martedì 27 febbraio 2018

Il rituale (2018): Vieni, c'è una strada nel bosco...


Netflix ha pregi e difetti, sicuramente riesce a mettere a disposizione di un sacco di persone film che normalmente non godrebbero di tanta visibilità, certo, molti sono delle mezze stupidate troppo pubblicizzate, ma ogni tanto spunta un film come questo che, senza inventare niente, ti salva la serata.

Ad esempio, il film di David Bruckner probabilmente lo avrei visto lo stesso, ma Netflix assecondando la mia pigrizia lo ha messo a disposizione, quindi in tanti ora possono giudicare l’esordio in un lungometraggio di questo ragazzo che per i fan dell’horror non è certo un nome nuovo, suo era il segmento intitolato “Amateur Night” del primo V/H/S (2012) che è poi diventato un film intitolato SiREN, ma anche la porzione di Southbound intitolato “The Accident”.

Questo “The Ritual” è tratto dal racconto omonimo di Adam Nevill pubblicato nel 2011, si nota dal fatto che i personaggi hanno tutti un certo spessore e i dialoghi tutto sommato sono abbastanza solidi e si lasciano ascoltare, anche se la trama di suo non è certo il massimo dell’originalità.

Se i protagonisti fossero Americani, potremmo etichettare “Il rituale” come uno di quei tanti horror che ricordano agli Yankee quando il mondo fuori dai confini del Paese della torta di mele e delle armi per tutti sia un posto retrogrado di solito popolato da gente pronta ad ammazzarti malamente. Horror così ne abbiamo avuti tanti, lasciatemi citare “Hostel” (2005) di Eli Roth solo perché è molto famoso e ancora abbastanza recente, ma gli esempi sarebbero davvero tanti.

Eravamo quattro amici al bar nel bosco, che volevano cambiare il mondo.
Per nostra fortuna, i protagonisti non sono Americani, ma Inglesi, il prologo del film ci presenta questo gruppo di vecchi amici prossimi alla trentina, qualcuno più pronto ad accettare la maturità e la vita un po’ più tranquilla (si spera) dei trentenni di oggi, qualcuno come Luke (Rafe Spall, il biondo odioso di Roadies) con ancora tanta voglia di far bisboccia.

Ed è proprio questa voglia di serate alcoliche come ai vecchi tempi che mette nei guai lui e il ben più pacato Rob (Paul Reid) perché se in un gruppo di amici uno è calmo e pacato, state pur sicuri che sarà lui a pagare le conseguenze della voglie di festa altrui (parlo per esperienza), solo che Rob paga il tributo supremo, morendo sotto gli occhi dell’amico Luke, diciamolo, anche un po’ per colpa sua.

"Non mi è bastato Prometheus no! A casa sul divano a guardare Netflix devo stare!".
Per onorare l’ultima volontà dell’amico morto troppo presto, il gruppo parte per una scampagnata a piedi lungo il tragitto noto come il percorso dei Re, una lunga passeggiata tra i campi che separano la Svezia dalla Norvegia, duro quanto volete per via del clima e dei climometri, ma comunque un rischio calcolato, una roba di cui dopo ti puoi vantare con gli amici, basta non perdersi sbagliando strada.

Non è spoiler se dico che ovviamente i nostri si perdono, vero? Dai, lo avevate già capito.

"Ma che fai? Ti porto in montagna e tu fumi?" , "Ma vuoi mettere come si sente una Marlboro a 3000 metri?" (Cit.)
Insomma, per via di una caviglia girata male, il gruppo deve fare una deviazione, il Burt Reynolds del gruppo qui si chiama Hutch (Robert James-Collier) è quello pragmatico, che sa usare la bussola, quello del «Tranquilli ragà se tagliamo di qua, è più corta, tutta dritta fino allo chalet» solo che “Di qua” sarebbe in mezzo ad un bosco ed è qui che iniziano i casini.

“Il rituale” è un po’ come “The blair witch project” (1999) (l’originale, non il remake moscio) senza gli stratagemmi del Found Footage e del mostro che non si vede mai, non è certo originalissimo, come detto, ma David Bruckner è un dritto, il ragazzo sa il fatto suo, compreso sfruttare al meglio certi spauracchi antichi come l’umanità e tra questi contate pure il bosco.

