mercoledì 16 maggio 2018

[Guest post] Regalo di Natale (1986): Facce da poker (e da schiaffi)



Sono molto contento di lasciare la parola a Zio Portillo, che oggi ci parlerà di un bellissimo film di Pupi Avati, come al solito, vai Zio, la palla è nel tuo campo!


A chi mi chiede un consiglio su un buon film italiano da vedere, magari un po' meno famoso o pubblicizzato, il mio pensiero corre subito a "REGALO DI NATALE" (1986) di Pupi Avati. Tanti lo hanno solo sentito nominare e lo confondono o idealizzano come un cinepanettone o una stupida commediola scoreggiona. Ma i più non sanno neanche di cosa sto parlando e fanno la faccia da "mucca che guarda passare il treno". Se rilancio e insisto dicendo che tra i protagonisti ci sono Diego Abatantuono, Alessandro Haber e Carlo delle Piane la smorfia e la disapprovazione è palese. Peggio per loro! Non sanno cosa si stanno perdendo visto che il film di Avati (forse la sua miglior pellicola in assoluto) [Dopo "La casa dalle finestre che ridono". Nota Cassidiana] è un capolavoro di cinismo, cattiveria e amarezza ambientato a Bologna, ovviamente, la notte di Natale.

La pellicola è interamente creata da Pupi Avati che ha messo la sua mano sul soggetto, sulla sceneggiatura, sul cast, i dialoghi e, come se non avesse fatto abbastanza, si è preso la briga di curare la regia. Non mi sorprenderebbe sapere che a fine riprese ha tirato su le sedie e dato una passata di aspirapolvere alla villa dove si consuma la crudele partita di poker. Ah già, che scemo! Non ve l'ho detto... il film è una lunga partita di poker, inframmezzata da qualche flashback, dove i cinque protagonista daranno sfogo alle proprie frustrazione in uno scontro ad alto tasso di cattiveria dove non ci sarà spazio per sentimenti e dove non ci sarà nemmeno il lieto fine (classico, come lo intendiamo noi), anche se qualcuno dei protagonisti chiuderà la nottata in modo felice. Ovviamente il poker è quello tradizionale a 5 carte (5-card draw) diverso quindi dal "moderno" texano (Texas hold'em) con due carte ciascuno e poi flop, turn e river. [E qui, la figura della "mucca che guarda passare il treno" la faccio io a sentire questi termini. Nota Cassidiana].

"Perdonatelo, Cassidy capisce solo le regole del basket".
Il film è un gioiellino minimalista. Una location, 5 attori, un tavolo e un mazzo di carte. Stop. Bastano i dialoghi, gli sguardi, i gesti dei cinque disgraziati per dare vita a mille emozioni. Una pellicola perfetta per il teatro e infatti un rifacimento teatrale sarà fatto proprio nel 2018 con altri interpreti ma senza perdere un briciolo della bellezza della pellicola.
Ugo (Gianni Cavina) lavora in una piccola tv privata come venditore di casalinghi con scarsi risultati. È separato, ha quattro figli che vede col contagocce, è indebitato fino al collo e il suo posto di lavoro è a rischio viste le scarse vendite. Nel suo piccolo la sua vita è un fallimento.

In pratica, il tizio della barzelletta che compra le scarpe due taglie più piccole.
Gabriele, "Lele" (Alessandro Haber), è nevrotico e inaffidabile. Lavora in un quotidiano come critico cinematografico sognando di guadagnare abbastanza per scrivere un libro su John Ford, il suo mito. Anche la sua vita professionale è mediocre visto che i colleghi lo considerano un inetto e lui è costretto a scrivere trafiletti che nessuno leggerà mai.

A mani basse, uno dei miei attori Italiani preferiti (storia vera).
Sarà proprio Lele ad accogliere in hotel Franco (Diego Abatantuono), un piccolo imprenditore milanese. Questi è sì il proprietario di un cinema, ma anche lui come gli altri, ha milioni di Lire di debiti e i creditori lo assillano costantemente. Franco e Ugo erano anni prima migliori amici fin quando la prima moglie di Franco, Martina, l'unica donna che abbia mai amato e che ama tutt'ora, lo ha tradito. E come miglior tradizione vuole, il tentatore che ha approfittato dell'ingenuità della donna è proprio il suo migliore amico. Martina (Kristina Sivieri) quindi ha in un colpo solo mandato in malora il matrimonio e l'amicizia tra i due uomini che da allora non si parlano più.

