che va dai nomi delle strade che riprendono quelle degli attori (tipo Barrymore avenue e Lancaster Square), ma in cui anche il cast di supporto della vita del suo protagonista suona fittizia, la moglie Meryl (come Streep), l’amico Marlon (come Brando), ma il capolavoro è Seahaven, un posto che sembra uscito da un dipinto di Norman Rockwell, una cittadina idealizzata, contemporanea, ma anni ’50 nello spirito, una bellissima gabbia dorata il cui motto è "UNUS PRO OMNIBUS, OMNES PRO UNO", ovvero "Uno per tutti, tutti per uno". Satirico se ci pensate, ma anche una dichiarazione d’intenti del luogo e con tutto che dovrebbe farmi pensare ai moschettieri di Dumas, d’istinto mi ricorda il ben più oscuro “Il lavoro rende liberi”, brrrr.

“Ed ora, primo piano su Cassidy, sta per citare una delle mie frasi”.

Ma il nome più azzeccato di tutti, ovviamente, lo ha il protagonista, per citare le parole di Christof, quello che quando viene chiamato a presentarsi si autodefinisce come il creatore... (Pausa scenica ovviamente voluta) di uno show televisivo che dà speranza, gioia ed esalta milioni di persone, in cui anche se per certi versi tutto è falso e simulato, non troverete nulla in Truman che non sia veritiero. Non c'è copione, non esistono gobbi. Non sarà Shakespeare, ma è autentico. È la sua vita.

Proprio per questo si chiama Truman, scritto come il presidente americano quello che ha dato l’ordine di sganciare LA bomba per mettere fine ai morti, quindi diciamo pure controverso, ma che suona come “True Man”, l’unico davvero reale in un mondo di totale finzione cinematografica.

Mancano solo le risate registrate, poi sembra una sit-com degli anni ’50.

La crisi di mezza età di Truman funziona ancora oggi perché fa leva sui dubbi morali che prima o poi nella vita arriviamo a farci tutti: É tutto qui? Ci alziamo la mattina, ci laviamo i denti, la faccia, facciamo la cacca andiamo a lavorare, se ci va bene troviamo qualcuno che ci ama la sera quando torniamo a casa e via così un giorno dopo l’altro, in una routine comoda e sicura come un palinsesto televisivo di prima serata? Non trovo ci sia nulla di male nella routine, ma “The Truman Show” è un inno alla libertà che funziona su più livelli perché ha nel suo DNA tracce di fantascienza classica, quella distopica e fantapolitica degli anni ’60 e ’70, ma anche se in dosi molto leggere e solo accennate, è impossibile non notare che era prossimo ai trenta anche Logan, prima di fuggire e da un'isoletta con tanti guardiani cercava di scappare anche il Prigioniero di Patrick McGoohan nell’omonima serie televisiva inglese.

In un’opera di fantascienza, la costruzione del mondo e delle sue regole è fondamentale, in “The Truman Show”, l’enorme studio televisivo dove va in scena la vita di Truman ogni giorno da trent’anni è un ecosistema più che mai chiuso, in cui tutto è pensato per alimentare se stesso, se si stacca una luce di scena, partono subito una serie di “Fake News” a parlare di un fantomatico aereo che ha perso dei pezzi in volo, in cui tutta la trama non è altro che una serie di traumi provocati al protagonista, pur di tenerlo sulla terra ferma (la morte del padre in mare aperto) e per sconsigliargli più o meno velatamente a viaggiare (i giornali che titolano “Who need Europe?”, oppure i poster demotivazionali nell’agenzia di viaggi).

Bisogna dirlo, sanno come mettere a suo agio il viaggiatore.

La cura dei dettagli che Peter Weir mette nel suo film è impressionante, vi invito a notare quante volte facciamo la comparsata i flaconi di vitamina D nel film, sono in bella mostra sugli scaffali e si trovano anche nella cucina di casa Truman, fondamentali per far fronte all’assenza di “veri” raggi solari, ma la cura del dettaglio è anche cinematografica: Weir ha scelto il formato di pellicola più simile a quello televisivo possibile e personalmente trovo brillante l’utilizzo degli sponsor nel film. Ogni personaggio pare associato ad un marchio in particolare, ad esempio, a me fa morire il modo in cui Marlon (Noah Emmerich) entri ogni volta in scena, tenendo la birra all’altezza del viso e con l’etichetta sempre in direzione dell’inquadratura.

Hey Marlon! Voglio la mia parte, questa è pubblicità occulta!

La distanza tra gli spettatori (sì, anche noi, non facciamo che mi lasciate solo) e Truman è sottolineata dalle inquadrature ardite che Weir s'inventa ogni volta, quasi ogni scena sembra rubata da una telecamera nascosta, la mia preferita è quella dall’interno del distributore di bevande, un regista di minor talento, con una storia già così efficace nel pizzicare le corde del pubblico, forse si sarebbe semplicemente affidato ad essa per portare a casa i “Bravò! Bravò!”, Weir, invece, ha davvero fatto sua la materia, se dopo vent’anni questo è ancora un capolavoro, ci sarà pur un motivo, no?