Sì, perché in un bosco, specialmente di notte, ogni rumore e ramo che fa crick crack ti fa precipitare immediatamente al terrore primordiale dei nostri progenitori prima che con fuoco e pietre focaie iniziassero a piegare la volontà ai loro bisogni, un terrore che, evidentemente, è rimasto nell’umanità da allora che si è alimentato con la favole dei Fratelli Grimm e che è arrivato fino a noi attraverso proprio i film horror.

"Hei raga, cosa c'è scritto?" , "Inferno dei morti bolliti vivi" (quasi-Cit.)
David Bruckner è bravissimo a sfruttare l’ambientazione del bosco, bisogna prima superare una premessa fatta di chiacchiere durante la scarpinata che, però, serve a farci conoscere i personaggi e i loro rispettivi caratteri, ma quando gli alberi iniziano a coprire il sole, Bruckner è bravissimo a rendere claustrofobico anche un bosco, in un paio di momenti si gioca la mossa alla John McTiernan di inquadrare i protagonisti attraverso la boscaglia, dando la sensazione che qualcosa li stia osservando per dar loro la caccia, oppure che sfrutti il sottobosco per mimetizzarsi. Insomma, con mosse come questa Bruckner dimostra di aver visto i film giusti e di aver imparato le lezioni che contano.

In una storia così non può mancare un capanno nel bosco che fa tanto strega di Hansel e Gretel, oppure Sam Raimi (fate voi), qui un inquetante mamozzo con le sembianze di un Dio cornuto è il quinto inquilino della casetta, quando cala la notte, ovviamente, arrivano i casini grossi, non aiuta nemmeno che Luke continui a rivivere costantemente la scena della morte dell’amico, alimentata dal senso di colpa? Dai misteriori poteri di quella specie divinità che Phil (Arsher Ali) si ritrova inspiegabilmente a pregare contro la sua volontà («Mi ha fatto pregare quella cosa. Non me lo levo dalla testa»)? Non si sa, comunque una gran brutto finale per una scampagnata tra vecchi amici.

BuBu... Settete!
Il casting mi sembra quanto meno azzeccato, due attori avevano già affronntato strane creature, Rafe Spall in Prometheus e Sam Troughton in Alien vs. Predator. Ma la strizzata d’occhio cinematografica più evidente è il personagio di Robert James-Collier che prima ho definito il Burt Reynolds della situazione, proprio perché ricorda un po’ il suo personaggio in quel capolavoro di “Un tranquillo weekend di paura” (1972) che, poi, è un po’ il padrino di tutti i film con protagonisti che sbagliano strada, gente di città che si ritrova ad affrontare quanto può essere tosta la natura e i suoi coloriti abitanti.

David Bruckner tiene il ritmo alto, supera più di metà film creando la tensione, suggerendo più che mostrando davvero, basta giusto qualche pennellata horror qua e là per lasciare il pubblico sul filo, quando ti ritrovi a pensare: «Oh, ma sto rituale del titolo quando arriva?» quello arriva sul serio ed insieme a lui anche la creatura del film che è un mostro dal design non solo molto figo, ma anche in linea con le sue origini che non ho voglia di rivelarvi per non togliervi il gusto di godervi questo bel filmetto.

"Tutto avrei pensato, ma mai di fare la fine del Kebab".
Se proprio dovessi trovare un difetto, sicuramente sarebbe il personaggio della bionda che ad un certo punto, parlando in Inglese ai protagonisti, spiega quello che è già chiaro anche all’ultimo degli spettatori e che, in fondo, già sai quando inizi a guardare un film che s'intitola “Il Rituale”. In tutta onestà, avrei tranquillamente sforbiciato questo “Spiegone” che aggiunge poco, a volte restare fedele al concetto di meno e meglio, sarebbe… Beh, meglio!

Non so come si dica "Spiegone" in Norvegese, ma lei è quei per questo.
L’ultima ventina di minuti, forse, può risultare anti climatica, per certi versi lo è anche, ma ha una certa coerenza: affrontare il mostro e la sfida che esso comporta, è un modo per affrontare i propri demoni interiori. A ben guardarlo, “Il rituale” sembra un po’ “The Grey" (2012) con più roba soprannaturale dentro, ma considerando quanto apprezzo il film di Joe Carnahan, non è nemmeno così un male.

