lunedì 5 marzo 2018

Il filo nascosto (2018): Cinema confezionato a mano


Trovo che ancora più difficile di analizare un film, sia consigliare quello giusto a qualcuno, tu puoi anche tirare fuori dal mazzo un titolo bellissimo, ma se quello non tocca le corde giuste della persona, sarà un appello lanciato nel vuoto. Ecco, quando si tratta di Paul Thomas Anderson, il suo cinema è ancora più difficile da consigliare.


Il suo ultimo lavoro “Il filo nascosto” fa esattamente parte di questa categoria di film complicatissimi da consigliare, si rischia di fare la fine di Jennifer Lawrence, oppure ancora meglio di Uwe Boll che si è lanciato proprio sulle accuse di plagio. Ti voglio tanto bene Uwe, il tuo modo di difendere il tuo cinema contro tutto e tutti un giorno verrà capito!

La guerra solitaria di un uomo chiamato Uwe.
Voglio dirlo proprio fuori dai denti: non ci trovo niente di “Sexy” in un film ambientato nel mondo della moda della Londra degli anni ’50. Mi conoscete, sapete che di solito guardo roba decisamente più macabra e movimentata, ma il buon Pitì Anderson ha il talento di mettere su film ipnotici, in grado di tirarti dentro alla storia, quindi mi è richiesto uno sforzo superiore nel consigliare questo “Phantom Thread” e sono certo che avete tutti una capacità di attenzione superiore a quella di JLaw.

Il titolo di lavorazione del film è stato per tutta la durata delle riprese “Woodcock”, come il cognome del protagonista interpretato da Daniel Day-Lewis, anzi a dirla tutta, il nome è proprio frutto di una battuta di Daniele Giorno-Luigi che ha fatto ridere così tanto Pitì da adottare il nome come ufficiale (storia vera), non è difficile capire di che genere fosse la battuta se vi mettete a tradurre “Wood” e “Cock”.

Ma la vera ispirazione per il film, è arrivata a Pitì Anderson in un modo piuttosto originale: bloccato a letto da una malattia, il regista è stato ispirato dallo sguardo amorevole di sua moglie accorsa al suo, letto di morte? Sapete come siamo noi uomini quando siamo malati, sembra sempre che sia necessario fare testamento. Ma il film parla proprio di questo, anzi, a ben guardare, il cinema di Anderson tratta delle dinamiche dei rapporti tra personaggi, che spesso sono dettati da uno stato di sudditanza, in cui uno dei due comanda e l’altro subisce l’altrui fascino, carisma, potere, fate voi.

Eccolo quà, PTA meglio noto come Pitì.
“Il filo nascosto” sembra il figlio di una notte d’amore tra il rigoroso “The Master” (2012) a cui va aggiunto il protagonista de “Il petroliere” (2007, anche se mi piace più il suo titolo originale, “There Will Be Blood”), ma in qualche modo sembra una decisa variazione sul tema di “Ubriaco d'amore” (Punch-Drunk Love, 2002) una delle storie d’amore cinematografiche più originali mai viste al cinema.

Nel film del 2002, il personaggio di Adam Sandler (nella prova della vita), riusciva a superare dubbi, paure e suo personali tic grazie proprio all’amore, qui, invece, Reynolds Woodcock, sembra congelato ed intrappolato all’interno della sua rigorosa routine, aiuta che ad interpretarlo ci sia Daniel Day-Lewis monolotico come in “There Will Be Blood”, ma con meno baffi.

"I still drink your milkshake!" (Quasi-cit.)
Già, Reynolds Woodcock avrà pure un cognome che fa ridere, ma se devi viverci insieme, non c’è proprio niente da ridere! Parliamo di uno stilista che fa delle sue abitudini una roccaforte, uno capace di pretendere l’immobilismo totale da parte di quelli seduti al tavolo della colazione con lui («Ti dimeni troppo. Troppo movimento per colazione»), un despota egomaniaco che sfrutta le donne alla ricerca della prossima Musa per i suoi vestiti. L’unico modo per conviverci è quello di diventare in qualche modo come lui, come accade a sua sorella Cyril Woodcock, ridotta all’immobilismo per non turbare le fisime dell’Imperatore. Menzione speciale per la bravissima Lesley Manville, con un personaggio del genere basta un attimo per scivolare nel macchiettistico, lei evita le buche alla grande offrendo un'ottima prova.

