Sono cinquant’anni
che le persone di tutto il mondo utilizzano l’espressione “Sporca dozzina” per
indicare un branco di gatti senza collare alle prese con una missione suicida,
quando il titolo di un film diventa parte delle cultura popolare, vuol dire che
ha travalicato i limiti del classico, quindi fate gli auguri di compleanno a
questo CLASSIDO!
Anche mezzo
secolo fa le grandi case di produzione come la Metro-Goldwyn-Mayer pensavano a
film fatti per incassare palate di ex presidenti spirati stampati su carta
verde, ma forse c’era più fiducia negli autori come Robert Aldrich, uno che
aveva già diretto titoli oggi considerati fondamentali come “Un bacio e una
pistola” (1955) e un ENORME successo di pubblico che oggi viene giustamente
ricordato come una pietra miliare del cinema horror, ovvero “Che fine ha fatto
Baby Jane?” (1962), ma dopo aver tentato di domare due tigri come Joan Crawford
e Bette Davis ed essersi (quasi) ritrovato a farlo nuovamente in “Piano...
piano, dolce Carlotta” (1964… Avete già visto la prima stagione di Feud? No? Correte a farlo!), non riesco a non
pensare al vecchio Bob che dice: «Basta! Voglio un cast di soli uomini!».
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Il club per soli maschietti messo su da Bob Aldrich. |
L’occasione
giusta arriva da un romanzo del 1965 intitolato “The Dirty Dozen” scritto dal
misterioso scrittore E.M. Nathanson, uno di cui si sanno ben poche notizie,
poche, ma gustose. L’idea per la trama sembra trarre origine dalle gesta della
101esima divisione aerotrasportata dei paracadutisti impiegati in missione
durante la seconda guerra mondiale soprannominata “The Filthy Thirteen", i
tredici zozzoni, per via del loro rifiuto di utilizzare acqua e sapone. Sì, ma
chi ha raccontato a Nathanson di questi micidiali (anche per l’olfatto) parà?
Tenetevi forte, due tizi che lo scrittore frequentava ai tempi e che
conoscevano parecchie storie di guerra per via delle ore passate al fronte: il
fotografo di guerra Charles Eugene Summers e il regista di parecchie scene belliche
documentaristiche (alcune utilizzate anche nel film “Patton, generale d'acciaio”
1970) di nome Russ Meyer… Time Out Cassidy!
Sì, proprio Russ
Meyer, anzi il Maestro Russ Meyer! L’uomo i cui film vengono ricordati
principalmente per due cose: eccentricità ed utilizzo del montaggio? Sì, anche,
ma soprattutto: le poppe! Incredibile che
senza collaborare direttamente, il regista che ha celebrato le curve femminili
al cinema più di tutti e quello che proprio grazie a due donne ha diretto un
capolavoro, abbiano sfornato uno dei più grandi film di uomini, per uomini e da
uomini della storia del cinema.
Ah! Prima di
dimenticarmi, per ulteriori dettagli sulle possibili ispirazioni pescate da E.M.
Nathanson vi rimando all’ottimo pezzo del Zinefilo
proprio su questo argomento.
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Anche il fumetto ispirato al film ci aiuta a ricordare tutti e dodici i nomi. |
Con in una mano
il romanzo originale del 1965 e nell’altra il via libera della MGM per avere
carta bianca su tutto, compreso il cast del film, Robert Aldrich parte con il
piglio del generale, incassa il no del grande Jack Palance che non ne vuole
sapere di interpretare il folle invasato religioso Archer J. Maggott ed
etichettando il film come spazzatura (storia vera) di fatto regala a Telly
Savalas, il mitico Theodore "Theo" Kojak della serie tv “Kojak” il
suo più bel ruolo cinematografico di sempre.
Per la parte del maggiore
John Reisman, la MGM vorrebbe il Duca John Wayne, ma Bob Aldrich mette le corna
a terra dicendo «Voglio Lee Marvin», alla fine vincono tutti perché il Duca
preferisce andare a recitare nell’ultra patriottico (e ultra repubblicano)
“Berretti Verdi” (1968), che per contenuti sembra quasi l’antitesi di “Quella
sporca dozzina”, che è un grande film di guerra, ma con un'anima quasi
anarchica e anti militarista che lo rende un capolavoro anche cinquant’anni
dopo, lasciatemi l’icona aperta che su questo punto ripasso.