Insomma, il risulato finale è tutto sommato valido, David Bruckner dopo SiREN dimostra di avere buon gusto per i mostri strani che tengono conto del folklore locale, non è male vedere un regista che riesce a tener conto dei classici, per tirare fuori filmetti solidi come questo, per quanto mi riguarda va benissimo così, Bruckner resta uno da tenere d’occhio, potessi vedermi un Horror che fa il suo sporco lavoro come questo al mese, ci metterei la firma!

Come dite? Devo pregare quel coso a forma di mamozzo cornuto? Vabbè, parliamone!


Ed ora, zaino in spalla, partite alla volta del Cumbrugliume che oggi ci parla anche lui di questo film.

28 commenti:

  1. Grazie per la citazione! Bruckner è partito bene, i suoi corti erano interessanti e The Ritual ha una sua coerenza e una sua consapevolezza che al di la di qualche difetto mi fanno ben sperare per il futuro :)

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    1. Figurati doverosa ;-) Concordo il ragazzo ha il piglio giusto, si vede che ha studiato i film che contano, questo è un buon esordio che conferma quello che ci aveva già fatto vedere fino a questo momento, teniamolo d’occhio. Cheers!

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  2. Ah, mi sono subito fermato perché il prodotto rientra molto nelle mie corde: tornerò una volta visto ^_^

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    1. Sono rimasto assolutamente sul vago per non rovinare la visione, è un film che non inventa niente ma si lascia guardare, sono curioso del tuo parere ;-) Cheers

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  3. Se ricordi bene Rafe Spall interpretava anche il giovane ed antipatico collega commesso di Simon Pegg in Shaun of the Dead e credo che sia apparso anche negli altri due capitoli della trilogia del Cornetto. Quindi in un certo senso si può dire sia un predestinato a questo tipo di film.

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    1. Hai ragione! Era anche uno dei due poliziotti baffuti di “Hot Fuzz”, un predestinato per i ruoli da antipatico ;-) Cheers

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  4. Interessante. Me lo segno perché di film salva-serate ne ho sempre bisogno. Ho letto con un occhio solo giusto per non bruciarmi qualche sorpresa.

    Posso permettermi di correggere la didascalia? Non c'è scritto "Inferno dei morti bolliti vivi" ma c'è scritto: "Vietato l'ingresso". Cassidy, sei il solito burlone!

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    1. Non ci sono spoiler, anzi è stato più difficile trovare in rete foto “normali” di questo film, perché se ne vuoi qualcuna del mostro, vengono via per un soldo alla dozzina, ma secondo me in un film così, la creatura va scoperta guardando la pellicola. Ti ringrazio per la traduzione Zio Wang ;-) Cheers!

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  5. Interessante...me lo segno anch'io e poi ti faccio sapere cosa ne penso...
    See you soonn Bro!

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  6. Lo spunto iniziale e l'ambientazione nel bosco non mi attirano per niente.
    Però il fatto che i protagonisti non siano americani lo rende improvvisamente più appetibile. :)

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    1. Se fossero stati yankee, tutto sarebbero stato molto più banale concordo, alla fine si lascia guardare ;-) Cheers

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  7. Ho visto la pubblicità su netflix e mi ha intrigato! Dopo aver letto la tua recensione, lo guarderò di sicuro!

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    1. Oh benissimo sono contento, spero che il film di piaccia, fammi sapere come ti sei trovato ;-) Cheers!

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  8. Dopo quello scempio di The Cloverfield Paradox, recuperato ieri, devo far pace con Netflix e con il genere. Il rituale mi sembra un buon compromesso, sì.

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    1. Lo è davvero, rispetto a "The Cloverfield Paradox" almeno è fatto a forma di film ;-) Cheers

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  9. Oh, sarà, ma a me è non è proprio piaciuto. Schifo non mi ha fatto, ma non l'ho nemmeno trovato guardabile o coinvolgente.

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    1. Niente proprio? Mi spiace non ti sia piaciuto, a me il giochino ha tirato abbastanza dentro devo dirlo ;-) Cheers

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  10. Accidenti, il titolo di questo post mi fa ricordare troppo la gag all'inizio di un episodio di "The Walking Rat", con la canzone di Favarini. XD
    Per il resto, bella recensione. Il film mi è piaciuto molto nella prima metà; la claustrofobia di perdersi nei boschi è stata ben espressa e anche il clima di tensione che ne segue.
    Non sarà originale di trama quanto un "It comes at night" o un "The Devil's candy" ma come quest'ultimi presenta una solida regia ben orchestrata.
    Felice di averlo recuperato.