"Fortuna che ho un cervello eccezziunale".
Il quarto del gruppo è Stefano (George Eastman), un istruttore di palestra omosessuale represso.

“Zio? Perché io mi becco una sola riga di descrizione? Uffa”.
Ugo, Lele e Stefano hanno bisogno di Franco e della sua abilità nel giocare a poker perché hanno individuato il pollo da spennare: l'avvocato Santelia (un monumentale Carlo delle Piane). Questo Santelia è un viscido e flemmatico avvocato, famoso in tutta la Romagna l’Emilia per la passione nell'azzardo ma pure nella sua totale inettitudine tanto che perde vagonate di milioni ad ogni serata di gioco. La partita e la potenziale vincita è per i quattro un motivo di riscatto e di rivalsa. E ovviamente sarebbe pure l'occasione per vincere qualche soldo che possa dare respiro ai quattro disgraziati.

Se giochi contro di lui, sono soldi in banca (forse).
Franco è bravo con le carte e ha pure qualche soldo per poter tener testa alle puntate dell'Avvocato Santelia visto che gli altri tre non possono "vedere" le giocate milionarie del perdente cronico che mai si abbasserebbe a giocare per quattro spicci contro dei morti di fame. Visto che ci siamo, perché non provare a utilizzare la serata di Natale per provare a ricucire l'amicizia tra Franco e Ugo? Magari la serata natalizia, la trappola tesa ai danni del pollo e la facile vincita potrebbe far tornare disteso il rapporto tra i due. Franco accetta di giocare non perché gli interessa tornare amico con Ugo, anzi. Il rancore che porta è troppo grande per passargli con una serata dopo 10 anni di rancore. Lui gioca per pagarsi la ristrutturazione del cinema a Milano e darsi respiro con i creditori. E per non venire tradito nuovamente dall'ex amico pone una condizione non trattabile: ognuno gioca la sua partita. Chi vince tiene per sé quanto guadagnato senza smezzare. Ovviamente Ugo accetta, altrimenti senza Franco non ci sarebbe nessuna partita. Si comincia e tutto sembra apparecchiato per bene e si segue il piano prestabilito. Dopo le scaramucce iniziali si fa sul serio e, come da copione, gli sfidanti veri e propri sono Franco e Santelia con il resto della compagnia a fare da tappezzeria. Il primo vince bene e il secondo perde pesante come abitudine ma...

Ora tiro una riga grossa così e ci scrivo a caratteri cubitali: SPOILER! Se non avete visto la pellicola correte subito a rimediare e tornate qua una volta fatto. Non voglio rovinarvi la sorpresa quindi non leggete oltre perché rischiate di rovinarvi un film fantastico.

"Io lo SPOILER, me lo pappo!".
...ma ovviamente nulla è quanto sembra. Il gioco di equilibri e di incastri creato da Avati pian piano si mostra nella sua interezza. Come in una partita di poker dove si sbirciano le carte pian piano, anche la sceneggiatura si mostra lentamente. Prima si presentano i giocatori, poi si dettano le condizioni e poi... poi arriva il bello! Il bello della pellicola è la costruzione dei personaggi. Un capolavoro di equilibrio, cinismo, psicologia e cattiveria dove il fumantino Franco e il flemmatico Santelia sono la punta dell'iceberg. La vincita iniziale (75 milioni) è buona ma non ancora sufficiente e così l'ingordo Franco continua a giocare per accaparrarsi più denaro possibile. Si arriva quasi al termine della partita e un "disperato" Santelia si gioca il tutto per tutto con un rilancio pesante: 200 milioni. È fatta! L'avvocato si è scavato la fossa visto che Franco ha in mano un "full". Da buon giocatore di poker Franco però non vede subito, attende e decide di prendersi del tempo per pensare perché la posta è altissima. Ugo parla con Franco e chiede di non andare a vedere perché "sente" che l'avvocato ha qualcosa di grosso in mano. Consiglia l'ex amico di uscire e accontentarsi della vincita accumulata finora. È in queste piccolezze che il film di Avati è un capolavoro.