Ecco, con Lee
Marvin però non è certo tutto pesche e crema, ma dopo Joan e Bette, Bob Aldrich
è il miglior regista al mondo per tirare fuori prove storiche da attori e
attrici capaci di trasformare in un inferno il set. Ora, Lee Marvin
per i due che non lo conoscessero è stato un monumento vivente, parliamo di uno
che ha lasciato la scuola per correre ad arruolarsi nei Marines nell’Agosto del
1942 (Storia vera) e ritrovarsi poco dopo nel pacifico a combattere contro
l’esercito imperiale giapponese.
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Come prendere a calci nel sedere le foze dell'Asse con stile: Lee Marvin. |
Durante la
battaglia di Saipan nel ’44 Marvin si becca una smitragliata beh, nelle
chiappe, ma anche il Purple Heart per il valore dimostrato sul campo, la
leggenda vuole che in ospedale abbia pianto, non per i buchi aggiuntivi
guadagnati sul lato B, ma per non poter più essere accanto ai suoi compagni al
fronte. Il passo successivo è stato quello di sfruttare la sua presenza e la
sua carriera militare per esordire al cinema, dove un paio di ruoli mica male
in linea di massima li azzecca (sì, sto pensando al bandito Liberty Valance di
un capolavoro quasi omonimo), ma il suo merito principale è quello di diventare
il monumento vivente per almeno tre generazioni. Ancora oggi quando sento
valutare gli attori sull’unica base della loro “Espressività”, sento
riecheggiare da qualche parte le risate di Lee Marvin, uno che di espressioni
ne aveva giusto una manciata, ma che si divorava i film a cui prendeva parte lo
stesso, proprio come fa qui.
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"Parlami di questa storia dell'espressività, voglio proprio sentirla". |
Certo, gestirlo
sul set per Aldrich è stato un gran casino, la migliore amica di Marvin allora
era la bottiglia, quindi spesso ciondolava pieno come un Irlandese a San
Patrizio sul set, cosa che ha creato più di un problema specialmente con un
altro membro del cast, ovvero
Charles Bronson che di vedere Marvin costantemente
ciucco aveva ben poca voglia. Charles Bronson e Lee Marvin, nello stesso film,
a questo punto i fanatici dell’espressività degli attori dovrebbe iniziare a
sentire anche loro risuonare delle risate in lontananza, ve lo dico così non vi
preoccupate.
La trama è
talmente famosa che mi sembra quasi superfluo citarla? Che faccio cito? (Come
direbbe Tarzan). Boh, insomma 12 pendagli da forza vengono radunati dal maggiore
John Reisman (Lee Marvin) per una missione suicida per cui non è il caso di
sprecare soldati veri, ma che potrebbe, se portata a termine, facilitare
l’imminente sbarco alleato. Trattandosi di Seconda Guerra Mondiale non credo
serva spiegare di che sbarco stiamo parlando.
L’obbiettivo è un
castello dietro le linee nemiche che diventerà presto la sede di un raduno dei
massimi vertici dell’esercito Nazista, una buona occasione per sfoltire un po’
di teste che contano assestando un colpo basso, ma efficace al Terzo Reich.
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Dodici pendagli da forca per fare la storia del cinema. |
Ditemi cosa
volete, ma il maggiore Reisman è il tipo di personaggio per cui mi piace fare
il tifo, non solo perché ha il volto di granito di Lee Marvin, ma anche perché
ha una totale insofferenza nei confronti delle regole, lui stesso al generale
di divisione Worden autore del piano (Ernest Borgnine che fa Ernest Borgnine
così bene che voi dovreste togliervi il cappello) mostra ben poca fiducia per i
tempi e i modi di questo suicidio organizzato. Di se stesso Reisman dice «Ho
poca simpatia per i ricami bado ai risultati», insomma un ufficiale sì, ma
pragmatico nei modi, uno che fa piuttosto che pontificare, poi chiedetevi
perché mi è sempre stato simpatico.
La banda di
bastardi che si ritrova a comandare ci viene mostrata sui titoli di testa del
film da Robert Aldrich con una carrellata talmente piena di miti e facce da
leggenda che potrebbe creparsi il vetro della televisione per eccesso di
gagliardezza! Un cast variegato anche nel tipo di esperienze al cinema,
composto da molti ex militari che nella seconda guerra mondiale hanno servito
davvero.
