venerdì 26 maggio 2017

Il pasto nudo (1991): Ogni scarrafone è bell'a mamma soja


Lo avevo messo in preventivo che il momento di scrivere di questo film sarebbe arrivato, ora che ci sono, però, non riesco a non pensare a John McClane quando diceva: “Ma perché mi vengono certe idee?”. Benvenuti ad un nuovo capitolo della rubrica… Il mio secondo Canadese preferito!


La pagina bianca, le parole che prendono forma, il processo creativo della scrittura, come si fa a mostrare il non mostrabile? Come si fa ad adattare qualcosa di inadattabile come “Il pasto nudo” scritto da William S. Burroughs nel 1959? Semplice: non lo fai perché è impossibile, oppure in alternativa, lo lasci fare a Cronenberg e ti godi il folle risultato finale.

Ho avuto anche io la mia fase Burroughs in cui leggevo tutto quello che mi capitava sotto mano, non faccio il figo, de “Il pasto nudo” ci ho capito davvero poco, eppure questo film mi piace, perché non esiste niente di simile, ma anche perché Cronenberg riesce, come al solito a modo suo, in un’impresa non da poco.

Anche il mio secondo Canadese preferito ha avuto la sua fase Burroughs, anche più di una fase visto
che in gioventù, ispirato da Kafka e dagli scrittori della Beat Generation, Cronenberg voleva fare lo scrittore, poi, per nostra fortuna, è passato al cinema, ma i semi sparsi dai suoi attori preferiti hanno germogliato nei suoi film e considerando che Davide Birra ha sceneggiato gran parte dei suoi film, la scrittura è sempre stata una parte importante della sua arte.

Se non hai gli occhiali tondi sei un paperino, ma tanto a confronto di questi tre lo siamo tutti comunque.
Bill Lee (un perfetto Peter Weller che ha rinunciato al terzo Robocop per fare questo film) ad un certo punto dice: “Ho smesso di scrivere quando avevo dieci anni: troppo pericoloso.” E tra le tante frasi che aiutano a (cercare) di decriptare la scatola nera de “Il pasto nudo” questa è la mia preferita. Lo dico sempre che la continuità tematica di Cronenberg è soffocante, qui tenta ancora una volta di trasformare in immagini (quindi in cinema) qualcosa che non ha forma, che non possiamo vedere, ovvero i processi creativi e l’atto, intimo, quasi sessuale, della scrittura, esattamente come aveva già trasformato in cinema la telepatia (in Scanners) e gli organi interni (in Inseparabili).

L’idea geniale di Cronenberg è quella di mescolare la trama del romanzo, con alcuni eventi reali della vita di William S. Burroughs, anche lui uno sterminatore di insetti dipendente da sostanze che ha involontariamente ucciso la moglie giocando a “Guglielmo Tell”, fattaccio che è costato a Burroughs la bellezza di 13 giorni come ospite delle galere messicane (storia vera), ai tempi giù in Mexico era leggermente meno sensibili al tema del femminicidio ecco, mettiamola così.

Giochetti da NON fare quando si è fusi come delle scimmie.
Il nome del personaggio, Bill Lee, è il diminutivo di William Lee, pseudonimo usato dallo scrittore per firmare i suoi primi lavori e, a ben guardare, anche l’Interzona, in cui il personaggio scappa è il diminutivo di zona internazionale, ovvero come ai tempi veniva etichettato il Marocco, luogo dove Burroughs si è rifugiato per scrivere e dove ha iniziato una relazione con Kiki. Insomma, tutti dettagli che nel film Cronenebrg sfrutta per raccontare la sua versione de “Il pasto nudo”, che poi è anche il titolo del romanzo che Bill Lee sta scrivendo. Fino qui ha ancora senso, no? Ok, andiamo avanti.

Vita e opere dell’autore che si sovrappongono, quindi, ma Cronenberg non si fa certo sopraffare da un romanzo come “Il pasto nudo” anzi, non perde mai di vista le sue tematiche preferite e trova ancora una volta il modo per sviscerarle tutte con estrema continuità tematica e allo stesso tempo, a sdebitarsi idealmente con un autore che ha contribuito alla sua formazione artistica.

Poco prima dei titoli di testa, volutamente in stile Saul Bass per omaggiare il periodo storico in cui il film è ambientato, troviamo la frase di Hassan I. Sabbah, "Niente è vero. Tutto è permesso" che sembra quasi un'istruzione per l’uso al film, come a voler ricordare allo spettatore che non dobbiamo per forza credere a tutto quello che vediamo (la lezione di Videodrome che torna di moda), cercando di decodificare proprio tutto, quasi un invito a “Sterminare tutti i pensieri razionali", come dice Bill Lee descrivendo la sua tecnica di scrittura.