Weir ha un tale livello di controllo sulla storia, da mettere in scena un’intuizione che non esisto a definire geniale, perché magari è pure vero che la fantascienza degli anni ’70 piace a pochi, ma le commedie piacciono a tutti ed è qui che Weir mena il suo colpo più duro. “The Truman Show” è tutto girato come una solare commedia, anche se ha la tristezza dentro il cuore, una cosina che fa sorridere se non proprio ridere quando la guardi, ma mette malinconia se ti fermi a ragionarci su.

Se mi guardo nello specchio con il tempo che e' passato (Cit. scusate non ho resistito!).

Con il passare dei minuti Peter Weir sposta lentamente il baricentro del film in direzione del protagonista, rendendo sempre più sottile la distanza tra noi (si, ho tirato dentro pure voi) e Truman, malgrado abbia una bella moglie, degli amici un lavoro e quasi tutto quello che si potrebbe sperare dalla vita, Truman è inquieto, sorride, ma è triste, fantastica davanti allo specchio la mattina di essere l’imperatore di un pianeta (scena improvvisata da Jim Carrey disegnando con il sapone sul vetro, storia vera) senza sapere di esserlo davvero, visto che là fuori tutto il mondo ha spiato la sua vita dal momento della sua nascita, fino alla cotta con Lauren o Sylvia non è ben chiaro (una Natascha McElhone a cui basta recitare sbattendo le ciglia per essere perfetta), una ragazza da cercare in ogni foto sui giornali e da raggiungere, in un posto che, non a caso, è proprio dall’altra parte del mondo come le Fiji, per voi e per me (sì, continuo a tirarvi dentro), ma per Truman è più lontano di Marte visto che dal suo set televisivo fatto a forma di cittadina non uscirà mai, almeno finché farà ascolti.

Ferma così, ferma così, sbatti le ciglia... Perfetta! Passiamo alla prossima scena.

“The Truman Show” ci parla del dubbio ancestrale che serpeggia sul fondo della mente di tutti noi (l’avete capito che questo post è una roba di gruppo, o no?) lo scontro tra la realtà che fa a cazzotti con la percezione della realtà, ma tutto senza sbatterlo in faccia allo spettatore con paroloni e l’aria di chi ha più puzza sotto il naso di tutti, ma al massimo, con un tono agrodolce da commedia malinconica, portando in scena il mito della caverna di Platone, una domanda, se vogliamo pure un po’ scomoda da porsi che, però, da sempre solletica le menti più vivaci, quelle che a non stare in movimento proprio non ci riescono. Ma il primato di “The Truman Show” è anche quello di aver usato il cinema per mettere in dubbio la realtà prima di altri, solo un anno dopo è arrivato lo scarso “Ed TV” (1999) e il ben più riuscito “Matrix”, titolo con dentro decisamente più fantascienza di questo film, ma che con le sue pillole rosse e pillole blu (no, non quelle pillole blu!!) portava avanti in maniera più fumettistica, un discorso iniziato proprio da Peter Weir, un’altra tacca alla cintura dell’Australiano!

"Dormi bambino, dormi tesor…" (Cit.)

A dirla proprio tutta, visto che di meriti si parla, se George Orwell in “1984” aveva immaginato sistemi dittatoriali in grado di stritolare l’uomo e la sua volontà, Peter Weir porta in scena una dittatura gentile (ossimoro, se ne esiste uno) quella che grazie al logorio della routine, ti lavora ai fianchi e ti fa pian piano accettare sulla lunga distanza quasi qualunque cosa, anche quello che nell’immediato rifiuteresti con forza, perché hey! In fondo non si sta poi tanto male in questa gabbia, no? Tutto questo Weir lo carica sui sorrisi mai veramente allegri di un impeccabile Jim Carrey, inconsapevole protagonista della moda dei Reality e dei talent show che hanno fatto scomparire i film dai palinsesti televisivi del mondo, se vogliamo, anche questo in parte anticipato dal film, visto che il velo di finzione che separa Truman dalla realtà è rappresentato proprio dal cinema, mossa coraggiosa e ironica per uno come Weir che di cinema ci vive.

Sì, perché dalla nostra posizione privilegiata, è fin troppo facile capire che il mondo di Truman è una gabbia dorata posticcia. All’inizio del film Peter Weir fa leva sul fatto che alla fine, siamo tutti guardoni con le vite degli altri, Voyeur che prima spiavano Truman, poi sono passati a pessimi programmi televisivi definitivi “Reality” anche se sono più finti di Seaheaven ed oggi continuiamo a spiare profili Instagram e immagini di piatti fotografati anzichè mangiati. Ma la distanza tra Truman e il pubblico si assottiglia con il passare dei minuti, quando Truman passa al contrattacco e mostra a Christof un sacco a pelo che russa grazie ad un registratore in cantina, non è un po’ come quello che noi scegliamo di mostrare di noi stessi sui social?

