venerdì 26 gennaio 2018

Il giustiziere della notte (1974): C'era una volta un vigilante


1973, Charles Bronson e Michael Winner hanno appena terminato di girare “L'assassino di pietra”. Bronson, m'immagino senza mai cambiare faccia anche di un solo millimetro, chiede al regista del loro prossimo progetto, Winner gli parla di una sceneggiatura che ha tra le mani, la storia di un uomo che perde moglie e figlia per colpa di alcuni rapinatori e decide di dargli la caccia per sparargli. Bronson risponde «Mi piace farlo», ma cosa Charlie? Il film, «No, sparare ai rapinatori» (storia vera).

Liberamente ispirato al romanzo omonimo “Death Wish” di Brian Garfield del 1972, il film di Winner è stato uno di quei titoli in grado di entrare a far parte della cultura popolare, Bronson l’uomo qualunque che si fa giustizia da solo seguendo l’adagio Vecchio testamento dell’occhio per occhio è una figura talmente famosa che persino quei due che non hanno mai visto il film conoscono, specialmente grazie ai numerosi seguiti (ben quattro) che hanno fossilizzato il personaggio, rendendolo l’indistruttibile e reazionario vendicatore che tutti conoscono.

Alla sua uscita nel 1974, “Death Wish” è diventato un successo al botteghino che levati, ma levati proprio, ma ha anche sollevato un coro di polemiche su cui i seguiti diretti del film sembrano essersi adagiati, quasi tutta la critica bollò il film come un'apologia fascista che, ribadisco, è molto più azzeccata ai vari seguiti che al primo film.

A rivederlo oggi è chiaro che i vari film “Hanno rapito/ucciso/violentato mia figlia” sono tutti nipotini di “Death Wish” che ha codificato al cinema l’archetipo dell’uomo che si fa giustizia da solo, Classido? Potete scommetterci i baffi!



A ben guardare, un altro caposaldo del genere uscito pochi anni prima come Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo! È un film decisamente più destrorso se non altro per il suo ruvido protagonista, eppure il film di Michele Vincitore dev'essere uscito nel momento giusto, o più probabilmente ha saputo pungere sul vivo qualche nervo scoperto di un Paese che in quel momento storico era particolarmente sensibile ad una storia come questa.

Un esempio del clima degli Stati uniti di allora? Nel febbraio del 1974, Gerry Conway ai testi, coadiuvato dai disegni di Ross Andru e John Romita Sr. (il cappello grazie…), sulle pagine di “The Amazing Spider-Man n. 129” fanno esordire un vendicatore con vistoso teschio sul petto, il suo nome è Frank Castle, ma tutti lo ricorderanno come il Punitore. “Il giustiziere della notte” esce nei cinema americani nel luglio dello stesso anno, non credo che possa essere solo un caso.

Michael Winner, Inglese trapiantato negli Stati Uniti riesce con questo film, a regalarci uno spaccato della terra della torta di mele più lucido di tanti filmaker americani, al resto ci pensa Charles Bronson, la cui faccia è il solito inscalfibile Monte Rushmore anche se il personaggio non è ancora l’ammazzasentenze che tutti ricordano.


La reazione di Bronson, quando qualcuno usa la frase: Quell'attore non è espressivo.
Il suo Paul Kersey è un ingegnere edile, liberale tanto che durante la guerra in Corea ha prestato servizio come medico per rispettare il suo giuramento da obbiettore di coscienza, tanto per rincarare la dose, di ritorno da una paradisiaca vacanza a Maui con la moglie Joanna (Hope Lange, referita alla solita Jill Ireland, moglie di Bronson, proprio per la sua aria da fidanzatina d'America, storia vera) il collega di lavoro gli ricorda quando New York sia un postaccio schifoso pieno di gentaglia che dovrebbero lasciare la città per sempre, il nostro Paul risponde dicendo che solo chi ha i mezzi economici per farlo può andarsene, beccandosi in tutta risposta un: «Il tuo cuore sanguina sempre a sinistra, eh?», insomma pure il doppiaggio italiano le pensa tutte per far arrivare al pubblico forte e chiaro la posizione politica del protagonista.