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Jim Brown riceve la gradita visita del più grande di sempre (Ali Bumaye!). |
Gente tipo il
campione della NFL Jim Brown che ha girato le sue parti nella pausa estiva tra
un campionato e l’altro, il cantante Trini Lopez autore delle celebre “If I Had
a Hammer” (che in italiano Rita Pavone ha trasformato in “Datemi un martello”
così so cosa avrete in testa per il resto della giornata), ma anche il già
citato Telly Savalas, l’esordiente Donald Sutherland nella parte del soldato
sciroccato che proprio granzie al successo di questo film, ha una parte quasi
identica in un altro classico “I guerrieri” (Kelly's Heroes, 1970). Questo è
talmente un filmone che può permettersi quel mito di
George Kennedy in un ruolo quasi secondario!
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Il futuro premio Oscar alla carriera Donald Sutherland, saluta i lettori della Bara Volante. |
Uno dei
personaggi più carismatici è sicuramente l’anarchico Victor P. Franko
interpretato con parecchie concessioni all’improvvisazione sul set (vecchia
abitudine dell’attore) da John Cassavetes, proveniente dal teatro e dal cinema
indipendente, ma fortemente voluto da Robert Aldrich, che ha avuto ragione anche
su di lui visto che Franko risulta davvero uno dei più carismatici di tutta la
dozzina.
Nei panni di un
minatore polacco, invece, troviamo proprio il mitico Charles Bronson, grande prova di immedesimazione per lui che, in
realtà, nella vita era figlio di un minatore sì, ma lituano (storia vera). Il
suo Joseph T. Wladislaw è sempre stato uno dei miei preferiti del mucchio, vuoi
anche per i suoi trascorsi, in fondo già da bambino in un Classido con i numeri nel titolo, aveva dato prova di saper
bucare lo schermo.
Armato di tutte
queste facce una più mitica dell’altra, Robert Aldrich non va certo sotto, ma
da bravissimo direttore di orchestra regala a TUTTI i personaggi i giusti
spazi, che tu abbia visto “Quella sporca dozzina” cento volte o sia la tua
visione numero uno, dopo pochi minuti hai già imparato tutti i nomi dei
personaggi a memoria, potete dire lo stesso anche di opere chiaramente ispirate
a questa come che so, degli Expendables di Sylvester Stallone?
Questo film diventa
un archetipo cinematografico talmente seminale che anche grandi Maestri del
cinema come John Carpenter hanno applicato lo schema del criminale bastardo spedito a risolvere una missione importante ma suicida. Uno schema così radicato in profondità nella storia del cinema che
ancora oggi persino i grandi Blockbuster della Distinta Concorrenza e della Disney,
di fatto, sono tutti nipotini colorati e pronti per il merchandising di questa
sporca dozzina di pendagli da forca.
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La "Suicidio squadra" gli spiccia casa a questi dodici bastardi. |
“The Dirty Dozen”
è assorto allo stato di classico non solo perché è un ottimo film di guerra, ma
soprattutto perché funziona alla grande come film d’azione e di avventura.
L’azione si trova quasi tutta nell’ultima parte estremamente coinvolgente, per
il resto del tempo Bob Aldrich mette su un’atmosfera di cameratismo e di
amicizia virile che ti prende per il bavero e ti tira dentro il film.
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Robert Aldrich mentre dirige le truppe sul set. |
La difficile
convivenza tra questa banda di bastardi va di pari passo con ottimi dialoghi. Personalmente ho sempre amato il modo in cui Lee Marvin spiega a Jim Brown
finito in galera per evitare di finire linciato da alcuni razzisti, proprio
combattendo i Nazisti avrà l’occasione di combattere contro i più grandi
razzisti del mondo. I dialoghi efficaci sono il termometro delle dinamiche di
gruppo ("Un gentil uomo del Sud ha messo in discussione la posizione dei
coperti") e funzionano alla grande applicati a personaggi che oggi al
cinema sarebbe impossibile vedere tipo il Maggott di Telly Savalas.
Di fatto, un
bigotto fanatico religioso che vede tutte le donne come sgualdrine che le Sacre
scritture gli ordinano di punire, no sul serio, siamo lontani anni luce dal
cinema buonista che vediamo oggi. Maggot è un cane sciolto, la scintilla vicino
alla dinamite che trasforma l’ultima lunga scena di tensione in uno dei finali
bellici più belli mai visti al cinema. Ho sempre trovato satirico e ironico il
fatto che Robert Aldrich decida di inquadrare una statua di Casanova,
sciupafemmine celebre per i suoi modi con l’altra metà del cielo, proprio
mentre Maggot è impegnato a strapazzare e a ricoprire di anatemi da vecchio
Testamento una biondina tedesca che ha avuto la sfortuna di finirgli tra le
mani.