Questa volta per i titoli di testa non abbiamo badato a spese.
Trovo significativo che la polvere usata da Bill per uccidere gli scarafaggi, che lui (e sua moglie) utilizzano per strafarsi sia gialla come l’eroina, bisogna anche dire che nella prima mezz’ora il film ha ancora una parvenza di logica, sembra la storia di un tossico uxoricida che fugge in Africa per far calmare le acque, lavorare al suo libro, utilizzando le sue due dipendenze preferite (la droga e la scrittura) per dimenticare i sensi di colpa per il tragico finale del “Guglielmo Tell”.

Mi piace guardare “Il pasto nudo”, in vita mia mi è capitato di farlo cinque o sei volte, forse di più, ogni volta malgrado gli avvertimenti, mi sembra di riuscire a dargli un senso, ad esempio questa volta ho notato che Bill si risveglia dalle sua amnesie da tossico sempre in spiaggia e sempre ricoperto di sabbia (la polvere che usa per sballarsi?), come se l’Interzona fosse un luogo fisico, ma anche la metafora della sua dipendenza.

"Tanto smetto quando voglio, che ti credi".
La scena in cui Martin e Hank arrivano a sistemare i fogli sparsi che Bill non ricorda nemmeno di aver scritto perché fuori come un vaso di gerani, non è altro che quello che hanno fatto davvero Allen Ginsberg e Jack Kerouac per Burroughs, trasformando quei fogli nel suo primo successo, appunto “Il pasto nudo”. Quando li saluta, Bill dice agli amici: “Tutti sballano nell’Interzona, anche voi” e uno dei due gli risponde che vuole stare pulito e lucido per terminare il suo romanzo, quindi l’Interzona potrebbe davvero essere lo stato di “Droga party senza fine” del protagonista, ma sono sicuro che la prossima volta che rivedrò il film, giungerò ad un’altra conclusione ed è anche questo il bello de “Il pasto nudo”.

David Cronenberg ha scritto la sceneggiatura utilizzando un portatile Toshiba, questo perché si trovava sul set di “Cabal” (Nightbreed, 1990) di Clive Barker (storia vera), allo stesso modo, i personaggi de “Il pasto nudo”, vengono identificati dallo strumento che utilizzano per scrivere, nel loro caso una macchina da scrivere visto il periodo di ambientazione del film. Bill Lee è una Clark Nova, sportiva e perfetta per scrivere i rapporti che il personaggio è stato incaricato di redarre. Mentre ad Tom Frost (il grande Ian Holm… Non era una battuta sulla sua altezza giuro!) utilizza una Martinelli.

Ora capisco i miei colleghi che schifati scrivono solo con gli indici.
Questo fa di loro degli uomini/macchina, un altro tema molto caro a Cronenberg, un'unione tra corpi e macchine che non è solo platonica, ma anche fisica, sì, perché “Il pasto nudo” è un delirio freudiano, che mescola Burroughs, Kafka e l’ossessione/repulsione per il sesso, senza limitarsi a parlarci delle paranoie e delle visioni da tossico del protagonista, ma prendendo lo spettatore per il bavero e sbattendolo nel bel mezzo di quelle stesse visioni acide.

Gli insetti Kafkiani (come in La Mosca) tornano di moda e rappresentano la carne e il sesso (tre temi Cronenberghiani in uno) sono scarafaggi lascivi con bocche che sembrano orifizi anali e che implorano il protagonista di scrivere qualcosa dentro di loro, il gesto stesso di mettere le mani sui tasti delle macchina da scrivere diventa un rapporto sessuale tra uomo, macchina e carne come quello di Max Renn e la sua televisione in Videodrome. Che siano scarafaggi con tasti, o la testa di uno dei Mugwump, prendono forma, di solito forma fallica per essere precisi e si trasformano in Xenomorfi trombini, o altre anomalie dalle forme volutamente ambigue, anche comiche, perché nel film Cronenberg interpreta a suo modo anche l’ironia sotto acido di Burroughs.

Sarà ma io mi tengo la mia fidata tastiera, grazie lo stesso.
Ad esempio, quando Bill Lee in auto, inizia a raccontare la storiella del culo parlante (che altro non è che il racconto breve di Burroughs “The Talking Asshole”, recitato senza MAI cambiare faccia dal perfetto Peter Weller), sembra la classica barzelletta sconcia da bar che inizia tra risate e risatine e poi diventa seria, quasi drammatica, che poi è anche un po’ l’andamento del film. Si può ridere nel vedere Peter Weller seduto al bar con un Mugwump (di nuovo il discorso della barzelletta), ma la storia ti tira dentro nel (melo)dramma del protagonista che per sfuggire dai sensi di colpa del “Guglielmo Tell”, deve perdersi nella droga e nella scrittura, scavando alla ricerca del vero se stesso, sempre più a fondo e lontano, fino ad Annexia.

