venerdì 22 giugno 2018

Monty Python e il Sacro Graal (1975): Camelot è un posto stupido


Unitevi a me miei prodi lettori! Nella più grande delle imprese, cavalchiamo a colpi di noci di cocco verso Camelot, vero la gloria o per lo meno, verso il nuovo capitolo della rubrica… Pythonesque!

Il Monty Python's Flying Circus è un successo senza precedenti, la popolarità dei comici è in ascesa anche se all’interno del gruppo John Cleese va ancora in giro con il muso lungo come il cavallo che entra nel bar della barzelletta, lo spilungone è sempre meno interessato a continuare a fare televisione insieme al resto del gruppo, ma non di certo a lavorare ancora con loro ed è proprio per questo che durante una pausa di lavorazione tra la terza (l’ultima con Cleese) e la quarta stagione del Flying Circus, i Monty Python hanno un’idea geniale: fare un film, uno vero, capace di prendersi gioco degli stilemi cinematografici proprio come il loro “Circo volante” faceva di quelli televisivi.

Ma come dice il saggio: l’esperienza è la somma delle fregature ricevute da… In questo caso specifico, la precedente sortita dei Python nel mondo del cinema, ovvero quel mezzo disastro diventato un cult di E ora qualcosa di completamente diverso. Dalla realizzazione di quel film antologico, i Monty Python capiscono di dover proporre al proprio pubblico del materiale originale, il formato degli sketch può funzionare anche sul grande schermo, ma devono essere uniti insieme da una trama, da personaggi ricorrenti che il pubblico possa seguire nelle loro (stupide) imprese e, soprattutto, hanno bisogno del controllo creativo anche in fase di regia, tra le loro fila di aspiranti registi i Python ne hanno ben due, guarda caso, si chiamano entrambi Terry, Jones (da qui in poi Jonesy, come lo chiama Eric Idle) e Gilliam!

"Se ci dicono qualcosa, diciamo che è stato Terry a dirci di fare pausa".
I due Terry durante la realizzazione del film, sono stati in accordo su davvero poche cose, l’unica, forse, la comune volontà di fare qualcosa in costume ambientato nel Medioevo e di dare alla pellicola un aspetto da vero film, in particolare, Gilliam è sempre stato convinto del fatto che un film comico, non dovrebbe accontentarsi di due fondali fatti a tirar via, perché comunque alla gente interessano solo le battute (riassumendo, per altro, tutto quello che penso delle commedie classiche), no, bisogna fare un film ben fatto, che faccia anche ridere, tutti d’accordo, si parte! Sì, ma per andare dove, visto che non abbiamo un soldo?

Cloppete cloppete cloppete fanno le noci di cocco nella vostra testa, mentre leggete questa frase.
Il budget a disposizione dei comici è ridicolo, no sul serio, una roba da far ridere almeno quanto una delle loro gag. Ma il genio non si ferma davanti alle difficoltà, anzi sono i limiti imposti da superare a tirare fuori il meglio, esattamente come John Carpenter che non potendo permettersi i cavalli, trasforma il suo Distretto 13 in un western moderno, i Python fanno di necessità virtù, i cavalli costano troppo? Facile, li sostituiremo con le noci di cocco usate a simulare il rumore degli zoccoli. È la prima scena del film, Re Artù (Graham Chapman) e il suo scudiero Patsy (Terry Gilliam) cavalcano trionfanti sbatacchiando gusci di cocco ed io ogni volta cado dalla sedia del ridere, non esiste niente di simile a “Monty Python e il Sacro Graal”, un capolavoro di comicità che per quanto mi riguarda, è un Classido!


Il tema epico di Re Artù e la ricerca del Graal è l’occasione perfetta per i Python di sbeffeggiare tutto il ciclo arturiano, ma anche di spernacchiare i film in costume di Hollywood, perché i due Terry ne avevano fin sopra i capelli di vedere al cinema il Medioevo rappresentato sempre in modo pulitino e perfettino, infatti il Medioevo di questo film è lurido, decadente, afflitto dalla peste ed è anche l’occasione per Gilliam di iniziare quella che per lui sarà una tradizione cinematografica: i personaggi cinematografici con i denti sporchi, una vera fissa per il regista.