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Un vero gentiluomo del Sud. |
Lungo i 145
minuti della sua durata, “Quella sporca dozzina” regala venti scene entrate
nell’immaginario collettivo e altrettante che a seconda dei gusti, sono certo,
potete elencare tra le vostre preferite. Lee Marvin che insegna a Trini Lopez
come arrampicarsi sulla corda usando il mitra come buona motivazione, oppure Charles
Bronson e la sua fissazione per il Baseball.
Nel corso del
film Bob Aldrich cementa il cameratismo del gruppo e ci fa affezionare a questa
sporca dozzina che impara a lavorare e pensare di squadra, guadagnandosi il suo
nome rifiutandosi tutti insieme di lavarsi e radersi. La scena in cui Donald
Sutherland si spaccia per il generale e passa in rassegna le truppe è pura
commedia, di quella ben fatta, mentre i giochi di guerra per dimostrare al
perfido colonnello Everett Dasher Breed (Robert Ryan… giù il cappello!)
l’efficacia sul campo della sporca dozzina rendono onore al cinema di
avventura e se quando li guardate sulla vostra faccia non viene fuori un
sorrisone come quello Ernest Borgnine, mentre capisce il trucco dello scambio
delle fascette colorate (ancora oggi la prima immagine che mi viene in mente
quando sento il nome di Borgnine. Storia vera), allora non vi conosco e non vi
voglio conoscere!
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"Sai, ho pensato ad una bella missioncina per cui uno come te sarebbe perfetto". |
Ma quando le cose
si fanno serie, lo fanno per davvero. Robert Aldrich maneggia alla perfezione
cameratismo e film di avventura, ancora oggi dopo cinquant’anni e
altrettante visioni del film, trapela chiarissimo il suo intento, ovvero
quello di mostrare la guerra come uno stramaledetto inferno dove non ci sono
eroi, forse se siamo fortunati solo dei pendagli da forca impiegati contro
un male ben peggiore di loro.
L’allegoria anti
militarista di Bob Aldrich serpeggia in ogni scena e anche se il film ha un
aspetto estremamente classico in grado di accontentare i papà alla ricerca di
un bel film di guerra come li facevano una volta, sotto sotto ha una vena
sovversiva che venne ben capita dai giovani in aria di ’68 di allora.
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Ho sempre sognato anche io di sfilarmi i pantaloni in scivolata in questo modo. |
Per Aldrich la
guerra è un fottuto massacro, non c’è nulla di eroico in un missione in cui se
porti a casa la pelle puoi considerati un miracolato e per farlo, molto
probabilmente devi fare qualcosa di orribile. La svolta tragica che prende il
piano perfetto messo su (e ripetuto nella martellante cantilena “16, avanziamo
con il diavolo in corpo, 17, sbuchiamo fuori come furie…”) va a donnine di
facilissimi costumi quando si scopre che i Nazisti sotto il castello hanno un
bunker e si barricano dentro.
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"Io li odio i nazisti dell'Illinois" (Cit.) |
La benzina e la
granate lanciate dentro le bocchette per l’aria oltre ad essere ancora oggi una
di quelle scene che ti fa venire le nocche bianche mentre ti ritrovi ad
arpionare i braccioli della sedia per la tensione strizza volutamente l’occhio
ai bombardamenti americani in Vietnam fatti a colpi di Napalm, perché in quel
bunker ci sono alti ufficiali del Reich, ma anche le loro mogli, no sul serio
John Wayne non avrebbe mai potuto prendere parte a questo film.
Il successo al
botteghino del film di Robert Aldrich è da capogiro, il maggiore incasso della
MGM del 1967, la sporca dozzina in diverse incarnazioni è tornata in azione in
una serie di film per la televisione come “Quella sporca dozzina II” (Next
Mission, 1985), “Quella sporca dozzina: missione di morte” (The Deadly Mission,
1987), “Quella sporca dozzina: missione nei Balcani” (The Fatal Mission, 1988),
insomma roba da ripassare la tabellina del dodici se per caso l’aveste
scordata.