Ed anche oggi, ci facciamo i cazzi nostri domani.

Il bello di “The Truman Show” è che tutte queste riflessioni, mentre stai guardando il film non fai in tempo nemmeno ad elaborarle, al massimo sedimentano dopo i titoli di coda, quando il film è finito e
come il pubblico del Truman Show, cerchiamo la guida tv alla ricerca di qualcos’altro da guardare. No, mentre stai guardando il film, puoi solo fare il tifo per la fuga di Truman e anche qui, a ben pensarci, siamo come gli spettatori del Truman Show: un protagonista in fuga è più avvincente di uno che va e torna dall’ufficio, no? Sì, dico a voi, non ho ancora finito di coinvolgervi.

Tutto questo non poteva avere un protagonista più azzeccato di Jim Carrey, scelta combattuta perché Weir ha imposto che sul set NESSUNO citasse le battute dei precedenti film del comico, nemmeno per scherzo (storia vera), ma il risultato è perfetto, perché è grazie a questo film che Carrey ha segnato una linea definitiva nella sua carriera. Per il comico canadese c’è stato una PRIMA “The Truman Show” ed un DOPO, perché il continuo gioco tra realtà e finzione messo su da questo film coinvolge anche Jim Carrey che qui per la prima volta ci ha rivelato che dietro la maschera fatta di sorrisoni ed espressioni da cartone animati, c’era anche qualcosa di più malinconico. Oggi dopo vent’anni non riesco a pensare a nessuno altro di più perfetto di Carrey nella parte di Truman, ma dopo hanno tutti dieci decimi di vista, affidare proprio a lui, in quel momento della sua carriera questo personaggio (e di conseguenza tutto il film) è stata un’intuizione che solo un grande uomo di cinema poteva avere.

Ma ora è diventato "Love Boat", ma non era "The Truman Show"?

Personalmente trovo il finale semplicemente stupendo, il mare è sempre importante nei film di Peter Weir («Sa andare a vela? Ma fa l’assicuratore») qui il simbolismo è chiaro: Truman affronta la paura spavaldo e con il sorriso sulla faccia, sorriso vero questa volta, il grido di libertà di chi non ha più niente da perdere ed è pronto ad affrontare tutto, anche il creatore in persona, una scena drammatica, con un crescendo incredibile, l’urlo di Truman «È questo il massimo che sapete fare?!» ogni volta mi esalta e mi strappa un brivido, penso che, ancora oggi, sia una tra le più genuine frasi di sfida da citare con il sorriso sul volto.

L’impatto sulla cultura popolare di questo film è stato immenso e, siccome il pubblico ha capito tutto, si annoia in fretta e cerca subito un’altra vita da spiare, pochi anni dopo nel 2000 ha iniziato a guardare trasmissioni dai nomi Orwelliani ignorandone l’originale. Ma credo che Peter Weir e Jim Carrey avessero già detto tutto quello che c’era da dire sull’argomento con questo film, quindi io, che sono sempre quello che rideva con “Ace Ventura”, non posso davvero aggiungere altro, se non gli auguri per i tuoi primi vent’anni Truman e magari un grazie.

Anzi, al massimo a voi potrei ancora augurare Buongiorno... E casomai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte!

Auguri Truman, buon compleanno!

50 commenti:

  1. Tutti in piedi per questa stupenda recensione di un film molto, troppo, sottovalutato e pure spesso dimenticato. Anche per me (che lo vidi al cinema con mezza classe!) è un capolavoro che anticipa di molto i tempi. Diversi piani di lettura, meta-cinema già dai titoli di testa e perfetta integrazione tra noi spettatori del cinema e tra gli spettatori del programma pre-Grande Fratello. Un film perfetto nella sua costruzione con attori (Jim Carey in testa, peccato che ultimamente abbia sbroccato... Ma Cassidy, un "Man on the Moon"? Su quello ce ne sarebbero da scrivere!) che sfoderano prestazioni impeccabili.

    Non conoscevo molti dei retroscena da te citati, l'unico che conoscevo era quello sul nome del protagonista: Truman. Che suona proprio come "True Man". Visto perché consiglio a tutti di seguire la Bara Volante? Perché Cassidy ci impara le cose!