In un bar ci sono un Canadese, un Mugwump e Robocop...
La ricerca interiore del protagonista, come in molti film di Cronenberg, passa anche attraverso il sesso (pensate ai gemelli Mantle ad esempio), l’omosessualità di Burroughs è trattata dal mio secondo Canadese preferito con il suo stile, inizialmente Bill Lee sembra quasi omofobico (il ragazzo al bar che gli chiede “Sei una checca?”), per il protagonista sembra quasi che l’omosessualità sia un'infezione da cui tenersi alla larga, la scena della gabbia dei pappagalli di Cloquet, ad esempio, è puro body horror applicato alle paranoie del protagonista, che serve a sottolineare la sua repulsione.

Ma scrivendo i suoi rapporti con la sua lasciva Clark Nova, Bill Lee scopre se stesso, il sesso per Cronenberg è sempre l’elemento virale che scatena la rivoluzione (da Il demone sotto la pelle fino a Inseparabili) e pian piano inizia ad abbracciare la sua sessualità. Gli viene suggerito che “L’omosessualità è la migliore copertura per un agente” e che le donne appartengono ad un’altra specie.

Prevale l’ambivalenza sessuale di cui i Mugwump sono esperti, tanto che nella vetrina del negozio, quando lo strumento con cui il protagonista dà il via alla sua rivoluzione interiore, la Clark Nova appena acquistata, al suo posto, il negoziante mette una statuetta che rappresenta un Mugwump impegnato a sollazzarsi con un ragazzo, un chiaro omaggio alla stessa scena presente nel libro originale.

Come soprammobile così così, come adattamento del romanzo ottimo invece.
L’ambivalenza sessuale e l’impossibilità di distinguere tra la realtà e le visioni tossiche del protagonista, passano anche attraverso il personaggio del dottor Benway (il grande Roy Scheider), un uomo nascosto in un travestimento (anzi in un corpo) da donna, quando il dottore si strappa di dosso la pelle di Fadela, in una sola scena riassume la totale confusione sessuale insita nella trama, ma anche l’ironia di fondo della storia.

Confusione tra visioni e sesso che si ripete ad ogni visione de “Il pasto nudo”, il finale, infatti, è un nuovo inizio, uguale al precedente, come un tossico o uno scrittore che dice: “Domani smetto, questa è l’ultima volta”, oppure come me che ogni volta ci provo ancora ad interpretare questo film e che ricasco nelle vecchie abitudini.

Come la vecchia abitudine di chiamare Robert Silverman, al terzo film con Cronenberg.
In cerca di una droga più potente, di uno sballo più forte o di un'esperienza da scrittore più profonda, Bill lascia l’Interzona e ricomincia in un altro posto, Annexia,cercando di fuggire ancora dal suo senso di colpa, ma il Guglielmo Tell è sempre dietro l’angolo e i “Domani smetto” valgono ben poco.

Fin dai primi film Cronenberg non ha mai nascosto la sua intenzione di usare l’arte per provocare e William S. Burroughs è stato sicuramente uno degli artisti più provocatori di sempre, qualunque regista (anzi artista) di minor talento si sarebbe perso nell’impresa di adattare da carta a grande schermo un’opera come “Il pasto nudo”, Cronenberg no e rendendo omaggio ad uno dei suoi autori di riferimento, ha fatto un film davvero provocatorio, anzi diciamolo chiaramente: ci ha portato tutti ad Annexia. Benvenuti!

22 commenti:

  1. Devo essere franco: non c'ho capito na fava nè del libro, nè del film. :D

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    1. Apprezzo la franchezza e ti comprendo, del libro non ci ho capito moltissimo, del film ho sempre l’illusione di comprenderlo ogni volta meglio, sono giunto alla conclusione che preferisco godermi questa follissima arte così com’è ;-) Cheers

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  2. Quando lo guardo entro in trance, come fossi ipnotizzato. Peccato per Weller, adesso fa soltanto telefilm.

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    1. Vero, ogni tanto spunta in tv, mi ha fatto piacere vederlo recitare e anche dirigere alcuni episodi di “Sons of Anarchy” ad esempio. Per me è un grande, la prova che la famigerata espressività degli attori è spesso sovra stimata, e non così fondamentale per essere comunque comunicativi ;-) Cheers

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  3. Confesso che non ho mai avuto il coraggio di vedere il film (o leggere il libro). Temo che sarebbe un'esperienza troppo disturbante... E solo Cronenberg può mettermi agitazione anche senza vedere il suo film!