“Rilancio”, “Passo”, "Passo" , “Vedo”… “Tombola!”.
Il discorso tra i due ex amici è un trattato di psicologia inversa capace di accendere l'orgoglio di Franco e al posto di farlo desistere lo fa giocare e, ovviamente, perdere contro il "colore" di Santelia. Franco, sconvolto, parla ancora con Ugo e questi pian piano si mostra per quello che è: un diavolo. Da un lato c'è un riavvicinamento tra i due ma dall'altro Ugo è un figlio di puttana capace di ributtarti a fondo se provi a risalire. Tutti noi abbiamo gli amici che ti conoscono bene. Ma il tuo migliore amico ti conosce meglio di tua madre. Sa come calmarti e sa come accenderti, sa usare le parole giuste per manipolarti e in determinare situazioni può farti fare quello che vuole lui se usa i modi e i tempi giusti. Magari ti sfida e sei tu quello che si tira indietro o magari sei tu quello che vuoi dimostrare che si sbaglia e Ugo conosce Franco come le proprie tasche, lo pungola nell'orgoglio tanto che quest'ultimo si convince di poter recuperare la perdita all'ultima mano. Sembra mettersi bene ma l'avvocato cala un altro rilancio impossibile: 250 milioni. Per Franco sarebbe la bancarotta totale ed è Lele questa volta a provare a salvarlo dicendogli di uscire dal gioco. Franco vacilla ma è l'avvocato a calare la mannaia finale offrendogli il "Regalo di Natale": uscire dalla partita azzerando la perdita maturata a patto di non mostrarsi le carte reciprocamente. In pratica per Franco significa ammettere la sconfitta e pure subire l'umiliazione. Come può un caratterino come lui ingoiare un rospo simile? Un po' come McFly non accettava di farsi chiamare "fifone", Franco non può ammettere di essere inferiore a Santelia e pure a Lele e a Ugo che da vigliacchi si sono ritirati prima di lui. No, Franco vede e "muore" trafitto al cuore dal poker di donne dell'avvocato. Lele e Stefano sono basiti ma è nulla di fronte alla faccia di ghiaccio di Franco che prima realizza di aver perso e di essere rovinato e poi vede Santelia e Ugo spartirsi la vincita. Il pollo da spennare non è mai stato l'avvocato che di professione fa il baro. Il pollo è sempre stato Franco. Gli "amici" lo hanno fatto venire a Bologna da Milano per spennarlo convinti che avesse denaro quando in realtà è un poveraccio tanto quanto loro.

...And don't forget the joker! (Cit.)
Alla fine il film è di un amaro e di una cattiveria senza eguali dove la notte di Natale e tutti i buoni sentimenti che di solito porta, vengono stuprati senza pietà. L'amicizia finisce nel cesso assieme all'amore e alla bontà e Pupi Avati ci fa capire che aria tira quando l'albero di Natale della villa viene inquadrato sullo sfondo, lontano, sfocato, mentre le carte, il denaro e i vizi sono in primo piano. Come ci si può fidare di persone che lasciano la famiglia da sola la notte di Natale per giocare a poker? Come ci può essere bontà se rovini nuovamente la vita al tuo ex migliore amico? Come si può mettere l'orgoglio davanti a tutto tanto da rovinarsi con le proprie mani? Il film si chiude all'alba di Natale con un Franco distrutto che se ne torna il albergo, incrociando, senza minimamente notare la sua ex moglie.

Zio si è dimenticato di scriverlo, comunque... Fine dello SPOILER!!
Se Carlo delle Piane da vita ad un avvocato Santelia da studiare a scuola di cinema (e per il quale ha vinto la Coppa Volpi a Venezia), non è da meno Diego Abatantuono che nel 1986 abbandona i panni del "terrunciello" per la sua prima interpretazione drammatica. Si trasforma da "Il Ras del quartiere" a imprenditore milanese in maniera assolutamente perfetta. Parlantina sciolta ma anche sguardo di pietra soprattutto nel drammatico finale quando scopre la sconfitta al tavolo verde e il tradimento di Ugo. Bravissimo Pupi Avati a tirar fuori una parte drammatica da un attore che mai si era cimentato in ruoli seri fino a quel momento. Il bis Avati lo farà nel 2010 quando prenderà Cristian de Sica e gli regalerà il suo ruolo migliore da... sempre ne "Il figlio più piccolo" (altra pellicola di Avati da guardare assolutamente). Curioso il fatto che il ruolo di Carlo era stato pensato appositamente per Lino Banfi il quale fu molto lusingato ma dovette rifiutare perché impegnato in ben 3 set differenti ("Scuola di Ladri", "Grandi Magazzini" e "Il Commissario Lo Gatto"). Visto il risultato finale mi sa che ci è andata meglio così...