Incredibilmente l’unica donna che riesce a farsi largo tra lo spigoloso carattere di Reynolds è Alma Elson (Vicky Krieps, una vera rivelazione) una che per modi e classe sociale pare non avere niente a che spartire con Reynolds e forse per questo è proprio quella giusta, anche se la ragazza dovrà sorbirsi la sua sana dose di capricci da parte di Woodcock, almeno finchè un vestito ispirato, disegnato e cucito sulle forme della ragazza sarà la svolta tra i due.

Ed io che pensavo di essere intrattabile la mattina prima del caffè, ho ancora da imparare!
Pitì Anderson si rifà in maniera smaccata al cinema classico americano, ma sempre rielaborando la lezione dei maestri del cinema per sfornare qualcosa di nuovo e personale, insomma come si dovrebbe sempre fare al cinema. Vizio di forma aveva la malinconia per la fine dell’era dei figli dei Fiori, ma senza negarsi una verve comica che strizzava l’occhio a Robert Altman, mentre qui il modello potrebbe sembrare un po’ l’Hitchock di “Rebecca - La prima moglie” (1940), ma in maniera ancora più lamapante Stanley Kubrick.

Diventa chiaro l’omaggio nella scena in cui Reynolds e Alma corrono in macchina nella notte, l’inquadratura è la stessa identica di quanto Alex e i suoi Drughi guidavano a perdifiato la loro Durango 95 (“La Durango 95 filava molto karascho, con piacevoli vibrazioni trasmesse al basso intestino” cit.), ma più in generale Pitì Anderson pare aver assimilato il ritmo lento, la natura apparentemente glaciale dei rapporti tra personaggi e la loro evoluzione lenta, ma costante presente in film come “Barry Lyndon” (1975), si nota anche dal lavoro alla fotografia, infatti per Il filo nascosto Pitì non ha assunto nessun direttore della fotografia, ha fatto tutto da solo (storia vera), forse perché scrivere, dirigere e co-produrre non gli bastava.

Immaginatevi questa scena, ma con Daniele Giorno-Luigi alla guida.
Come dicevo, la storia non ha proprio il brio di quei film che ti fanno correre da tutti gli amici a gridare «Oh! Ho visto l’ultimo di Pitì BOMBA! Devi troppo vederlo!» no quello proprio no, però il cinema del buon Pitì è quello che più la guardi è più ti trovi avvolto, se il suo personaggio parla sognante di quanto ogni cuciturina dei suoi abiti vada curata e possa nascondere al suo interno qualcosa, allo stesso modo fa Anderson, che fa dell’artigianato cinematografico, nel senso di cinema di ottima fattura, confezionato a mano su misura per essere elengate e fuori dal tempo. Un'idea di cinema che se ne frega delle mode del momento e punta al classico, mettetelo in conto se deciderete di vederlo e godetevi il viaggio.

Perché alla fine, come mi accade sempre con i film di Pitì, appena mi scappa l’occhio all’orologio arriva il momento che ti prende per il bavero e ti tira dentro alla storia, qui è la scena degli asparagi, penso che nessuno al cinema abbia mai montato un caso su un piatto di asparagi ed è qui che sta la differenza di questo film rispetto agli altri che vi potrà capitare di vedere. La litigata tra Alma e Reynolds che segue è davvero qualcosa per futili motivi che, però, nasconde al suo interno questioni di coppia rimaste in sospeso da tempo. Per come è stata scritta e recitata, risulta molto naturale e totalmente realistica, vien voglia di alzarsi e lasciare marito e moglie a battibeccare tra di loro.

"Mi stai prendendo le misure per il vestito?" , "No per la bara".
Contribuiscono moltissimo a farsi coinvolgere dalla trama anche le musiche di quel genietto di Jonny Greenwood, chitarrista dei Radiohead che definire solo così sarebbe riduttivo, visto che suona circa 874 strumenti. La sua colonna sonora si sposa alla perfezione con le immagini messe su da Pitì Anderson, anche perché, artisticamente parlando, i due ormai sono una coppia di fatto, questa è la loro quarta collaborazione insieme.

Il titolo italiano è una buona traduzione dell’originale “Phantom Thread” che non so perché mi fa temere che da un momento all’altro possa entrare in scena Jar Jar Binks, magari per essere preso a mazzate in testa con un birillo da Daniele Giorno-Luigi, non avviene per fortuna. O purtroppo, lascio decidere a voi.