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L'Avventura, quando ti colpisce al cuore a colpi di mitra. |
Ma ancora oggi il
film di Aldrich anche grazie a quelle facce scolpite nelle pellicola
cinematografica di Lee Marvin, Borgnine, Charles Bronson e tutti gli altri
rappresentano la quinta essenza del film da uomini, quello fatto di avventura,
azione e cameratismo. Il cinema che parla direttamente al cervello rettile di
noi maschietti, ma non solo di tutte le persone amanti del buon cinema, sono
sicuro che se mai arriverò ad avere sulla faccia le rughe di Lee Marvin, troverò
ancora qualcuno che si entusiasmerà tantissimo per questo capolavoro, che per
parafrasare il maggiore Reisman sta lassù tra gli immortali del cinema.
«Diamo anche a
quegli altri un posto tra gli immortali».
E qui crolla il cinema!!!! ^_^
RispondiEliminaQuando si dice "classico" in realtà si pensa sempre a questo film, imprescindibile e insostituibile.
Ricordo ancora l'emozione quando lo vidi la prima volta da ragazzino, con i miei. Ovviamente mio padre apprezzava più di mia madre il genere, ma quest'ultima non si lamentava, visto che c'era il suo attore prediletto Bronson (storia vera!)
E' uno di quei film della durata di dieci ore che non te ne accorgi nemmeno: non c'è un solo secondo di troppo, non una scena noiosa, non una trovata fiacca. Tutto va come deve andare (scusa se cito Max Pezzali!) e il risultato è quello delle grandi occasioni.
Non mostra un solo anno dei suoi 50, e ancora oggi è un manuale di cinema che nessuno può ignorare: e infatti tutti ci si rifanno.
Auguri, Dirty Dozen ^_^
Sentivo il bisogno di un Classido, questo compleanno casca a fagiolo ;-)
EliminaClassico film che normalmente le mamme apprezzano meno, per fortuna tu hai un patrimonio genetico di prima classe anche dal lato materno ;-)
Davvero dura un infinità ma il tempo vola, non ha un secondo che andrebbe cambiato, funzionano le parti leggere e quelle d’azioni, davvero un archetipo narrativo, tra 50 anni ci sarà ancora qualcuno che perderà dei battiti cardiaci per questo capolavoro ne sono certo. Cheers!
Grande articolo per un film eccezionale. Io in genere non amo i film di guerra ma hai ragione a dire che questo sembra più un film d'avventura e d'azione, infatti mi piacque da matti. Lessi anche il libro un botto di anni fa, e ne conservo ancora un buon ricordo. Il libro no, quello chissà dove l'ho perso... :-D
RispondiEliminaTi ringrazio moltissimo molto gentile ;-) Dici bene, per una buona parte di film non sembra nemmeno un film di guerra, a volte penso che fare un buon film d’avventura sia più complicato che farne uno di quasi qualunque altro genere, questo è una pietra miliare dei film d’avventura E dei film d’azione, una doppietta clamorosa per il buon vecchio Bob ;-) Cheers
EliminaVisto la prima volta in tv quando al cine pagavo il biglietto ridotto. Pensavo allora e penso oggi che sia una concessione allo happy ending il fatto che si salvino Marvin - che all'inizio del film deplora il fatto di aver presenziato ad una impiccagione perchè quello non è il modo in cui dovrebbe andarsene un uomo - e Bronson - che non era un pendaglio da forca come altri nella dozzina perchè condannato per aver sparato ad un disertore in assenza di testimoni - ma immagino che Bob Aldrich qualcosa abbia dovuto concedere alle logiche di Cinelandia.
RispondiEliminaHo chiesto a Mamma DC di trattare il loro Mister E filtrandolo attraverso la sensibilità del Savalas del film per farne una combo di Dredd e del Joker, ma i ragazzi al momento sono impegnati nel contare i dollars di cose come Bats incontra le Tartaninjas o i team up tra i llro storici picchiatelli in costume e Taddeo o Bags o Scooby-Doo e mi hanno detto che forse è il caso di rimandare. Pazienza. Ciao ciao.
Vero, anche secondo me il finale con i due attori più famosi in ospedale è una concessione a chi metteva i verdoni, ci vuole equilibrismo per fare i film, in cambio di quel finale (quasi happy) Bob Aldrich ha potuto piazzare stoccate mica da ridere che oggi al cinema non sarebbero più nemmeno pensabili, in 50 anni non è il film ad essere invecchiato, ma Hollywood che oggi quasi non si fida più delle intuizioni degli autori, purtroppo per noi.
EliminaSavalas è più toccato di Harley Quinn e del Joker messi insieme, Bronson prenderebbe a testate Killer Croc con una mano dietro la schiena e Lee Marvin con il suo mitra spara meglio di Deadshot ;-) Cheers
Già! Poi, sarà una mia impressione, ma i dialoghi erano più spumeggianti e brillanti! Boh!