Dopo aver girato tutti i castelli disponibili in Inghilterra, i Python vanno in Scozia per realizzare il loro film, la struttura della ricerca del Sacro Graal da parte dei Cavalieri della Tavola Rotonda è il pretesto perfetto per permettere ai Python di prendere dimestichezza con il cinema, le gesta dei singoli cavalieri non sono altri che sketch più o meno lunghi, insomma l’ideale per il gruppo di comici fermamente intenzionati a fare del cinema.

I cavalieri che fecero l'impresa ridere.
I ruoli vengono assegnati con il solito metodo democratico che aveva dimostrato di funzionare anche per il Flying Circus, chi scrive lo sketch di solito finisce anche per interpretarlo, come accade, ad esempio, ad Eric Idle negli spassosi panni del coraggiosissimo (si fa per dire) Sir Robin e dei menestrelli che cantano le lodi del suo cagarsi sott… Ehm, coraggio, volevo dire coraggio!

Quando è il momento di scegliere qualcuno per il ruolo di Re Artù, il gruppo è totalmente d’accordo nello scegliere Graham Chapman, la sua capacità di far ridere restando completamente serio è perfetta per un personaggio che deve risultare una roccia. Guardatelo Artù in questo film, attorno a lui è la follia più totale, ma nemmeno per un momento si dubita della sua missione, affidata da Dio in persona (animato dal solito Gilliam e doppiato dallo stesso Chapman), proprio per questo alcune gag risultano micidiali, come quella storica, forse la più famosa, ma sicuramente una delle mie preferite del film, ovvero l’arrivo a Camelot dei cavalieri, la “Camelot song” (nota anche come “Knights of the Round”) è da spanciarsi dal ridere, ma è la reazione serissima di Re Chapman a dare forza al momento comico, concludendolo nel modo migliore possibile, posso citare la frase? Posso? Posso? Chissene tanto lo faccio lo stesso: «On second thoughts, let's not go to Camelot. It is a silly place».

Nemmeno la regina Ginevra si divertiva così tanto a Camelot.
Eppure, la realizzazione di “Monty Python and the Holy Grail” non è stata certo pesche e crema, Graham Chapman durante le riprese di questo film, aveva raggiunto il punto più basso della sua dipendenza dall’alcool e spesso non riusciva a ricordare uno straccio di battuta che fosse una, a questo aggiungete anche il meteo Scozzese che viene considerato bel tempo più o meno quando la pioggia cade a catinelle e non decisa a secchiate.

Ma questi sono tutti da considerarsi problemi minori (ah sì?) in confronto all’inesperienza di Terry & Terry come registi, in “L'autobiografia dei Monty Python” (Sagoma ed. 2011) Gilliam racconta che al suo primo vero ciak su un set cinematografico, la macchina da presa ha pensato bene di rompersi (storia vera) la prima e nemmeno l’ultima volta che, parlando della filmografia di Gilliam, le parole “Cinema” e “Sfiga” finiranno per stare tutte una vicina all’altra nella stessa frase.

Non fare così Terry, è sfiga, che vuoi farci?
La co-regia dei due Terry non è affatto una cosa semplice, chiedetelo a Michael Palin che nella scena in cui contesta l’autorità di Re Artù con discorsi politici fatti sgrufolando e mangiando il fango (ben prima che i Social-Cosi lo rendessero un’abitudine per troppe persone) ha dovuto ripetere la scena otto volte, perché i due registi riuscivano sempre a tagliarlo fuori dall’inquadratura, oppure a non decidersi mai sulla fotografia esatta. Niente è valso il fatto che il fango in realtà fosse cioccolata, perché dopo otto tentativi e svariato tempo, ormai era impossibile distinguere fango e cioccolata, mi immagino la faccia del medico scozzese che ha visto arrivare un giustamente infuriato Michael Palin costretto a farsi fare un anti tetanica per aver mangiato fango, per di più conciato come un Crociato!

Uova pancetta e SPAM fango, uova pancetta salsiccia e SPAM fango.
Nel tentativo di trovare una soluzione, i due Terry decidono di girare un giorno a testa alternati, cosa che non funziona per niente, ad esempio una grossa lezione sulla gestione degli attori Terry Gilliam l’ha ricevuta da John Cleese, in ginocchio da ore in attesa che Gilliam trovasse la posizione giusta per gli attori, il vecchio John, non proprio uno noto per essere un tipo paziente gli ha gridato qualcosa tipo: "Non siamo benedetti pezzi di carta da animare, gira questa sacrosanta scena!". Anche se non credo che abbia proprio usato le parole “benedetti” e “sacrosanta”.