"Reghèlo di Natele, porca puttena!".
Ah, dimenticavo. La pellicola nel 2003 ha avuto pure un seguito: "La Rivincita di Natale". Stesso cast tecnico e attoriale, buon risultato di critica e pubblico ma per me lontanissimo parente del precedente. Superfluo.

P.S.
Un milione di grazie a Zio Portillo per aver recensito il film. In questo periodo avrei potuto tirare giù la serranda del blog se non fosse stato per te!

22 commenti:

  1. Buongiorno Cassidy!
    Grazie per le note ("La Casa dalle Finestre che Ridono"! Come cazzo ho fatto a dimenticarlo?!?!) e grazie per lo spazio. E' sempre un piacere e se hai bisogno fai un fischio che mi infilo la divisa e scendo in campo con i canonici 5 minuti di esperienza. Gioco sporco naturalmente, alla Bill Laimbeer. ;-)

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    1. Buongiorno a te capo e ancora grazie mille! :-D
      La questione è che hai ragione tu, ma sono di parte io, “Regalo di Natale” è il film di Avati più famoso, ma la mia passione per “La Casa dalle Finestre che Ridono” mi offusca la mente ;-) Ahahah grande qui sopra vogliamo sempre i “Bad Boys” ti sei assicurato la canotta numero 40 di Bill, l’uomo con i gomiti più letali del mondo, roba che a confronto Tony Jaa è un dilettante :-P Cheers

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  2. Ricordo di aver letto in era pre rete di Banfi come prima opzione e confesso di esser rimasto perplesso, ma capisco che il mio amico ed ex allievo Pupi mirava proprio a perplimere un pubblico che si aspettava ben altra performance da un comico. Ai tempi il Diego nazionale aveva ripiegato sul teatro, saggiamente, per rifarsi una verginità dopo il flop - Abantantuono ha almeno in una occasione detto che in realtà aveva solo incassato meno di altre sue pellicole - di Attila. Potrei sbagliarmi, ma mi pare abbia interpretato a teatro anche un Goldoni. Regalo di Natale arrivò come il settimo cavalleggeri quando i nativi americani già arroventano le loro lame per trasformarsi in parrucchieri radicali. Delle Piane vinse un premio che giornalisti, critici e bookmakers davano già assegnato a Walter Chiari ( Romance, se non ricordo male ) al festival del cine lagunare. Qualche tempo dopo Cavina andò in tv a lamentarsi del fatto che il suo amico e mio ex allievo Pupi gli preferiva ormai altre parrocchie. So goes life.

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    1. La battaglia alla Mostra tra Chiari e Delle Piane fu molto politica visto che tra i giurati c'erano parecchi onorevoli e ad avere la meglio fu il secondo (si dice appoggiato da una corrente politica particolare). Non fu uno scandalo vista la prova egregia del vincitore ma il premio del '86 è ricordato più per la sconfitta di Walter Chiari che per la vittoria di Delle Piane.

      Abatantuono sapevo che si era stufato di fare sempre il "terrunciello" e stava cercando l'occasione buona per staccarsi dal personaggio anche presso il grande pubblico e il film di Avati cascò a pennello. Anche se sarei stato curioso di vedere un Banfi drammatico.

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    2. Confesso di non esser interessato a vedere un Banfi drammatico e di essere uno dei pochi a non trovarlo divertente, ma sono un uomo triste e ho riso una sola volta grazie al talento di Lino quando ho visto la sua faccia nel momento in cui Paolo Villaggio - i due erano ospiti di Baudo e presentavano un film di un loro team up - ha affermato che Banfi era più ripugnante di lui.
      Di Chiari ricordo una intervista in cui spiegava che in Romance per la prima volta era una sua scena di nudo di spalle colle sue chiappe di uomo anziano. Nemmeno questo è bastato a farlo vincere. Parafrasando il Joker di Nicholson: dove andremo a finire se nemmeno il lato B di un hombre di mezza età che scappa coperto da un pigiama ospedaliero strappa la coppa dalle mani di una mezza porzione di genio sfingeo ?

      So che Gianni Cavina segue segue la baravolante come una procellaria au rebour e spero di vederlo prima o poi in una riduzione di Triste solitario y final nel ruolo di Marlowe con Delle Piane in quello di Soriano e Amadeus in quello di Stan Laurel.
      La coppa a Venezia 2019 mi pare scontata...