La svolta fatale arriva quando una banda di giovinastri, capitanati da un Jeff Goldblum così giovane che forse non aveva nemmeno l’età per ordinare una birra in alcuni dei cinquanta Stati (ma a quanti film fighi ha preso parte il grande Jeff??), s'infila in casa Kersey, picchiando brutalmente la moglie e violentando con ancora più violenza la figlia che traumatizzata precipita in uno stato di afasia.


Qui aveva circa, dodici anni credo, ma è sempre il grande Jeff!
La scena delle violenza in sé è diretta in modo spiccio e diretto da Winner che non ci risparmia quasi nessun dettaglio, per far arrivare il suo messaggio forte e chiaro: i criminali sono Indiani metropolitani, non hanno un'etnia specifica, sono neri, bianchi, latini, l’unico tratto comune è quello di essere giovani e vistosamente malvagi, più che un dito puntato contro una certa porzione della popolazione, sembrano il sottoprodotto della città, che per Winner sembra il vero male, sarà pure grande questa mela, ma è anche parecchio marcia.

Winner rappresenta le città come un posto che spersonalizza l’uomo, i palazzi le rendono luoghi opprimenti dove vivere è impossibile e ogni cosa non può che andare storta, la giustizia è inefficace e chi segue le regole non è altro che una preda naturale per i tanti predatori.

Non a caso, la svolta per Paul Kersey è decisa, ma non repentina, il suo datore di lavoro per distrarlo dalla grave perdita subita lo manda a lavorare a Tucson in Arizona, grandi spazi in aperto contrasto con i vicoli di New York e uno stile di vita molto diverso, qui inizia a simpatizzare con un cliente della compagnia, che con il suo cappellaccio, le corna di mucca sul cofano della macchina e la mania per le armi somiglia tanto ad uno di quegli Americani che probabilmente non hanno votato per Hillary alle ultime elezioni, ecco, forse hanno preferito l'altro candidato.


"Parlami ancora di questo secondo emendamento, comincia ad interessarmi".
Il momento chiave è quando Paul assiste ad una ricostruzione storica in un villaggio di cowboy messo su per i turisti, la scenetta recitata da alcuni attori è l’occasione per l’architetto liberare di riflettere sul suo Paese, infatti con il genero si ritrova a riflettere sui tempi in cui “L’America era ancora l’America” di quando i pionieri si difendevano da soli senza aspettare la polizia, infatti non appare convinto nemmeno allo scambio di battute fondamentale per capire il personaggio: «Come li chiami gli uomini che minacciati sanno solo andate a nascondersi» , «Civilizzati». Gli risponde il cognato, ma Paul non sembra proprio convintissimo ecco.

Non avendo avuto una storia lunghissima, gli Americani spesso considerano il selvaggio West il loro autentico passato, Winner è bravissimo a rendere “Il giustiziere della notte” non solo un western urbano, ma una riflessione sugli Stati Uniti, un Paese con un piede nel suo passato fatto di massacri, uccisioni, sparatorie e gente che andava in giro con il ferro nella fondina e un altro piede in un presente in cui quella cultura delle armi è ancora lì, ma le città hanno sostituito le cittadine di frontiera, più che una decisa posizione interventista sembra quasi una malinconia per tempi andati, di una nazione che è nata con una rivoluzione e continuata con un massacro.


Il revolver a sei colpi, più Americano della torta di mele.
Per questo trovo incredibile la prova di Charles Bronson che davvero incarna il titolo del film, perché “Il giustiziere della notte” è un'anticipazione di quello che l’ingegnere baffuto finirà per fare, ovvero andare in giro di notte ad uccidere criminali e, a dirla tutta, inaugura anche la (brutta) abitudine di uno strambo Paese a forma di scarpa di ficcare nei titoli “Della Notte” così, perché fa figo.

Il caso più celebre è sicuramente il capolavoro di Walter Hill “The Warriors” (1979) che da noi diventa “I guerrieri della notte”, ma che ci vogliamo fare è così, ad esempio, nessuno andrebbe al cinema a vedere un adattamento della mie tediose giornate di lavoro, ma se il film s'intitolasse “Il disegnatore della notte” sono sicuro che almeno un paio di sale le riempirebbe, garantito al limone! Ma su questo argomento, lascio la parola a Doppiaggi Italioti!