Il punto più tragico della loro inesperienza i Monty Python lo raggiungono nel tentare di girare la scena del ponte della morte, un vero ponte di corda diroccato e cadente, a strapiombo su rocce così affilate da poter uccidere anche vostra suocera. Ok, magari ucciderla no perché è davvero troppo cattiva, ma ferirla gravemente sì.

"Er cavaliere bianco e er cavaliere nero fanno a duello..." , "Basta citare Gigi Proietti!".
Attraversare il ponte in armatura medioevale e sotto la pioggia scozzese diventa un’impresa per tutti, ma si rivela uno scoglio insormontabile per Graham Chapman che di colpo, a detta di tutti i suoi compagni, resta lì impalato, terrorizzato dal panico. Parliamo dello stesso Graham Chapman, membro del Dangerous Sports Club, scalatore provetto con centinaia di ore di arrampicata sul groppone, che davanti ad un ponticello da niente per uno con la sua esperienza, si paralizza come me davanti al saldo della carta di credito. Ma il problema non era la paura per Graham, quanto gli effetti del delirium tremens, non avendo messo in valigia nemmeno una bottiglia per la trasferta Scozzese, Chapman è in piena astinenza, per completare la scena tocca inquadrare da lontanissimo qualcuno con il suo costume di scena addosso impegnato ad attraversare il ponte. Gilliam ha riassunto al meglio la situazione: siamo su una montagna, fa freddo, non sappiamo come girare la scena e il nostro protagonista di paralizza, eppure tutto questo diventa formativo per il cinema dei Python e per Chapman in particolare, per sua stessa ammissione è stato su quella montagna che Graham ha deciso di darci un taglio per sempre con l’alcool, gli effetti per la sua vita e per i Monty Python si sono visti e li vedremo anche noi nel resto di questa rubrica.

"Ho scelto il giorno sbagliato per smettere di bere" (Cit.)
Ma il fango mangiato (ciao Michael!), la fatica e il freddo sono sofferenze vere che formano il carattere e non impediscono ai Monty Python di esplodere con tutto il loro genio sul grande schermo. Gilliam dopo la sfuriata di Cleese si concentra nel dare ampio respiro alle inquadrature, mentre Jones è più a suo agio nel dirigere gli attori e far funzionare le scene comiche dando il meglio, il risultato finale è tutto da vedere “Monty Python e il Sacro Graal” è un film vero, con un passo epico, l’arrivo di Galahad (Michael Palin) a castello Antrace potrebbe funzionare identico in qualunque altro film di cappa e spada e le gag comiche funzionano anche perché perfettamente calate all’interno di un vero film in costume, in questo senso le numerose proiezioni di prova fatte con il film (alcune anche disastrose come risposta di pubblico) sono state un'ulteriore lezione per i due registi, ad esempio, saccheggiando le registrazioni e le musiche di repertorio degli archivi della BBC e selezionando volutamente i pezzi musicali più pomposi e stereotipati possibili, sono riusciti a rendere alcune scene totalmente comiche, come la scena delle noci di cocco che apre il film che, oltre a far morire dal ridere, mette in chiaro il tono farsesco della vicenda.

Proprio per questo io vi consiglio, dal profondo del mio cuoricino di Pythoniano di evitare la versione doppiata in Italiano, anzi Italiota, di questo film come la peste. Il doppiaggio affidato ai comici del Bagaglino è talmente orrido da non meritare nemmeno un commento, non solo è realizzato alla boia di un Giuda (i soldati Francesi che diventano Austriaci di colpo? Ma perché?), per quanto mi riguarda è un vero e proprio stupro del lavoro dei Python, battute volgari, ma soprattutto non divertenti cambiano la logica di alcune scene alterandone completamente il senso, infatti ho scoperto con enorme gioia che quando questo film ha fatto la sua comparsa su Netflix, lo ha fatto completamente privo della traccia audio in Italiano, bravi! Il bagaglino merita di affrontare il coniglietto bianco e senza la sacra bomba a mano a disposizione!