    Però il pelo nell'uovo voglio trovarcelo per forza in questo film. Per me il finale avrebbe dovuto essere più pessimista o comunque meno positivo. Qualcosa del tipo che Truman capisce e accetta il ruolo da Star planetaria restando nella città/set e continuando ad essere protagonista della propria vita/farsa. Magari sui titoli di coda si sarebbero potute mostrare delle scene future in cui Truman fa i capricci perché il caffè non è zuccherato come lo aveva chiesto e minaccia di far licenziare il barista/comparsa urlandogli in faccia che lui è Truman, o che si impunta con Christof perché vuole cambiare moglie per una modella più giovane e formosa, o che vuole guidare una fuoriserie altrimenti abbandona il set,... Ma ammetto che queste cose sarebbero state troppo difficili da prevedere nel '98.

    Ultimo e poi ti lascio il caffè pagato al bar qua dai cinesi: ma un banner laterale con il faccione di Ed Harris no? Penso che tu abbia recensito ogni suo singolo film!

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    1. Ti ringrazio molto :-D Alla fine penso che venga dato per scontato, perché che sia un bel film lo sanno tutti, quindi diventa un fatto assodato. Ti confesso che l’appetito mi viene scrivendo, ho scritto di Milos Forman e già avevo voglia di rivedere “Man on the moon”, figurati dopo aver scritto di questo film, però prima vorrei vedermi il documentario “Jim & Andy” è da parecchio nella mia lista di cose da vedere su Netflix, ho già parecchio materiale sul film di Forman così, so che dopo aver visto il documentario ne avrò ancora di più!

      In effetti hai scritto il soggetto per un possibile “The Truman Show 2”, per fortuna lo hai scritto qui così magari la Paramount non lo vede e non lo mette in cantiere perché sarebbero capacissimi! ;-) Scherzi a parte, il finale è il classico bicchiere pieno per metà, ognuno ci vede quello che vuole in base alle sue esperienze personali, ti fa riflettere su come sarà la vita di Truman fuori (un uomo/bambino fuori dal tempo) potrebbe voler tornare alla sua gabbia oppure no, proprio per quello lo ritengo perfetto, è un lieto fine, ma non poi così lieto a ben pensarci.

      Ahaaha mi suggerisci lo speciale Ed Harris? In effetti senza volerlo in due giorni ho fatto due post in cui Harris ha un ruolo non da poco ;-) Lo adoro, ha carisma da buttare, penso che nessuno abbia mai perso i capelli con più stile di Ed Harris, se lui è nel cast, per me è un motivo per vedere il film, ma ti posso dire che i miei film del cuore con Ed Harris devono ancora arrivare, almeno uno arriverà da qui alla fine del 2018, per gli altri vediamo, quella faccenda dello speciale potrebbe tornare di moda ;-) Cheers!

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    2. Anche secondo me il finale va bene così, anche perché non è così ottimista, con quella reazione del pubblico.
      Comunque come non concordare con l'acclamazione di questo film, con quel suo gioco (che gioco non è) tra Truman, gli spettatori che lo guardano e noi spettatori che guardiamo e siamo entrambi.
      E sto ancora ridendo per te che ridi con ace e weir che scrive di te che ridi con ace. E' un turbinio di risate!
      Gran bel post.

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    3. Un finale malinconico da morire, è una vittoria del protagonista, una presa di posizione e anche un trionfo del libero arbitrio, però poi pensi, ed ora? Cosa gli succederà. Un finale che si fa beffe del lieto fine di plastica dei programmi televisivi.

      Ti ringrazio moltissimo, pare che Weir vada in giro con una maglietta con su scritto “Who the fuck is Cassidy?” :-P Cheers

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    4. Infatti, è vero, il senso di trionfo dura poco perché ti chiedi cosa succederà e sai che le cose non saranno facili per Truman, potrebbe "liberarsi" definitivamente oppure no, ma comunque il mondo che lo aspetta non è roseo.
      A sto punto gliela devi mandare una maglietta con quella scritta, e con la faccia tua che ride, ovviamente!

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    5. Oggi farebbero un film in tre parti, per la seconda, Zio Portillo qui sopra ha buttato giù la bozza di sceneggiatura. Ma ti dirò, va benissimo così, sono pochi i film che ti fanno ancora riflettere sulla storia dopo i titoli di coda, teniamoceli stretti! Cheers

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  2. sì bel film.
    ottima recensione.

    consiglio se non l'hai fatto ( m a l'hai fatto ) di guardare il meraviglioso "un anno vissuto pericolosamente"

    rdm

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    1. Grazie capo genitlissimo! “Un anno vissuto pericolosamente” è un film bellissimo, in generale di Peter Weir mi mancano un paio di film, ma tra quelli che ho visto, io uno brutto devo ancora trovarlo. Cheers

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  3. Assolutamente capolavoro.
    Fu così famoso che la gente crede che Uma Thurman si chiami Uma Truman.
    Comunque al pragone Truman presidente bomba ci avevano pensato già Lynch e Frost, a onor del vero XD
    Ed tv, che ha ritirato fuori. Lo preferisco a Matrix! XD

    Moz-

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    1. Povera Uma, il nome più facile del mondo e le sbagliano il coglione ;-) In effetti Truman mi fa pensare subito alla bomba, sarò scappato dalla Loggia Nera pure io!