Il titolo funziona perché sottilmente fa pensare alla domanda: cosa serve ad una coppia per stare insieme? Qual è il filo nascosto (appunto) che lega due persone che sulla lunga distanza riescono a stare insieme? Qui Pitì Anderson infila il suo discorso sui ruoli e le dinamiche tra personaggi, Alma che dei due sembra quella sottoposta alle manie di Reynolds, improvvisamente per una svolta si ritrova al comando ed in questo senso Vicky Krieps è davvero bravissima.

"Noi. Facciamo. Tendenza" (Cit.)
Non lo so proprio dove sia andato a pescarla Pitì questa qui, ma è un'attrice davvero molto brava che tiene alla grande lo schermo contro un mostro sacro in gran spolvero come Daniel Day-Lewis, assurdo che non sia nemmeno stata candidata agli Oscar, pazzesco!
Quindi parliamo dell’altra ragione, dopo Anderson, che mi ha convinto a vedere 130 minuti di una storia ambientata nel mondo della moda londinese degli anni ’50: Daniel Day-Lewis si è ufficialmente ritirato dalla recitazione a luglio dello scorso anno, quindi questo è destinato ad essere ricordato come il suo canto del cigno. Poteva andarci decisamente peggio bisogna ammetterlo.

Daniele Giorno-Luigi saluta e se ne va, al grido di «Sapete che c’è? Vado a fare il calzolaio a Lucca, ciaione!» non un colpa di testa da divo, ma il finale della storia di uno che con il resto del pianeta e in particolare dei suoi colleghi di Hollywood, ha ben poco in comune. Anche per questo film si è fatto i suoi bravi mesi di ricerche, spulciando filmati d’epoca delle sfilate di moda degli anni ’50, studiando i materiali e parlando con quanti più addetti ai lavori possibili, un lavoro di immedesimazione nella parte degno della ferrea routine di Reynolds che ha coinvolto anche Vicky Krieps. Ancora oggi, se chiedete a lei, la sentirete parlare di Daniel Day-Lewis chiamandolo proprio Reynolds, su specifica richiesta dell’attore (storia vera), una roba che non sentivo accadere dai tempi di Mary Badham e Gregory Peck in "Il buio oltre la siepe" (1962).

La prova di Daniele Giorno-Luigi è magnifica, un lavoro di cesello sul suo personaggio che va oltre la malinconia dei saluti finali, ma è l’ennessima grande prova di un attore che in carriera ha sbagliato pochissime scelte, ma, in compenso, ha sfornato un sacco di personaggi memorabili che non sarebbero stato altrettanto mitici senza il suo naso ossuto e la sua faccia spigolosa. Mi mancherà questo ragazzaccio.

"Invece il tuo blaterare non mi mancherà per niente Cassidy".
Ora, non lo so se sono riuscito a consigliarvi come si deve questo film, anche se non dovesse sembrarvi una roba nelle vostre corde, vi capisco, ma un'occhiata la merita, il cinema di Pitì Anderson ha la peculirità di essere unico. Sicuramente la mia personale classifica dei suoi film che preferisco non verrà rivista alla luce dell’uscita di questa pellicola, ma beccami gallina se mi lascio scappare ogni suo nuovo lavoro!

24 commenti:

  1. francamente non lo vedrò sto film.
    anderson non fa per me.
    come ( a meno di clamorosi scambi con mia moglie del tipo io vedo "chiamami col tuo nome " se tu vedi "The raid 2 " con iko uwes!!) non fa per me luca guadagnino.
    spero di cuore che non esca mai "suspiria" diretto da luca guadagnino.

    però aprofitto dello spazio per congratularmi con l'academy per aver premiato "the shape of water" e "tre manifesti a missouri"

    ora mi aspetto un film con denny treio frances mac dorman e sam rockwel.

    titolo " machete agnes e dixon versus gli stupratori di adolescenti"

    saluti e grazie

    rdm

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    1. I film di Anderson andrebbero visti e rivisti, non sono certo immediati, per quello dicevo che sono difficili da consigliare, anche se di solito mi piacciono quasi sempre. Dovrei vedere anche “Chiamami col tuo nome” tempo permettendo lo farò, però Guadagnino non mi è molto simpatico, ma qui siamo proprio in un campo soggettivo che con la valutazione dei film c’entra poco.

      Hanno dato dei premi azzeccati, nessuno dei grandi titoli è rimasto a bocca asciutta, il prossimo sarà un premio a Trejo per la carriera ;-) Cheers!

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  2. Peccato che agli Oscar abbia raccolto meno di quanto meritasse, ma sinceramente contro Del Toro non c'era assolutamente storia.