La mia reazione, quando sento parlare del Bagaglino.
“Monty Python and the Holy Grail” non è un film con particolari messaggi sociali e non è particolarmente interessato nemmeno a fare satira di qualcosa in particolare, per quello i Monty Python avrebbero avuto tempo nei loro film successivi (a breve su queste bare), ma è scritto, diretto e recitato in maniera divertita e divertente, penso che sia la pellicola che incarna al meglio la Joie de vivre (pronunciato con assurdo accento Francese alla John Cleese) del gruppo, si potrebbero fare delle riflessioni sul fatto che “Il Sacro Graal” sia considerato il film dei Python preferito degli Americani, mentre il pubblico inglese di solito preferisce i titoli successivi, ma preferisco lasciare le congetture a voi, perché quando si tratta di questo film sono schifosamente di parte.

Non esiste un singolo momento che io non trovi brillante, il cavaliere nero, un bullo in armatura impersonato alla grande da John Cleese è solo la prima di tante scene geniali, particolarmente riuscita per il suo modo di fare umorismo (nero, come il cavaliere) sulla violenza, sarà che da bambino adoravo gli arti mozzati da John Boorman in Excalibur, ma fin dalla mia prima visione gli intenti satirici e parodistici nei confronti del cinema epico e in costume di “Monty Python and the Holy Grail” mi hanno subito conquistato.

La fortuna di Galahad, non quella dei Carmina Burana.
Dai geniali titoli di testa sommessi e comicissimi, fino a quel finale incredibilmente anticlimatico (ma anticipato con svariati indizi lungo tutta la pellicola) dettato dal fatto che semplicemente erano finiti i soldi per girare una grande battaglia finale (storia vera), non cambierei un minuto di questo classi(D)o della comicità.

I battibecchi sulle rondini («Africane o Europee?»), la fissazione degli spassosi cavalieri che dicono Ni (NI! NI! NII! NIII!) per gli arbusti, l’enorme coniglio in legno e quello assassino che sparge da solo più sangue di Jason Voorhees, per non parlare dei momenti meta cinematografici nel castello Antrace («Andate avanti! Andate avanti!»), scena che parte piano e finisce in modo esilarante, vedere il puro Galahad tentato da Carol Cleveland e le sue compagne è uno spasso, anche se penso di aver visto il film tipo un centinaio di volte, vedere la faccia di Palin che urla: «Posso farcela, sono solo 150!» mi fa rotolare per terra dalle risate ogni volta.

Si? No? Peggio, molto peggio… NI! 
Fin dalla sua uscita nella sale nel 1975, “Monty Python and the Holy Grail” diventa un enorme successo capace di far esplodere la “Pythonmania”, penso che sia più o meno da allora che il film diventa parte integrante della cultura popolare di questo gnocco minerale che ruota intorno al Sole, per dirvi della sua influenza, nel 2006 Eric Idle lo trasforma in un musical intitolato “Spamalot”, che da qualche anno è sbarcato anche nel terzo mondo in uno strambo Paese a forma di scarpa, cantato da Elio senza le storie tese.

Un cult che ha fatto la storia e i Monty Python da allora, sono i cavalieri che fecero l’impresa, a colpi di noci di cocco, di entrare nella storia. Ma questo è solamente l’inizio, dopo essersela presa con tutto il ciclo arturiano, perché non puntare anche a libri e personaggi ancora più in alto? Vi consiglio di ripassare il latino, questa rubrica continua!

22 commenti:

  1. Mannaggia! Pensavo avresti messo delle didascalie che parlavano di sorelle e yak, per poi licenziare i sottotitolatori! :D

    Commedia bellissima, me la riguardo sempre volontieri.
    Lo so che la versione italiana ha le sue "libertà creative" ma se ancor oggi mi viene da dire "Meglio sole che mal accompagnati" o "- Cosa saresti disposto a dare? - Il c**o! No, il cuoreee!" è merito di quel doppiaggio.

    Saluti!