“Death Wish” è un titolo molto, ma molto più azzeccato, perché indica tutte quelle persone che compiono atti spericolati e potenzialmente mortali, per assecondare proprio un interiore “Desiderio di morte” che, poi, è quello che guida per davvero Paul Kersey.


Come un Samurai, completamente votato alla morte.
Uno che prima si fa cambiare venti dollari in due rotoli di monete, da tenere arrotolati in un calzino da usare come letale arma di difesa e, poi, al primo schiaffo tirato in faccia ad un rapinatore della domenica, torna a casa sconvolto e con mani tremanti si fa un goccio per tentare di distendere i nervi.

Charlie Bronson è meraviglioso da questo punto di vista, non cambia di un solo millimetro l’espressione del volto, eppure il tormento interiore del personaggio traspare dalla sua recitazione, dal suo modo di muoversi, dalla rabbia che il personaggio tiene a freno sottopelle e che riesce a sfogare soltanto girovagando di notte nei luoghi più malfamati della città alla ricerca di qualcuno da punire. Un uomo vuoto mosso solo dalla volontà di giustizia, esattamente come Frank Castle e che riesce ad essere una clamorosa risposta a tutti quelli che valutano un attore solo sulla base del numero di espressioni che riesce a sfoggiare, Bronson ne aveva una, quella giusta!


Proprio vero che certe facce appartengono di diritto al cinema.
Quello che trovo geniale in “Il giustiziere della notte” è la totale assenza dello scontro finale che ci si aspetterebbe da un film così, Charles Bronson non uccide Jeff Goldblum e il resto della banda di gatti senza collare che hanno materialmente ucciso sua moglie e violentato sua figlia, ma ogni notte idealmente esce a cercarli in ogni criminale che trova in giro, non perché questo poterà nuovamente in vita sua moglie o vendicherà davvero il trauma subito dalla figlia, ma solo perché tornare in una casa vuota da solo, può essere ben peggio che morire nell’impresa, un film e un personaggio ben più sfaccettati di quanto la loro fama presso il grande pubblico ancora oggi ricordi.

La violenza è quella che solo negli anni ’70 si poteva mostrare al cinema, una volta chiariti i ruoli, Paul Kersey può permettersi di sparare alle spalle anche ad un rapinatore nero disarmato in fuga, una robetta che nel cinema di oggi sarebbe impensabile e trovo ancora più azzeccato il modo in cui tutto si risolva, “Il Giustiziere” per il solo fatto di esistere è un deterrente per il crimine, spinge persino le vecchiette a reagire agli scippi, proprio per questo nessun procuratore vuole macchiarsi dell’infamia di essere l’uomo che lo ha arrestato, meglio godersi il 50% dei crimini in meno e guardare dall’altra parte.


"Sapete solo suonare o sapete anche sparare?" (Quasi-Cit.)
Il finale, infatti, è la conclusione del duello, in cui Winner ribadisce ancora una volta il fatto che non solo questo film è un Western, ma che gli Stati Uniti d’America possono anche dichiararsi la patria della democrazia, ma il West se lo portano proprio dentro. Infatti, il poliziotto sulle piste di Kersey non può arrestarlo, può solo intimargli di lasciare per sempre la città, Kersey lo sa e risponde proprio come il pistolero solitario di un Western, prendendo per i fondelli il suo avversario: «Sceriffo? Prima del calar del sole?».

Capisco che sia anche facile accusare di Fascismo un film come questo, ma è nel mitico finale che il messaggio di Winner diventa chiaro, la violenza genera solo altra violenza e persino un liberale obbiettore di coscienza può iniziare a prenderci gusto una volta entrato in questo vortice. Kersey arriva a Chicago, una città nuova, ma sempre corrotta, in stazione alcuni teppisti prendono di mira una ragazza, il sorriso di Bronson e il pollice e indice con cui pare loro dire «Ci vediamo più tardi», è di un cinismo totale, se solo non fosse una scena finale così incredibilmente potente, visto? Una mono espressione per 90 minuti e poi un sorriso ed un occhiolino al momento giusto, a volte sono più che sufficienti per fare la storia del Cinema!