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    1. Il libro è un casino, ne apprezzo le singole parti ma non faccio il figo, il quadro generale mi sfugge. Il film forse riesco a comprenderlo un pochino di più, però dici bene, la specialità di Cronenberg è il “Colpo segreto del malessere” e non ha nessuna paura di utilizzarlo! ;-) Cheers

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  4. un trip visto anche lui al cinema, sempre con l'amica disgraziata, di cui non ricordo praticamente nulla se non che mi lasciò basita...

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    1. Roba da mettere fine ad un amicizia, o da cementarla per sempre, senza mezze misure ;-) La prima visione è davvero un esperienza, alcune scene fanno anche ridere, ma tutte sono fuori di testa, eppure ogni tanto mi piace tornare nell’Interzona, tanto smetto quando voglio ;-) Cheers

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  5. Gran film tratto da un romanzo infilmabile...Peter Weller enorme.
    Dopo anni di visioni tratte da un passaggio su Italia1, fu uno shock vedere il dvd con la versione non censurata...(SPOILER

    in particolare la metamorfosi di Cloquet e le sue conseguenze...FINE SPOILER)

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    1. Davvero, Cronenberg trova sempre il modo di filmare l’infilmabile, che sia la telepatia di “Scanners” o un romanzo di Burroughs. Ti capisco, ho sempre guardato tanti film registrati dai passaggi televisivi, alcuni casi di censura (spesso realizzati con tagli brutali e raffazzonati di montaggio) potevano cambiare senso ai film, non oso pensare cosa abbiamo fatto a “Il pasto nudo”, sarà durato 40 minuti ;-) Cheers

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  6. Voglio esser sincero. All'epoca pensai che si trattasse di un film erotico... Alla Tinto Brass!

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    1. Addirittura? No dai Tinto ci avrebbe messo molto più lati B femminili ;-) Però hai centrato il tema, il sesso è parte fondamentale della storia, anzi di tutta la filmografia di Cronenberg ;-) Cheers

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  7. Se non e' il piu' grande film di sempre poco ci manca. E ha fatto nascere una delle battute piu' memorabili dei Simpson ("Posso dire che in questo titolo ci sono almeno due cose sbagliate.")
    Bellissima recensione.
    Un saluto.

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    1. La battuta dei simpson è clamorosa va a braccetto con la capacità di Cronenberg di farsi largo in questo adattamento che per altri sarebbe stato impossibile, ti ringrazio moltissimo e grazie per il commento! ;-) Cheers

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  8. Io credo che, paradossalmente, proprio per la sua inadattabilità pedissequa "Il pasto nudo" sia in verità del tutto adattabile... purchè a farlo sia un'autore con il genio di Cronenberg! Quando lo vidi (tardino in verità) avevo già letto sia il romanzo in questione sia una biografia sintetica la quale mi permise di capire e quindi apprezzare i riferimenti biografici che Cronenberg ha sapientemente mescolato alla non-storia del romanzo!

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    1. Dici bene, ci vuole uno con l'intelligenza di Cronenberg però, nella seconda metà della sua carriera (quella meno body horror) ha saputo adattare romanzi, fumetti e opere teatrali che altri non avrebbero toccato nemmeno con un bastone molto appuntito ;-) Cheers

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  9. Sono un grandissimo fan di William Burroughs, scrittore che ha influenzato profondamente il mio lavoro di pittore e grafico. Vi consiglio di leggere altri suoi testi di chiara matrice fantascientifica come "Nova Express" e "Il Biglietto che é esploso".

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    1. Ti ringrazio, in effetti mi mancano davvero molti titoli di Burroughs, non mi risulta semplice leggerlo, ma quello che ho letto di suo mi è anche piaciuto, tra un punto interrogativo e l’altro ;-) Cheers

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  10. Ci credi se ti dico che è uno dei miei dieci film preferiti?

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    1. Ci credo si, poi tu hai anche la componente della “Deformazione professionale” dalla tua. Si usa troppo spesso l’espressione “Un film unico”, ma davvero trovatene un altro che somiglia a questo qui! ;-) Un adattamento impossibile, reso possibile da un grandissimo regista. Cheers

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  11. Questo è quello che mi ha più nauseato tra i film di Cronenberg, mi è piaciuto alla fine ma sono arrivato stanco alla fine.
    Questo è il suo unico film dove il protagonista non muore o subisce mutamenti ma cambiano le altre persone intorno a lui e anzi, lui riesce addirittura a scrivere il famoso libro

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    1. I mutamenti del protagonista ci sono, ma sono più interiori, come sarà sempre più frequente nella seconda parte della filmografia di Cronenberg. Cheers!

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