      “EdTV” ha tanti attori che mi piacciono, Woody Harrelson su tutti, ma ha la sfiga di avere Matthew McConaughey, quando ancora era più interessato a mostrare gli addominali che a recitare, per me ai tempi McCoso era motivo di insofferenza quasi quanto Bon Jo… Bon J… Non riesco nemmeno a scriverlo, che guarda compare nella colonna sonora del film. Devi capire che per me era molto difficile guardare “EdTV” :-P “Matrix” una volta dovrò decidermi a scriverne. Cheers!

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  4. Splendida recensione da cui si percepisce quanto tu adori questo film altrettanto grandioso nella sua apparente semplicità. Lo vidi la prima volta qualche anno fa ai tempi del liceo e ne rimasi subito affascinata soprattutto per questo continuo gioco di sottili rimandi tra piccolo e grande schermo ma anche per un protagonista che ha saputo farmi completamente cambiare idea. Mai avrei scommesso su uno come Jim Carrey per un film come questo e invece il buon Weir ha convinto tutti. Pazzesco quanto questo film sia efficace e diretto ancora a vent'anni dall'uscita :)

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    1. PS: Tanta stima per Niccol alla sceneggiatura ma... che ne pensi del suo ultimo Anon? Sono curiosa di conoscere le tue impressioni!

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    2. Mille grazie! Alla fine le idee più semplici sono le migliori, però far sembrare semplice qualcosa, di solito è la caratteristica di quelli molto bravi, Peter Weir è molto bravo. Qui sopra con il Moz ho citato Matthew McConaughey, ecco lui con un paio di film (“The Lincoln Lawyer” e “Killer Joe”), ha fatto cambiare la percezione di se come attore al grande pubblico, a Jim Carrey è bastato questo, e non si è fermato, “The Majestic” mi era piaciuto, ma ancora di più in “Man on the moon”. Cheers!

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    3. Quello devo ancora vederlo, è tra le mie prossime visioni però, ti farò sapere il prima possibile ;-) Cheers!

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    4. Niccol come regista non mi piace molto. è meglio come soggettista sceneggiatore!
      Purtroppo alcune trovate straordinarie (In Time, Anon) le butta in vacca in maniera dozzinale!

      Il suo film che preferisco non a caso è S1m0ne, uno dei meno distopici e dove un grandissimo Al Pacino riesce a salvare la baracca!

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    5. Con “Gattaca” ho un difficile rapporto ma mi è sempre piaciuto, “In Time” era tremendo. Anche secondo me se la cava meglio a scrivere che a dirigere. Cheers!

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    6. @Andrea87 concordo in pieno! Anon ha un'idea di partenza pazzesca quanto inquietante ma dopo un iniziale sviluppo macchinoso ma abbastanza convincente, cestina il tutto senza troppe preoccupazioni. E pensare che la Seyfred m'aveva quasi convinto a sto giro!

      @Cassidy, anch'io ho un legame strano con "Gattaca"... devo ammettere che, a primo impatto, mi ha lasciato un po' dubbiosa ma dopo alcune visioni ne sono rimasta decisamente più entusiasta, apprezzandone i particolari più geniali :)

      p.s.: s1m0ne me lo segno che mi manca. Grazie della chicca!

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    7. Per me è stato lo stesso, me lo avevano “venduto” come un capolavoro pazzesco, quindi la prima visione mi ha lasciato pochino, ma devo dire che dopo mi è salito un po’ di colpi. “S1m0ne” non lo ricordo male, più che altro una prova personale di Al Pacino, una sicurezza ;-) Cheers!

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  5. sebbene la frase "un episodio di Ai confini della realtà" venga usato spesso a sproposito, mi viene da pensare che l'episodio che contiene dei punti di contatto con "The Truman Show" sia l'1x23 - L'avventura di Arthur Curtis (A World of Difference).

    Fammi sapere ;)

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    1. Bravissimo, mi sai che hai proprio ragione, la scena del muro spostato e della troupe cinematografica dietro si vede anche nel film di Peter Weir. Per altro ho visto l’episodio qualche estate fa, quando su Rai Tre hanno replicato la mitica serie nel pre serale, non so quale genio abbia avuto questa idea, purtroppo è durata davvero troppo poco. La qualità generale della nostra televisione forse era aumentata troppo, per quello si sono sbrigati a far sparire le repliche. Cheers!