"Tirami il dito".

32 commenti:

  1. ottima recensione.

    ho visto in tv sto film mille anni fa e mi ricordo poco ma mi era piaciuto.

    escludo di andare a vedere il remake di roth.

    grazie rdm

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    1. Grazie a te ;-) Anche io era da parecchio che non lo rivedevo, ma l’ho apprezzato ancora di più, il ricordo tende a confondersi con i suoi seguiti, che magari ripasserò prima dell’arrivo del remake, che sulla carta avrebbe tutto per funzionare (sceneggiatore, attore e se vogliamo pure regista giusto) ma mi terrorizza lo stesso tantissimo… Gulp! Cheers

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  2. Non so se Bruce Willis ha la faccia giusta per sostenere il ruolo nel remake, magari si. Certo che Kersey portava una sfiga micidiale: ogni volta o gli ammazzano la moglie/fidanzata, o gli violentano la figlia..

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    1. L’idea del remake è un giro da almeno dieci anni, prima doveva farlo Stallone (storia vera), Bruce è alla ricerca di un ruolo grosso per tornare nel giro che conta. Si davvero, però bisogna dire che anche nei seguiti, hanno sempre trovato un modo per giustificare il suo coinvolgimento personale, ma la forse della storia si è annacquata con il tempo, nell’ultimo se la prende con gli spacciatori di droga ;-) Cheers

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    2. Quello è sul 4, sul 5 è contro la mafia..ti correggo perché l'ho appena letto su wikipedia eh, non che li abbia visto tutti..tra l'altro mi ha fatto ridere l'elenco dell'arsenale di Kersey nel 4: "utilizza una Walther PPK, un Ruger Mini14, un M16 con lanciagranate M203, un Ingram MAC10, un mitragliatore Uzi con silenziatore." :D alla faccia!!!

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    3. Bravissimo hai ragione, il cinque penso di averlo visto una volta sola, me lo ricordo tristissimo ;-) Più armato di Frank Castle insomma, pensare che qui usa giusto una sei colpi e via così che vai bene :-P Cheers

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  3. Mito dei miti, davvero un classicone intramontabile, e più solleva polemiche più entra nel mito. Davvero le cose che mostra questo film sono assolutamente vietatissime oggi, nei tempi bacchettoni e moralistici in cui viviamo, e infatti temo che manchi da parecchio dai palinsesti televisivi.
    Lo vidi da ragazzino ma sono abbastanza sicuro che il film fu più che censurato: c'erano scene che non si capivano proprio! Pensa che nel sequel un personaggio non si capisce che muore, perché tagliarono via tutta la scena: d'un tratto semplicemente non c'è più...
    L'unico che ebbe il coraggio di sfidare l'eticchetta "della notte" fu Franco Franchi, che parodia di questo film la intitolò "Il giustiziere di mezzogiorno":-D
    Ti lascio solo immaginare la mia stima per il remake con Willis... e temo che una volta che l'avrò visto dovrò peggiorare di molto il mio giudizio :-P

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    1. Sapevo che ti avrei trovato pronto, la penso come te, gran film e le polemiche ci vogliono, bello quando un film intrattiene e fa discutere ;-)
      Verissimo, passava sempre censurato, la scena della violenza alle donne di Paul è piuttosto cruda, ma di sicuro nei passaggi televisivi non era così esplicito, i tagli brutali per la tv spesso sembrano fatti con l’accetta.

      Visti i nostri tempi brutti, avrebbe anche senso riportare in auge questa storia (il discorso di cui sopra del far discutere) poi ho una stima assoluta per Willis che per me è un idolo, però mi puzza tantissimo di operazione tristissima. Paul Kersey qui spara alle spalle, è anti eroico, roba che oggi richiederebbe un coraggio per essere portata al cinema, che non credo il remake avrà, spero di sbagliarmi, ma le mie aspettative sono meno di zero per la nuova versione di Roth. Cheers!