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    1. ci credi che ho riso tantissimo sulla citazione a Claudio Villa di Ortolani? Ma ho riso anche quando ha fatto la stessa citazione Federico Zampaglione in "Shadow" ;-) Ti ringrazio molto, non è un film rivoluzionario ma uno che fa davvero il suo dovere, avercene di filmetti così! ;-) Cheers

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  11. Accidenti Cassidy, starti dietro è davvero difficile, ma meno male anche perchè le recensioni ben fatte si cosumano in minor tempo di un film e offrono ottimi suggerimenti per cosa guardarsi quando si ha tempo...Il rituale mi è piaciuto, come detto non inventa nulla, ma fila abbastanza liscio, la fotografia sui campi lunghi negli spazi aperti poteva essere anche un pò più suggestiva, ma sicuramente funziona bene quella nella fitta boscaglia e risulta ispirata nelle scene oniriche. Se volessimo cercare il pelo nell'uovo sulla trama ci sono due punti un pò così...il primo è quando i compagni trovano il cervo sventrato: chiunque sarebbe tornato indietro, ma questo è un horror e si sa che in questo genere i personaggi faranno sempre qualcosa che chiunque altro no farebbe. Il secondo è quando il protagonista spara al dio, ma perchè? non poteva semplicemente andarsene? e anche senza sparare il dio avrebbe potuto accorgersi che lui se ne andava e inseguirlo...comunque mi è piaciuta molto la sequenza subito dopo in cui il dio vuole costringere lo sventuarato ad adorarlo. In effetti questo film anche se contiene qualche mezzo scivolone (pochi in verità come detto sopra) se lo fa perdonare subito per lo sviluppo coerente e ragionato che segue. I personaggi hanno una loro dimensione finalizzata anche alla seconda lettura "morale" del film. Buon film salva serata, come hai detto; speriamo tu possa proporcene altri.
    Ciao.

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    1. Ti ringrazio molto e sono contento di averti consigliato bene!Ne ho altri in pista, cerco di tenermi in movimento ;-) La spiegazione che mi sono dato io, è che faccia perde dell'evoluzione del personaggio, che prima scappava dai suoi errori (i continui flash sull'amico) poi arriva ad affrontarli, anche spavaldo. Spiegazione da poco lo so, una versione in piccolo e molto meno testosteronica di Arnold che attacca l'alieno nel finale di "Predator" ;-P Cheers

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    2. Guarda la penso anch'io così, il personaggio riesce a superare la sua codardia, che generava tutto il suo senso di colpa e affronta il mostro. Direi inoltre che all'interno di questa chiave di lettura c'è anche il metaforone finale: il protagonista non uccide il mostro, ma esce dal territorio dove quello aveva potere, come a dire che non si può eliminare il senso di colpa, ma si può gestirlo, sistemarlo in una dimensione dove non può nuocere e dopo averlo guardato bene in faccia si riesce ad andare avanti superando il complesso.
      Non vedo l'ora che ci proponi altri titoli (eh eh come se non lo facessi quasi quotidianamente).
      Dai buona giornata.
      Bye

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    3. Anche io la vedo proprio così, infatti esce nel sole, cammina verso la civiltà siamo in piena zona metaforone ;-) Certo poteva essere tutto più raffinato, ma parliamo di un quasi esordio su un lungometraggio, David Bruckner si farà ;-) Stammi bene e buona giornata! Cheers

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  12. Visto ieri pomeriggio, apprezzato molto! Anch'io a quel tipo di scene lì ho pensato "uhmmm mi sa che «Predator» al regista gli è piaciuto proprio tanto tanto!" 😄

    Han hade ögon...som försvann!! 😉🤭

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    1. Predator fa scuola e proseliti a distanza di anni ;-) Cheers

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    2. Ma guarda un po'? Mi è come venuta voglia di rivedere Predator per la milionesima volta!!

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    3. Ogni volta è quella giusta con Predator ;-) Cheers

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