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    1. Non sarebbe stato male, avrei potuto darli in pasto alla BESTIA! ;-)

      La scena del ponte doppiata non ha senso, sul serio non si capisce, ma è sulla scena di Camelot che crolla tutto, Artù che commenta in italiano (con accento toscano) dopo una scena musicale dove il testo della canzone NON è stato tradotto non mi sembra un buon lavoro. Però almeno la canzone si è salvata! ;-) Cheers

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  2. Classicissimo, pardon Classidyssimo assoluto! Ovviamente lo vidi con il doppiaggio agghiacciante (Evit dove sei? Se non l’hai già recensito qua hai materiale per un paio di post!) e non mi piacque per nulla. Era palesemente stupido e senza logica e alcune trovare (che poi ho scoperto che era farina del sacco del doppiaggio) non c’entravano un beneamato caz... volo!
    Recuperato contro voglia anni dopo (su consiglio di un amico) in lingua originale con sottotitoli mi fece spaccare dal ridere. Una carrellata di trovate e situazioni geniali e da spanciarsi dal ridere una dietro l’altra. Io personalmente muoRo (per dirla alla Bastianich) con il coniglio assassino. Ogni santa volta mi vengono le lacrime! Solo la scena della fagiolata in “Mezzogiorno e mezzo di fuoco” mi fa lo stesso effetto.

    E adesso il racconto personale che farà piangere Cassidy. Gennaio 2014. All’epoca non avevo debiti (bei tempi...) e potevo permettermi di andare a Londra con la fidanzata per un weekend lungo ogni 4-6 mesi a fare spese, vedere partite di calcio/rugby, passare serate al pub, godermi qualche musical,... A furia di andare avevamo, oltre ai posti da frequentare per le cene e per spassarcela, quei 2-3 hotel di riferimento dove alloggiare. Casualità ha voluto che tutti fossero pieni e così cerca che ti ricerca trovo un albergo appena ristrutturato all’angolo tra Shaftesbury Avenue e Charing Cross Road. Se bazzicate Londra dovreste sapere che è al confine est di Soho, cioè in pieno centro. Ad un prezzo assurdamente basso per rilanciarsi dopo il restauro prenoto in tempo zero. Arriviamo e difronte all’hotel cosa c’è? Il Palace Theatre. E cosa danno in quel periodo? Esatto, “Spalmalot”! Cosa che ovviamente non ho visto perché i biglietti li avevamo... Ma per “Les Miserables” che la mia fidanzata non aveva mai visto. Ce l’ho ancora qua sullo stomaco da quella volta. E che fa scopa con quella volta che avevamo già i biglietti per “The Lion King” ma arrivati a Londra becchiamo la versione speciale di “Sister Act” con Whoopi Goldberg che fa la madre superiore. Altra mangiata di fegato!

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    1. Abbiamo visto tutti questi film per la prima volta in versione doppiata, guarda caso, di quella prima visione cosa mi ha fatto ridere? Le gag “fisiche” che non potevano essere intaccate dal doppiaggio, tipo la cavalcata con le noci di cocco o il duello contro il cavaliere nero. Rivisto ho scoperto un film diverso che considero un classi(d)o e che soprattutto fa DAVVERO ridere. Pensa che qualche tempo fa davanti a due gusci di cocco vuoti ho iniziato a fare come Patsy, peccato fossi nella cucina di casa mia, la mia Wing-Woman stranamente non ha nemmeno chiamato la neuro, ormai mi conosce, sa che si è portata a casa un caso clinico ;-)

      Grazie per il racconto, per altro leggo in giro che ora vogliono fare un film tratto da “Spamalot”, che senso avrebbe non lo so, visto che esiste già un film, è questo! :-D Cheers

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  3. Faccio outing: sai che non l'ho mai visto? Eppure, come ho raccontato, ho conosciuto i Monty Python molto presto: solo che in videoteca non c'era e in TV non passava, quindi non avevo modo di vederlo. E in seguito mi è sempre passato di mente...
    Ora lo recupererò ma ti giuro: lo vedrò in lingua originale ^_^

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    1. Lo avevo intuito dal tuo ricordo, ma non mi stupisce perché da noi non è così famoso, gli altri film dei Python sì, ma questo non è così celebre anche io penso che non lo passassero mai in tv, il che è in puro stile Python se ci pensi, il Babaglino ha fatto di tutto per renderlo appetibile al pubblico Italiano, e poi il pubblico Italiano ha preferito gli altri film dei Monty Python ;-) Buona visione! Fammi poi sapere il tuo parere che sono curioso. Cheers!

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    2. Non c'è altro modo di vederlo che in lingua originale purtroppo. Le battute italiane hanno la stessa origine di quelle di Fritz il gatto.
      La cosa più idiota è che hanno ridoppiato TUTTO tranne questo film, a questo punto anche un ridoppiaggio banale potrebbe superare l'originale.