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  4. La violenza genera violenza ed i film con i vigilanti ex pacifisti di sinistra generano cose come Un borghese piccolo piccolo o Il Giocattolo da queste parti. Una chicca per il tuo blog, ma ti chiedo la cortesia di tenerla per te almeno fino all'uscita del film: i Manetti bros stanno scrivendo un remake del fim che si chiamerà Kupio Dizzolvik con Silvio Orlando che gira dopo il crepuscolo armato come Travis Bickle cantando: Batte la musica della notte / Il suo richiamo sento già / Foresta di città / Esco curioso come un bambino / Che la notte non ha visto mai / Da vicino.
    Prenzy disegnerà la notte tutte le notti la versione a fumetti per Shockdom.
    Una curiosità: il primo Punisher immaginato da Romitone era un tizio in costume da bagno praticamente. Immaginalo a zonzo per Central Park di notte nei seventies. Sparapanzato su di una panchina in attesa che passi un Warrior da ammanettare. Brr.
    Probabilmente Garth Ennis è un fan di Death Wish e del presupposto che anche tu citi ovvero che tutto quel che capita a Brother Bronson è un pretesto per innescare il suo latente desiderio di morte perchè è concetto che ha sviluppato nel suo Punisher: Born con Castle nel Vietnam. Ciao ciao.

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    1. Sono certo che Garth Ennis sia un enorme fan di questo film, “Punisher: Born” è una storia fondamentale che mette in chiaro che il Punitore, esistesse nella mente di Frank Castle ben prima del dramma di Central Park, che non è quello del Warrior da ammanettare… brrr sul serio!

      Ci sarebbe da esplorare, i “Punisher” al cinema sono stati tanti, anche Albertone nostro, proprio in “Un borghese piccolo piccolo” film che a suo modo ha sollevato quasi le stesse polemiche di “Death Wish” in misura locale. Sai che Silvio Orlando me lo vedrei bene in un ruolo così? Si spera solo canti un po’ più intonato di quando accennata “I’m on fire” di Springsteen a bordo piscina ;-) Cheers

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  5. Vidi per la prima volta questo film in seconda serata su Rete 4. Ancora non ero entrato nella fase da visione degli spaghetti western e quindi dovrei rivederlo dopo aver fatto un'abbondante scorpacciata di film del genere, qualche mese fa. Perché il giustiziere della notte è un moderno spaghetti western.

    Che poi Bronson ha fatto dei western, ma quelli americani erano ben diversi dagli 'spaghetti', nelle cui trame c'era sempre la vendetta verso chi aveva ucciso o violentato moglie o figlia.

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    1. Esatto, perché è vero che gli americani hanno anche fatto dei western revisionisti o dalla parte degli Indiani, ma molto spesso ci sono voluti gli europei per mostrare agli americani il loro west per bene, e no, non mi riferisco a Leonardo Pieraccioni :-P Cheers!

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  6. Più lo descrivi e più l'accusa di fascismo si rinsalda, non credo che il finale fornisca altri messaggi che quello classico del genere exploitation, cioè che anche gli obiettori di coscienza, fricchettoni, pacifisti, quelli "di sinistra", quando il degrado urbano e la merda arriva agli occhi e colpisce anche loro abbandonerebbero tutte le loro idee pacifiste e moderne e non gli resterebbe che armarsi e andare a fare ciò in cui credono gli affiliati dell'NRA e della destra in generale: applicare un personale e viscerale occhio per occhio. La "sana" giustizia di una volta. E come spettatori sul finale ci piace sapere che il signor Bronson sarà sempre lì per difendere tutti noi dai criminali comuni.

    Ciò non vuol dire che non sia un film divertente, certi "Callaghan" sono molto peggiori da quel punto di vista, con dialoghi quasi didascalici sul messaggio che vorrebbero portare allo spettatore. Bronson/Winner se la cavano alla grande con un film di tutto rispetto. Certo, meglio non trarne alcun messaggio politico.

    Il Giustiziere ho finito per amare di più è il secondo, di quello amo in particolare la scena finale che secondo me è al pari del finale del primo. Il più divertente per una serata con gli amici rimane il terzo (il secondo prodotto dalla Cannon).