EliminaFilmone assoluto da vedere e rivedere sempre in ogni occasione utile. Fa parte dell'a-b-c per chi mastica un po' di cinema come me o per chi ne sa a pacchi come te o come Lucius (dopo corro a leggere il suo post!). Due ore e rotti di film che però volano via. Personaggi memorabili, scene entrate di forza nella storia del cinema, battute scolpite nella pietra che si ricordano a distanza di anni, un piano folle e suicida e con degli attori... Dio, degli attori che non ne fanno più! Basta il solo Marvin a trasudare carisma. Ma se a lui aggiungiamo Bronson, Kennedy, Sutherland, Savalas, Borgnine,... Il tassametro del testosterone schizza in alto e raggiunge livelli stellari.
RispondiEliminaA memoria, con LA GRANDE FUGA (i due li associo spesso perché a casa mia viaggiavano in tandem), è uno dei film più copiati, citati o parodiati della storia del cinema.
Gran pezzo Cassidy. Veramente gran pezzo.
Davvero questo è l’ABC, d’estate mi riprende la voglia di guardarmi film di guerra, forse perché da bambino li guardavo d’estate non so, in ogni caso mentre rivedevo questo sempre con gran piacere, pensavo che non credo che mi stancherà mai rivederlo ;-) Il cast era azzeccatissimo e mitico già allora, in 50 anni lo è diventato ancora di più, Sutherland era praticamente al suo esordio in una parte minore, dopodomani ritirerà l’Oscar alla carriera, chissà quanti film moderni arriveranno un giorno ad avere questo livello di mito.
EliminaPassa da Lucius che ha una parola definita sul suo film di oggi ;-) Ecco bravo “La grande fuga” nei miei vari commenti spesso spunta, proprio perché è un altro archetipo narrativo, già destinato alla lista di Classidy è solo questione di tempo ;-) Grazie mille sempre troppo buono! Cheers
Più classico (o Classido!) di così si muore! Quasi quasi me lo riguardo anche io, questo è un vero capolavoro, me lo sono visto la prima volta che non avevo neanche 10 anni!
RispondiEliminaSiamo in piena zona archetipi, davvero in alto lassù tra gli immortali cinematografici, me lo sono rivisto qualche giorno fa è ancora figo come quando lo vedi la prima volta da bambino, sarà pure una frase fatta ma è così ;-) Cheers
EliminaL'ho recuperato in ritardo... Dovevo recuperalo prima questo cult!
RispondiEliminaL'Importante è che tu lo abbia recuperato, è un filmone ;-) Cheers
EliminaUn filmone e la tua può essere considerata la recensione definitiva, cos'altro aggiungere? ������
RispondiEliminaA me in questo film Cassavetes mi manda letteralmente in brodo di giuggiole... che prova la sua!!!
Voglio fare l'eretico: per me forse è quasi meglio di Marvin...
Se non fossi cresciuto con i film di Bronson e Marvin piangerei, ti ringrazio infinitamente... Bro-Fist! :-D Cassavetes qui è fantastico un ribelle senza causa più ribelle degli altri, non credo nemmeno che tu sia così eretico, il suo personaggio è uno dei più memorabili, Lee Marvin qui fa il Lee Marvin al massimo della sua forma, lo abbiamo già visto così anche se qui è al suo meglio, invece Victor Franko è unico ed è solo in questo film. Cheers!
Eliminadomani, in occasione del centenario della nascita di Robert Aldrich rispolvererò questa tua grandiosa recensione... ciao nè
EliminaVincenzo
Non vedo l'ora di leggere il tuo pezzo e grazie in anticipo per il link! ;-) Cheers
EliminaUno degli ultimissimi classici della vecchia Hollywood! Cast ben assortito e film avvincente. La scena in cui Savalas da di matto è davvero inquietante. Chissà perché Aldrich non viene mai troppo citato, Fu uno di quei registi che nel dopoguerra diede un’ ulteriore spinta al cinema americano e non solo. Già solo con “Veracruz”, western brillante che quasi anticipa di 10 anni gli spaghetti western e con Gary Cooper e Burt Lancaster alla grande, ma anche il resto del cast è in forma! E con un’ affascinante ambientazione messicana. Dopo oltre 60 anni più fresco e divertente di non pochi film di genere che escono oggi! Tornado a QSD, citato in una divertente scena di “Insonnia d’ amore”.
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