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    3. Per altro, visto che siamo in tema, ho il tuo post su Fritz il gatto è bellissimo anche per uno come me che il film non lo ha mai visto. Senza senso, hanno ridoppiato gli altri film dei Python che andavano benissimo come erano, ma questo no, per me il lavoro del Bagaglino qui, resta il peggior caso di massacro Italiota perpetuato ad una pellicola. Cheers!

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  4. Belin, ci sono cresciuto con i film dei Monty Python. In effetti, ora che l'ho detto... il mio psichiatra capirà molte cose...

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    1. Da quanto so, esiste una categoria di psicologi che alla prima seduta con un paziente, fanno domande a caso sulla filmografia dei Python per capire se il paziente è cresciuto con i loro film, si chiamano psicologi Pythoniani, opposti ai Freudiani e a quelli smidollati degli Junghiani!

      Ora, non so se ci sono, ma comunque dovrebbero esserci, avrebbero un sacco di pazienti come noi ;-) Cheers

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    2. Eheh si vero, mi si sento molto portato ;-) Cheers

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  5. Già solo la locandina fa morire...
    Diciamo che qualcosa di simile lo troviamo nel nostro L'armata Brancaleone, che è del decennio precedente...

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    1. 48 Oscars,3 Brians a Maureen 41 Sergio mi uccide ;-) In qualche modo si, per la ricostruzione del medioevo sicuramente, ci sarà un motivo se Gilliam ha preso casa in Italia no? Cheers

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    2. Ci sono molti elementi di Brancaleone (sia il primo che il secondo) che sono stati quasi certamente di ispirazione per i Monty Python. Del resto Brancaleone aveva goduto anche di una distribuzione internazionale.

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    3. Lo penso anche io, ogni tanto siamo stati più avanti di tutti in questo strambo Paese a forma di scarpa. Cheers!

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  6. Bellissima recensione, aneddoti interessantissimi come sempre, rubrica doverosa. Il bello di questo e degli altri film più riusciti dei Monty Python è che sono capolavori sia a livello comico sia a livello di avventura e visionarietà, il tutto nonostante la povertà di mezzi. C'è sempre una grande padronanza del mezzo cinematografico e una grande coesione nonostante la natura frammentata dei loro sketch, e la resa visiva di un medioevo sporco, pieno di sangue e violenza ha anticipato pure Excalibur. Ora ti saluto, che devo andare al castello di Aaaaargh

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    1. Ti ringrazio molto gentilissimo ;-) Vero, per essere comici televisivi, hanno preso il cinema molto sul serio, non attori su quattro sfondi sghembi, ma veri film, perché far ridere, è una cosa molto seria, il castello? Vai avanti! Vai avanti! ;-) Cheers

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  7. Questa rubrica procede di bene un meglio, vedo ;-) Qui, fra mille inesperienze e difficoltà, i Monty Python cominciano a fare sul serio con il loro primo, vero film: un fuoco di fila di situazioni e battute ORIGINALI (NON doppiate) da antologia, fino a quel brillante finale che è come una specie di salto nel tempo (e sì, in fondo ce lo aspettavamo) ;-)
    P.S. Se almeno i Monty Python avessero restituito il "favore" a quelli del Bagaglino doppiando tutti i loro sketch, da lì in poi... sarebbe stato l'unico modo per far sì che facessero davvero ridere ;-)

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    1. Ahaha davvero il Bagaglino avrebbe avuto un iniezione di talento vero ;-) Ti ringrazio moltissimo, procedo a colpi di noci di cocco e questo film è stato davvero la prova del fuoco per i Python, il risultato finale visto ancora oggi, non lascia intendere le difficoltà patite, anche perché è una pellicola che vola via liscia tra un momento geniale e l’altro, persino quel finale anti climatico risulta beh Pythonesque! ;-) Cheers

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  8. Ieri ho guardato il primo episodio del monty python flying circus e sto cercando di recuperare il polmone che sputato dalle risate dopo aver visto la scena della corsa in bicicletta con Picasso.

    Comunque anche questo film merita di essere recuperato.

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    1. «That's not Picasso, that's Kandinsky!»
      Muoio ogni volta, John Cleese si fa uscire le vene dal collo mentre fa la telecronaca immaginaria, favoloso :-D Aspetta, perché questo è solo l’inizio, se posso permettermi, codici il Flying Circus e poi gettati sui film, si va in un crescendo di genio e risate. Cheers!

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