    Riguardo al titolo, "death wish" non è soltanto un semplice caso di "vuol dire desiderio di morte" ma è proprio un'espressione idiomatica (to have a death wish) che da noi corrisponde al "cercarsele" (te le cerchi?) e come tutte le espressioni idiomatiche non dovrebbero mai essere tradotte alla lettera. Ben venga dunque "il giustiziere della notte", l'ho sempre trovato un titolo azzeccatissimo che certamente descrive bene il film.

    Ne avevo accennato molto tempo fa in una lista di titoli italiani https://doppiaggiitalioti.wordpress.com/2011/02/13/della-serie-titoli-italioti-7-puntata/

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    1. In effetti ora che mi ci fai pensare si ;-) Winner e Bronson se la giocano con la malinconia per i tempi andati del west, lo scontro tra spazi aperti (le praterie dell’Arizona) e chiusi (le città) sta lì per ribadire il concetto, poi c’è sempre il velato discorso del “giusto”, ovvero se da spettatore penso che Paul/Bronson faccia bene, perché ha patito un torto implicitamente lo giustifico, ma normalmente giustificheresti uno che va in giro di notte ad ammazzare ponendosi al di sopra del sistema giuridico?

      Vero i vari “Dirty Harry” erano anche più spigliati sull’argomento, il fatto che comunque Winner ci porti in questa zona grigia (o forse sarebbe meglio dire zona nera) è comunque ottimo, se un film fa anche questo, oltre che intrattenere, non è certo un male. Per quanto riguarda i seguiti, che mi divertono sempre, vediamo se riesco a scrivere qualcosa anche su quelli ;-)

      Perché non ho controllato se esisteva un tuo pezzo sul tema? Male, per fortuna posso contare sul tuo intervento, almeno stasera tornando a casa avrò qualcosa da leggere, ora ti aggiungo anche nel post. Cheers!

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    2. Ahimè non esiste un vero e proprio pezzo, solo una piccola nota riguardo al titolo, non più di quanto abbia già scritto qui. Il secondo film, nonostante sia della Cannon, vuole ancora essere un degno successore del primo, quindi tutto sommato abbastanza serio (scena finale per me da applauso). Il terzo è quello da piegarsi in due dalle risate mentre dal quarto in poi diventano anonimi e noiosi. Il quarto lo ricordo per un banale errore di traduzione, una cosa come "le riserve di olio" al posto di "riserve di petrolio", il quinto non ho avuto il coraggio di vederlo dopo l'esperienza del 4 ma prima o poi dovrò rimediare... per completezza.

      Sul discorso degli intenti del film, per il cittadino ovviamente è uno sfogo dei suoi istinti naturali, volere una giustizia rapida, rapidissima ed esemplare per torti subiti. Viene naturale parteggiare per i giustizieri che incarnano tali desideri. Ovviamente non si finisce bene se volessimo riportare questi impulsi in politica (come alcuni partiti politici fanno), anche perché se a livello personale un crimine comune, per quanto efferato, può sembrarci gravissimo e degno di giustizia sommaria, a livello "nazionale" o "globale" fanno molti più danni i crimini dell'alta finanza, l'inquinamento industriale, l'evasione fiscale, etc... per questo è meglio godersi i giustizieri della notte come piccolo sfogo personale, capendone bene le intenzioni e lasciandole lì dove sono. Ahah!

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    3. Concordo in pieno, si rischia di finire per guardare la punta del dito che indica qualche colpevole facile e basta, sulla questione dei partiti chef anno lo stesso, aggiungo solo amen. Per riportare il tuo discorso con cui sono d’accordo in zona cinema, proprio in virtù dei tempi in cui viviamo, in cui gran parte delle popolazione vuole il sangue e cerca colpevoli facili, ignorando i crimini di alta finanza, penso che un remake di “Il giustiziere della notte” potrebbe davvero dire delle cose, ma ormai film che dicono cose non ne abbiamo quasi più, abbiamo film che sfruttano titoli gloriosi del passato che il pubblico conosce, quelli ne abbiamo un sacco ;-)

      Anche a me piace il secondo, il terzo è quello dove Winner ha detto, sapete che c’è, ora sbrago malamente e faccio quel cacchio che mi pare, infatti la buttata in caciara ;-) Il quarto è abbastanza anonimo, il quinto fiacco e con il fiato corto. Cheers!