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    1. Oscar ai migliori costumi, per un film che parla di uno stilista, è un po’ come “Miglior Colonna sonora” a che so, “Bird” di Clint Eastwood. Questo era l’anno di Del Toro, se lo merita pure bisogna dirlo. Cheers!

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  3. Concordo in pieno col tuo cappello iniziale e mi ci rispecchio benissimo (esempio fresco fresco "The Shape of Water". Sembro l'unico a cui non sia piaciuto... ).
    Per quanto riguarda questo Anderson (Wes, Paul W.S. e Piti. Fortuna che fanno generi totalmente diversi sennò sai che casino per me che con i nomi sono zero!), ritengo "Boogie Nights" il suo film migliore (pure meglio de "Il Petroliere" e di "Magnolia").
    Il suo modo di fare cinema e di raccontare storie, pur non essendo in cima alle mie preferenze, mi piace abbastanza e con questo post mi hai venduto molto bene il film. E poi essendo l'ultima apparizione di Day-Lewis come si fa a non vederlo?

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    1. Dimenticavo: del corto del Black Mamba che mi dici?

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    2. No non sei l’unico tranquillo, il che mi sembra strano, di solito sono io quello che ricopre il ruolo del bastian contrario ;-) “Boogie Nights” è molto bello, il più Scorsesiano, il modello infatti era proprio “Toro Scatenato” il finale parla chiaro.

      “There will be blood”, “Magnolia” e “Punch-Drunk Love” restano i miei preferiti, con “Vizio di forma” che li tallona, questo è molto bello, anche grazie a Daniele Giorno-Luigi, attore ed essere umano d’altri tempi. Cheers!

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    3. “Dear Basketball” è bellissimo, anche se Kobe dovrebbe ringraziare lo sceneggiatore che gli ha scritto la sua bellissima lettera d’addio al gioco che gli ha fatto vincere l’Oscar. Detto questo, aver giocato tanti anni nella squadra ufficiale di Hollywood aiuta se non altro per la benevolenza, però mi è piaciuto molto.

      Per altro, ora Kobe può finalmente vantarsi di avere un premio che Michael Jordan non ha mai avuto. Solamente perché ai tempi “Space Jam” è stato immensamente sottovalutato :-P :-P :-P Cheers!

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    4. Io per Kobe ho sempre gli occhi a cuore nonostante la sua vita abbia diverse ombre (do you remember Colorado?) che si alternano alle sfavillanti luci (Kobe vs Raptors - 22 Gennaio 2006). Quando ho letto la lettera "Dear Basketball" mi sono venuti gli occhi lucidi e vedere i 5 minuti di corto mi hanno messo i brividi. So che la lettera non è farina del suo sacco ma dal profondo del mio cuoricino ingenuo voglio credere che l'abbia messa giù veramente di suo pugno.

      Su "Space Jam" attendo sempre la tua recensione... Ne avresti da dire a pacchi!

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    5. “I remember Colorado”, ma per fortuna “I Remember” tutta la carriera di Kobe, dal primo All Star Game a 18 anni fino proprio a “Dear Basketball”, anzi, guarda cosa ti ripesco direttamente dalle catacombe della Bara Volante:

      http://labaravolante.blogspot.it/2016/04/kobe-bryant-spero-che-ritorni-presto.html

      Su “Space Jam” abbi fede, gli ingranaggi si stanno muovendo, quel film è destinato a finire sulla Bara, non posso non averlo qui sopra! Cheers

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  4. Ma Daniel Day Lewis si ritira sul serio sta volta, o ritorna come l'altra volta? :D Che personaggio stranissimo comunque!!

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    1. No ma non si è mai ritirato, mi pare, si era preso una pausa dopo il dimenticabile "Nine", film che era arrivato a breve distanza da "Il petroliere", di solito Daniele Giorno-Luigi era abituato a prendersi mesi e mesi per calarsi in un ruolo, la sua fase preparatoria per "L'ultimo dei Mohicani" resta storica ;-) Cheers

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  5. E' un gran bel film, dal punto di vista registico perfetto e l'interpretazione di Daniel Day Lewis è stata pazzesca. Come già sai qualcosina non mi ha convinto, però dal film sono abbastanza soddisfatto!