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    3. Amadeus come Stan Laurel. La Coppa dovrebbe andare a lui senza nemmeno passare dal via! E poi chiudete pure la Mostra che dopo questo apice si può solo scendere.

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    4. Faccio solo un saluto a Gianni, ciao Gianni! Non vedo l'ora di vederti nei panni di Marlowe! Cheers

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  3. Concordo sul fatto che "La casa delle finestre che ridono" sia il miglior film di Avati (e per me il miglior film horror italiano. Sì, anche meglio di quelli del mio maestro Fulci e di Dario Argento). Regalo di Natale? Un altro capolavoro. Cast sontuoso: spendo io una riga in più per George Eastman, personaggio caratterista di film horror e western, veramente una sorpresa in questo film). Non mi aspettavo davvero quel finale (eppure i colpi di scena con Pupi Avati sono dietro l'angolo, no?). Ed è stata una fortuna che Banfi non abbia fatto parte di questo film...

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    1. Eastman, di tutti, è quello più normale anche se rispetto agli altri interpreti funge da spalla vera e propria. Non mi veniva una descrizione più lunga...

      Visto il risultato finale la scelta di Abatantuono è stata perfetta. Però se penso a come Avati ha lavorato bene su De Sica nel 2010, magari pure con Banfi sarebbe uscito un film valido.

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    2. Anche a me Banfi drammatico mi suona strano, ma con questo materiale per le mani, forse anche lui avrebbe potuto funzionare. Sul discorso “La casa delle finestre che ridono" miglior horror Italiano, beh la concorrenza non è malissimo, ma è un ottimo candidato ;-) Cheers

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  4. Non conoscevo minimamente questo film, dalla tua descrizione sembra veramente interessante. Gli darò sicuramente un'occhiata.

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    1. Lo è, un film che merita un sacco, poi fai un salto qui a far sapere a me e a Zio Portillo come ti sei trovato. Cheers!

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    2. Spero che non ti sei fregato la sorpresa! Cmq ti aspettiamo con i salatini. Tu porta le birre! ;-)

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    3. Ho aggiunto la parte "Spoiler" proprio per quello, chi ha detto birra!? :-D Cheers

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    4. Certo ;)

      Però questo genere di film mi sa ci vuole una birra molto amara.

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  5. Ho visto ed apprezzato sia questo che Rivincita, un gran cast che fa un lavoro straordinario, tutti attori in parte ed in stato di grazia, nessuno escluso.

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    1. Anche a me rivincita é piaciuto, non come questo ma mi era piaciuto. Certo, visto una volta sola ma ne conservo un ricordo più che decente. Cheers

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    2. Rivincita ha due difetti principali, secondo me. Il primo è che è il seguito di un film perfetto. E il paragone naturale lo vede sconfitto 2-0. Il secondo è che c’eara l’esigenza di dare alla storia un lieto fine “classico” con la vendetta.

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  6. Questo film mi è sempre piaciuto parecchio, pure il suo seguito non mi è mai sembrato mica male. E mi sa che a breve me li rivedo entrambi, mi hai proprio fatto venire voglia!

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    1. Ringrazia Zio Portillo per questo, tutto merito suo ;-) Cheers

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  7. Allora un grazie allo Zio Portillo per mantenere vivo il blog!
    Un signor filmone di cui quoto ogni singolo elogio esposto.
    Pupi Avati che pulisce la villa alle fine delle riprese è un super aneddoto di cui non sapevo nulla!
    Ammetto che pur conoscendo bene il film, l'ho visto la prima volta solo nel dicembre 2016, mentre il seguito l'ho visto lo scorso Natale ma ormai entrambi sono entrati a far parte dei film che guardo nelle mie maratone natalizie ogni anno!
    Post un po' fuori stagione ma lo perdono sia perché parliamo di un capolavoro che perché di natalizio ha veramente poco se non l'ambientazione e l'osservazione sul finale che non avevo notato, per la quale mi tolgo tanto di cappello! Ma chi lascia la propria famiglia la notte di Natale?! Io ma per altri problemi, non per andare a giocare a poker (parlo di genitori e parentame secondario, eh, un domani i figli non li lascerò mai quel giorno!).

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    1. Il senso è proprio quello, chi lascia la famiglia a Natale? Questi disperati protagonisti che in realtà si sono persi già da tempo. Un capolavoro è bello sempre, e fa subito Natale, anche a maggio ;-) Cheers

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