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    2. mi ricordo che per un altro po' hanno continuato a replicarle su RAI3 di notte e su RAI4 alle prime luci del mattino, saltando però la 4^ stagione a causa della durata degli episodi.
      Lo so perchè con il MySky ho registrato alcuni episodi iconici per mia sorella, tra cui quelli parodiati dai Simpson ("Servire l'uomo" ecc) e "Il colpo della bella addormentata", episodio di cui esiste un coevo contraltare nell'altra antologica del periodo, "Alfred Hitchcock presenta".

      Comunque "Twilight Zone" lo adoro, sono uno dei pochi in Italia che ha recuperato la serie classica e mi ricordo gli "ooooh!" di ammirazione quando dicevo ai miei amici che hanno conosciuto il genere con "Black Mirror" (o con le parodie dei Simpson, senza sapere che fossero parodie!) che in realtà Rod Serling aveva già fatto tutto... e meglio mezzo secolo prima!

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    3. Assolutamente non scherziamo, “The Twilight Zone” è una pietra miliare, ho sempre avuto una passione per le storie antologiche fantastiche ed horror, poi da appassionato di Richard Matheson puoi immaginare quanto mi piacesse. Da ragazzino cercavo tutte gli episodi che riuscivo trovare, il film, ma anche le serie ispirata a quella di Rod Serling, tipo “Oltre ai limiti” che non aveva lo stesso genio ma mi piaceva comunque. Anche per quello ho sempre apprezzato le parodie dei Simpson, “Black Mirror” non ha inventato nulla, “Ai confini della realtà” esisteva già da un pezzo ;-) Cheers!

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  6. L'ultimo film di Jim Carrey uscito quest'anno (che devo ancora vedere) è solo l'ennesima conferma di un attore a tutto tondo che vuole farsi riconoscere anche per pellicole più adulte. Hai ragione, il "post Truman Show" è stato molto importante per la sua carriera e ti dirò, per quanto mi piaccia la sua faccia da idiota in "Ace Ventura", "The Mask", etc..., preferisco le sue interpretazioni più serie, ma non per questo meno espressive! (il suo Scrooge, ad esempio, è molto macchietistico nei movimenti ma è un personaggio molto serio ed infelice!).
    Complimenti per la recensione, come al solito, e per tutti quei retroscena che non conoscevo!

    Saluti! (ed entro nella porta dove mi aspetta l'ignoto, così come accadeva al superstite del film "Il cubo")

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    1. Anche secondo me si rivela più bravo nei ruoli diciamo “seri”, che poi a far ridere come fa lui, ci vuole talento vero, niente da dire, ma è molto più di un comico. Non mi citare il suo Scrooge, ancora oggi mi lancio nella sua imitazione (per le meno doppiata) dicendo “Scempiaggini!” (storia vera). Ti ringrazio molto… Il Cubo! Che figo quello. Pensa che mi è piaciuto così tanto, che non ho mai avuto voglia di vedere il seguito, perché mi hanno detto che spiegava troppe cose. Certi finali sono giusti così come sono ;-) Cheers

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    2. Vedo non sono l'unico ad usare "Scempiaggini!" quando è doveroso usarlo :D
      Ma mi piacerebbe usare anche il "Bubbole!" dell'edizione cartacea, per riportarlo un pò in auge! :D

      Neanch'io ho mai visto i sequel de Il Cubo, ho paura mi dia l'effetto "Prometheus" nel voler spiegare le origini di ogni cosa; il mistero è ben più affascinante (e in ogni caso, il film era molto allegorico, il "non sapere" alimentava la paura, l'allarmismo politico e la pedita della razionalità da parte del poliziotto).
      Ma se va bene avevo pure letto la tua recensione tempo fa in cui spiegavi queste cose, devo ri-controllare! XD

      Saluti!

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    3. Vada con lo Scempiaggini-Bro-Fist! ;-)
      Anche io sono per il non sapere e non mostrare, poi ci sono storie che richiedono che la scatola venga aperta, ma “Il Cubo” non è una di quelle. Devo aver sicuramente trattato il tema qui sopra, il film di Vincenzo Natali purtroppo no, quello lo avevo commentato nella mia vita pre-blogger, il fantasma del Blog passato… "Scempiaggini!" ;-) Cheers!

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  7. Già vent'anni???? Non fai in tempo a criticare i reality che la reality è andata avanti di vent'anni, e siamo ancora invasi da reality....
    Mitico film, che ha provato a metterci in guardia indicandoci la Luna, e noi ovviamente abbiamo fissato il dito: Se penso che l'anno successivo è iniziato il Grande Fratello, che porta proprio il nome di un concetto inventato per mettere in guardia la gente da cose come quella...

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    1. Il tempo deve essere impazzito ultimamente. No sul serio è pazzesco, io trovo spaventoso che esista un programma che porta quel nome e che le persone, associno il Grande Fratello ad una cosa tutto sommato positiva, cioè un programma cretino che gli fa passare il tempo. Su questo principio, un reality ambientato su un’isola (ne esistono, pure troppi) avrebbe dovuto intitolarsi “Il signore delle mosche”. Hai riassunto al meglio, indicare la luna e guardare il dito. Cheers!