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    4. Non dimentichiamoci il fattore assolutamente non scontato di un film dove chi uccide resta impunito! L'idea in narrativa la farei arrivare al padre vero di Callaghan, Punisher e tutti i giustizieri anni Settanta: Mack Bolan, che per vendicare la famiglia uccisa dalla mafia torna dalla guerra e porta il Vietnam in America. Con tutti i codici morali del cinema, nel 1969 Bolan in romanzetti economici ammazzava secchiate di gente risultando sempre buono, perché ammazzava i cattivi. Portare al cinema un personaggio del genere è stato un rischio fortissimo, perché il delitto è sempre seguito dal castigo, e se l'eroe uccide un cattivo comunque deve assumersi le responsabilità del suo gesto: Bolan sdoganò l'idea che i criminali non meritano di vivere, distruggendo cent'anni di pulp action con eroi buoni che portano giustizia. Parafrasando un celebre film, Bolan non cerca giustizia, né vendetta: lui cerca punizione!
      Dal fumetto argentino (Skorpio, da cui il noto settimanale italiano, era il Frank Castle argentino!) a Dirty Harry fino al Punisher, quell'epoca è stato un periodo incredibile in cui il cattivo era buono perché ammazzava i più cattivi, soddisfacendo quel senso di giustizia spicciola di cui si parlava. Al confronto Rambo è un mollaccione :-D
      P.S.
      Death Sentence è tratto dal romanzo "Il giustiziere della notte 2" molto più che il film omonimo, che va per affari suoi, però i tempi sono cambiati e viene presentato come una discesa all'inferno (cioè un noir classico, dove tutto si paga, in un modo o nell'altro), invece con Bronson era una salita, da vittima a giustiziere.

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    5. Anche secondo me quello è la vera intuizione, Jeff e soci scatenano Bronson ma poi non si ritrovano mai ad affrontarlo, viene proprio negato al pubblico quella giustizia sommaria tanto invocata. Ho conosciuto Mark Bolan solo dai tuoi post, quindi ti ringrazio ;-) Perché hai centrato il punto, è il personaggio chiave che ha cambiato tutto, buono perché gli altri sono molto peggio. Vero avevo letto che “Death sentence” è stato proprio scritto in risposta ai cambiamenti apportati da Winner alla storia originale quando ha diretto "Il giustiziere della notte 2", quasi quasi me lo riguardo ;-) Cheers!

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  7. Capolavoro ASSOLUTO e stigmate di "Classido" meritatissime. Visto, rivisto e stravisto ma se lo facessero stasera lo riguarderei ancora. Monumentale Bronson. Non aggiungo altro perché il post è splendido e dice già abbastanza sopratutto quando sottolinea il finale cinico e beffardo. Bravo Cassidy!
    Personalmente il primo lo ricordo abbastanza bene ma i seguiti (anche quelli sono sempre stati imperdibili ad ogni passaggio in tv) li confondo tra loro. Servirebbe un bel ripasso se solo avessi tempo.
    Per quanto riguarda il remake di Roth e Willis non dico nulla. Io sono sempre stato contrario a questo tipo di operazioni puramente commerciali e palesemente studiate a tavolino. Nonostante Willis, auguro alla pellicola tutto il male possibile!

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    1. Ti ringrazio molto! Quando un film entra così a fondo nell’immaginario collettivo, quasi sicuramente da queste parti diventa un Classido ;-) Per assurdo i seguiti sono più famosi del primo film, spesso tutti ricordano Bronson vestito di nero e armato fino ai denti, tempo permettendo vorrei fare un ripasso anche io qui sopra.