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    1. Non é l'Anderson che ti fa rivedere la classifica dei migliori film di Pití, ma é un ottimo film ;-) Cheers

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  6. Ho problemi a individuare un mio film preferito di Anderson, (se dovessi farlo probabilmente sarebbe Vizio di forma), perché in ognuno si vede una parte di un percorso più grande, sia di stile che di contenuto, di grande coerenza autoriale. Per me è uno dei più grandi perché anche se può non convincere pienamente, costringe quasi sempre lo spettatore ad uscire dalla sua "comfort zone", a schierarsi, a fargli prendere posizioni nuove che altrimenti non avrebbe mai contemplato, e questo è un dono che assai pochi hanno oggi (mi viene in mente solo Larrain, ma probabilmente ce ne sono altri, Coen compresi), in un cinema che è sempre più dedito a compiacere lo spettatore. Anche solo come lotta necessaria, questo Il Filo Nascosto l'ho adorato, anche se non è un capolavoro ma "solo" un grandissimo film.

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    1. Concordo in pieno su tutto, si forze “Vizio di forma” perché è uno splendido arazzo, ma per tensione e forza forse direi “There will be blood”, ma so dirti anche il perché, è praticamente un horror quindi mi trova particolarmente propenso.

      Esatto dici bene, per quello i film di Pitì andrebbero sempre visti, anche quando parlano di uno stilista Londinese degli anni ’50, la sfida è seguire Pitì nella tana del Pitì-Coniglio per vedere dove ti porta, perfetta analisi la tua, autori come Anderson sono rari, apprezzo molto la sua idea di cinema che se ne frega delle model del momento. Cheers!

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  7. Beh Uwe Boll non che abbia proprio torto però eh ;)

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    1. Uwe Boll è tutto tranne che scemo, poi ha la raffinatezza di un grizzly con una zampa incastrata in una tagliola nell’esprimere le sue posizioni. Classico personaggio agli antipodi che non può non creare ammirazione dai. Cheers

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  8. arrivo in ritardo perché me la volevo leggere con attenzione...
    e ho fatto bene... perché tu riesci a spaziare dalla serie Z al cinema di gran class in modo encomiabile...
    complimenti Cas!
    arrivando al film, a me è piaciuto moltissimo, con quella sensazione che ti danno i film che giorno dopo giorno ci ripensi e senti che hai assistito davvero ad una grande cosa...
    visto in lingua originale, che ha aiutato molto, anche perché DDL va gustato per com'è, al 100%...
    confezione straordinaria, concordo, e analogie con Kubrick (giuro che alla scena sulla Durango ci avevo pensato anch'io, mentre lo vedevo).... (il che vuol dire che siamo malati di cinema, ma si sapeva)...
    boh, per me qui PTA si è aperto la strada verso la totalità artistica, che non so bene cosa voglia dire, ma è il concetto che mi veniva in mente ;-) :-D
    ciau neh

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    1. Mille grazie davvero di cuore, gentilissimo! Credo che la passione cinematografica non debba mai porsi limiti di sorta, sai che noia altrimenti?

      Si ormai ha ribadito nuovamente la sua completa autorialità, di solito i film che ti fanno rimuginare sopra anche a distanza di giorni sono pochi, con quelli di Pitì mi capita spesso, ho bisogno di tempo per farli sedimentare, non ti faccio la solita metafora del vino buono perché è abusata, ma ci siamo capiti ;-) Cheers!

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  9. Io ancora non posso credere che questo sarà l'ultimo film di Daniel Day-Lewis. Trovo incredibile che abbandoni adesso.

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    1. Ci sono tipo venti attori che se si ritirassero oggi, non ne sentirei la mancanza, però mi sembra il finale giusto, per uno che con la realizzazione dei film, ha sempre avuto un approccio tutto suo. In generale poi, meglio lasciare quando ancora ti rimpiangono, piuttosto di quando iniziano a compatirti. Cheers

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  10. ho parlato troppo presto!!

    confermo che dei tre anderson il migliore è queelo di alien vs predator!!
    per lo meno non mi sono addormentato ma non è stato semplice.

    visto ieri sera all'ugc di moncalieri

    il filo nascosto è un lungo tutorial di 130 minuti su come si fa un vestito d'alta sartoria e con danyel day lewis che fa l'eccentrico ricco.

    voto 5

    ciao

    roberto di moncalieri

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    1. Anderson, Wes. Quello che sta in fissa con l’arancione.
      Anderson, Paul Thomas, detto PTA, detto Pitì. Quello che somiglia ai Kubrick/Altman del mondo.
      Anderson, Paul William Scott. Quello che la mattina nell’altra metà del letto trova Milla Jovovich, eroe!

      ;-) Cheers!

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