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  8. Recensione stupenda per un film geniale.
    Non so se è capitato anche a te, ma spesso nell'adolescenza mi veniva da pensare che magari la nostra vita fosse una sorta di film, infatti mi stupì moltissimo che quest'idea venisse contemplata in un film ( segno che chissà a quanti altre persone fosse passata in mente la stessa cosa).
    Per fortuna a realizzarla cinematograficamente è stato un grande come Peter.

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    1. Mille grazie davvero ;-) É una sensazione molto comune soprattutto in adolescenza, pensa che, altra faccia della medaglia, esiste una patologia che è stata alimentata proprio da "The Truman Show" e in parte anche da "Matrix", però la radice è proprio quella sensazione li, che per me è una delle ragioni per cui il film funziona così bene, parla proprio a qualcosa di insito in ognuno di noi. Cheers!

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  9. Anon purtroppo l'ho visto, bel plot ma svolgimento soporifero... In time a me non era dispiaciuto, su Truman potrei andare avanti a commentare per ore, ma già ti accennavo qualcosa su fb... e comunque sappi che anch'io adoro le scene con la gente che urla alla tempesta ;)

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    1. Ti farò sapere, ho "Anon" tra le cose da vedere, ma temevo potesse essere una palla. L'urlo nella tempesta è una scena che tocca delle mie corde, non so, mia sa proprio di liberatorio, possiamo andare avanti quanto vuoi, è il classico film che più ci pensi, più vengono fuori argomento interessanti, e non si può dire nemmeno di tutti i capolavori, altra tacca alla cintura di Truman ;-) Cheers

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  10. Bellissimo film, uno dei miei preferiti. Svolgimento leggero ma contenuti piuttosto elevati e di spessore. Un Jim Carrey stratosferico, insomma, giusto celebrarne il ventennio

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    1. Non potevo perdermi il compleanno, i contenuti del film sono tanti e pure alti, eppure mai gettati in faccia al pubblico, questo è un enorme pregio. Cheers!

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  11. All'epoca lo vidi al cinema, ricordo l'inizio quando mostrano che il set è talmente enorme che si vede dallo spazio.. rimasi veramente a bocca aperta! :) Già 20 anni fa sono passati caspita!!

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    1. Come passa il tempo quando ti diverti! ;-) Scherzi a parte, anche io lo avevo visto al cinema, penso che allora lo abbiamo fatto tutti ;-) Cheers

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  12. Che poi lo sapete che S1mone era la copia, come soggetto, di una storia di Dylan Dog uscita molti anni prima ( ero uno speciale estivo ) ?
    Storiella che era dentro la storia principale scritta da Chiverotti, e che parlava di un tizio innamorato di una modella della pubblicità che poi si scopriva essere fatta al computer .
    Morale: Chiaverotti non è diventato ricco nel scriverla, Niccol si.

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    1. Dylan Dog è talmente pieno di citazioni cinematografiche, che non sai quali siano originali, e quali prese da qualche film, in questo caso, direi che era originale ;-) Cheers

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  13. Ennesimo post stupendo che sono riuscito a divorare relativamente in poco tempo (è lungo come i tuoi standard e io so' lento!).
    Sai che non ci avevo fatto mai caso all'assonanza tra Truman e true man?
    Idem per i flaconi di vitamina D, oltre a non sapere i suoi benefici, ho visto il film solo una volta e mezza dato che mi ha talmente affascinato e mi è rimasto impresso che non ho mai sentito il bisogno di rinfrescare la memoria.
    Concordo sulla scelta dell'attore, Jim Carrey ha gran merito sulla riuscita del film. Quando nomini Williams non mi scandalizzo come quando sento un Axel Foley interpretato da Stallone, meglio Jim ma anche il compianto Robin non mi sarebbe dispiaciuto, sicuramente ne sarebbe venuto un film diverso.

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    1. Si penso anche io sarebbe stato un film diverso, però in qualche modo simile, il salto da Sly ad Eddie Murphy invece ha fatto cambiare tono a tutta la pellicola.
      I flaconi di vitamina “D” sono il frutto del numero di volte che ho visto il film :-P Ti ringrazio, in effetti sono arrivato al limite della lunghezza che mi sono auto imposto, alcune volte rischio di sforarla, ma già così sono piuttosto prolisso, quindi cerco di auto regolarmi, grazie per aver letto tutto! :-D Cheers

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  14. Visto al cinema, la prima volta, rivisto poi con piacere. Ma questa cosa della vitamina D neppure io l'avevo colta. Un film eccezionale, che fu addirittura profetico con il proliferare dei reality qualche anno dopo. Io ho amato alla follia Jim Carrey per la parte di Truman. Praticamente perfetto con quella faccia da finto-scemo. Il finale è veramente emozionante. Decisamente una pagina di cinema memorabile. Grande omaggio il tuo, Cass!