      Mi conservo le riflessioni per il remake, che vedrò perché tanto lo so già, con Bruce dovrò vederlo per forza, ma davvero non mi aspetto niente, ed ho pure delle pessime vibrazioni! Cheers

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  8. Bella retrospettiva per un classico inossidabile.
    Pensa che io ho anche apprezzato Death Sentence, quindi vedi tu quanto amo il filone del "cittadino si ribella" (Nero è comunque il Bronson italiano).
    Visto di recente e ovviamente apprezzato l'afro-amento di Jeff assieme agli altri sbandati.
    Sarà un film fascio (ma non lo erano pure i poliziotteschi?), io lo definirei filosoficamente reazionario :)

    Moz-

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    1. Ti ringrazio ;-) Anche a me piace "Death Sentence" non manca il materiale per una bella rubrica a tema, metre "aspettiamo" il remake di questo film. Si ha una filosofia reazionaria e pure un po' conservatrice, oggi nell'era del buonismo a tutti i costi resta un film irripetibile! Cheers

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  9. Visto che andavo alle medie e successivamente credo solo un'altra mezza volta... ma fu un cazzotto ben assestato nello stomaco per la scena dell'aggressione, davvero particolarmente cruda. Anche la scena della prima "purga" dopo la quale, tornato a casa, é costretto a vomitare piegato sul WC mi restò subito impressa perché davvero significativa della dolorosa metamorfosi del personaggio.
    Il secondo capitolo lo ricordo altrettanto valido e forse anche meno cupo e pessimista.

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    1. Veramente tosta come scena, così come la trasformazione di Paul nel vigilante. Il secondo film arriverà, ne parleremo nel dettaglio ;-) Cheers

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  10. Mai visto... Non mi ha mai interessato Bronson. Ho apprezzato le gag che fanno i Simpson quando vanno Bronson e tutti hanno la faccia di Bronson :D

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    1. Quella è una delle gag più mitiche di tutta la serie, non esisto a definirla geniale! :-D Cheers

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  11. Il secondo film è, per certi versi, più pesante e estremo del predecessore.....basta guardare la scena dello stupro ai danni della colf di kersey e quello (di nuovo) della figlia (che si suiciderà in modo orribile per scappare dai suoi aguzzini)...in TV ovviamente è sempre stato ultra tagliato. ..e a ragione...veramente disturbante!!!!! Il problema dei seguiti è che sono tutti troppo improbabili. ..la forza del primo è anche l'immedesimazione col personaggio di bronson,cosa che latita in tutti gli altri in cui solo essere amici, parenti, conoscenti di kersey ci porta dritti in una bella bara! Ricordo di una (poliziotta forse) che esce con lui due volte e muore in maniera atroce...o della sua compagna (nel 4 o 5) a cui, subito dopo la sua proposta di matrimonio, viene sfreggiato il volto nel fotogramma successivo (?????)....spero che non ci porti male parlare del buon Paul! !!!! Hahahahha! Un saluto

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    1. Una giornalista nel quarto capitolo muore malissimo e nel quinto è la fidanzata a venire sfregiata, dai noi non credo porti male parlarle, al massimo fidanzarsi con lui ecco ;-) Cheers!

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    3. Si, ma allora da non trasmettere proprio! Una legge che vieti queste porcate mai no!?! Ricordo che sul libro di religione delle medie al capitolo sulla vendetta venivano citati IGDN e “Mad Max”! XD

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  12. Io penso che il primo film di Callaghan non fosse così destrorso, anzi, criticava una società dal ventre molle e dalla giustizia inefficiente, dove un pazzo come Skorpio, grazie a soldi e a un buon avvocato, può falciare un sacco di gente e uscirne pulito .
    Cosa sempre accaduta nella realtà ( pensate al clamoroso caso di O.J. Simpson ).
    Questo Death Wish allo stesso modo, critica quella gente liberale e di sinistra che predica pace e amore fin quando non viene toccata dal male e allora diventa pericolosa come una belva ferita.
    Ma è quello che poi faremmo tutti, se qualcuno distruggesse la felicità del nostro focolare.
    Per questo , il film ha avuto così successo.

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    1. In realtà il protagonista soffre e sta male, inoltre la sua vendetta non la ottiene, per questo lo trovo molto realistico, "Dirty Harry" è stato scritto da Milius, tanto basta. Cheers

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