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    1. Ti ringrazio, è un film leggerissimo e facile da amare, ma strapieno di contenuti e letture di secondo livello, non potevo perdere l'occasione di omaggiarlo ;-) Cheers!

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  15. Jim Carrey all'epoca mi faceva ridere a crepapelle, qui mi fece riflettere, emozionare e ovviamente divertire, un film davvero eccezionale ;)

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    1. La penso proprio come te, pare che da allora, una volta aperto il vaso di Pandora, la malinconia non lo abbia più abbandonato. Cheers!

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  16. Questo film meritava davvero di entrare nella schiera dei classidy!
    La presenza di Jim Carrey è stata un'arma a doppio taglio per alcuni, ma alla fine si è rivelata una scelta efficace...

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    1. Lo penso anche io, ci tenevo ad averlo nel Club ;-) La prima del buon Jim è impeccabile, davvero fa tutto giusto. Cheers!

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  17. Non sono uno che ama vedere più volte lo stesso film al cinema, non perché trovi che sia una cosa sbagliata o assurda, ma perché preferisco sempre vedere un film nuovo; "The Truman Show" è uno dei pochissimi film che fanno eccezione assieme "Matrix" e forse un altro film che ora non ricordo...
    Questo per far capire quanto mi sia piaciuto...

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    1. Anche a me capita di tornare poche volte al cinema a rivedere lo stesso film, qualche volta si lo ammetto, ma non sono poi tantissime, in effetti questo lo meritava assolutamente ;-) Cheers

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  18. Se dovessi indicare una sola scena da usare per esprimere il mio parere sul film (posto che ce ne sarebbero 'na marea da incorniciare)? Il finale, coi due poliziotti.
    La loro indifferenza, dopo la finta esultanza per una vicenda che per loro è stata null'altro che una distrazione dalla loro noiosa vita quotidiana, mentre per un uomo è stata una vera e propria nascita...mi lascia sempre esterrefatto.

    In realtà, tutto il film merita una lunga analisi, e ci possono essere molteplici livelli di lettura, da quello in cui si fa satira seria (ovvero, con amarezza e non risate e pernacchie) sui reality show, quei programmi dove tutti sanno che ogni cosa è artificiale "quanto Matrix stessa!" -scusate, Smith ogni tanto viene allo scoperto- dicevo, ogni cosa è finta, ma comunque ci si ostina a definire veri.
    Tipo GF, o Bear Grylls, dove nascosti alle telecamere, c'è fior fiore di staff pronti ad intervenire, altro che reality show!

    La storia di Truman è l'uscita dall'eden/infanzia/matrix, come volete chiamarla: è il distacco voluto e sofferto dall'idillio. Una fuga disperata che viene ostacolata in tutti i modi: memorabili le sequenze dove prima ogni cittadino del paesino è amichevole e cordiale, per poi rivoltarsi contro Truman, come degli ultracorpi. La paura che il tuo vicino, o anche più banalmente, il mondo attorno a te, ti crolli addosso all'improvviso, rivelandosi come una gigantesca bugia è uno dei temi più inquietanti che questo film si porta dietro...al di là della mostruosità di tenere segregato un uomo per tutta la sua vita, facendo nascere in lui paure e fobie pur di tenerlo bloccato.
    "Quindi...nulla era vero?"
    "Tu. Tu eri vero"
    Il monologo (non uso il termine a sproposito, visto che è un dialogo a senso unico, in cui non c'è vera comunicazione fra i due) con il Creatore è, forse, tra i più belli dialoghi con l'entità sovrannaturale mai apparsi nel film: nonostante sia metaforico, a differenza del fracasso di botte elargito da un prete a dio in "Dio esiste e vive a Bruxelles", trasmette la stessa sfiducia in un dio distante ed insensibile, volto unicamente al soddisfacimento del proprio ego, un essere che, alla fine si rivela umano nel senso più meschino del termine.

    A lui -Christoff- non interessa veramente di Truman, l'unica cosa che gli interessa è salvaguardare l'immagine che di Truman è stata creata e, con essa, il piccolo paradiso privato simil-infernale.

    "Santo cielo! Truman, sei in televisione!"
    "Casomai non vi rivedessi...buon pomeriggio, buona sera e buona notte"
    Una frase detta col sorriso amaro, la chiusura di una storia che è ormai è già vecchia.
    Cambia canale, vediamo che stanno trasmettendo.

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    1. Concordo in pieno, è uno di quei film che puoi vedere duecento volte e finisce sempre per ritrovarci qualcosa di nuovo, non credo invecchierà mai, quando parli di umanità in maniera così profonda in un film succede. Cheers

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