Quando ho
messo gli occhi su questo “The Witch”, noto anche con il sottotitolo di “A
New-England Folktale”, la prima cosa che mi sono chiesto è stata: come mai un
film, che ad una prima occhiata pare un classico horror, ha raccolto ovunque
votoni e commenti entusiasti anche nel giro dei critici più blasonati? Quindi,
ho fatto quello che faccio di solito in questi casi… Mi sono messo a studiare.
Scritto e
diretto dall’esordiente Robert Eggers, un barbuto ragazzo americano che ha passato
gli ultimi quattro anni a documentarsi, spulciando diari e scritti originali
delle comunità di Pellegrini che vivevano nel New England. Giusto per farci
sentire tutti in colpa, noi Topolino e Tiramolla, lui testi del 17esimo secolo
circa.
Ma il buon Roberto
Uovatore non si è limitato a questo, nel tentativo di essere il più accurato
possibile, per il suo film ha voluto attori scozzesi e inglesi, da far recitare
con accento e termini in linea con l’Inglese del 1630 o giù di lì, vuoi anche
per l’uso di termini desueti, seguire “The Witch” in lingua originale è stata
una bella lezione di Inglese.
Ma Eggers non
si è limitato a questo: scenografie costruite utilizzando materiali d’epoca,
costumi cuciti a mano e una fotografia (curata da Jarin Blaschke) tutta basata
sull’utilizzo di luci naturali e candele. Voi direte: eccesso di zelo da parte
di un regista che ha visto troppe volte “Barry Lyndon” e vuole fare il grosso?
No, una precisa scelta autoriale che contribuisce a rendere “The Witch” un gran
film, tra quelli visti quest’anno, uno di quelli che ho apprezzato
maggiormente.
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Protagonista del film e direttrice della fotografia. |
Un po’ per
convenzione, un po’ perché siamo Italiani e quindi a scuola non ci fanno
studiare mai la storia di quella parte del mondo che sta oltre la grande
pozzanghera chiamata oceano Atlantico (ma spesso nemmeno la nostra), ci
ritroviamo a pensare che i Padri Pellegrini fossero tutti dei signorotti inglesi a modino, tutti amicizia con i locali, tacchino e sterminio di massa,
Robert Eggers con il suo film d’esordio contribuisce a riportarci tutti con i
piedi per terra.
I protagonisti
della vicenda sono una famiglia di coloni, esiliati dalla loro comunità, per
manifesto eccesso di fondamentalismo religioso. Raccolti stracci e carabattole
s'insediano vicino ad una foresta, poco importa se da quelle parti si dice che
viva una strega, noi abbiamo Dio dalla nostra parte e nulla può andare male… E
qui iniziano i casini.
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"Ti prego Signore fammi arrivare sana e salva ai titoli di coda...". |
La figlia
maggiore Thomasin (Anya Taylor-Joy) è alle soglie della pubertà, cosa che ha
notato molto bene (insieme alla nuove curve della bionda) suo fratello Caleb (Harvey
Scrimshaw). Mamma Katherine (Kate Dickie) giudica la vita sulla base di cose che
vanno bene (grazie Signore) e cose che vanno male (lo zampino del Satanasso),
mentre papà William è tanto sicuro della sua fede, quanto disastroso in tutte
le attività da colono, quasi si fa saltare un occhio per sparare ad un
coniglio, ma in compenso come agricoltore è un disastro, non ha il pollice
verde necessario per impedire che il raccolto di mais marcisca malamente.
Il meglio per
la fine: i due gemelli Jonas e Mercy, riuscirebbero a far cambiare idea anche a
quei radicali ancora convinti che tutti i bambini siano bellissimi. Non solo
sono inguardabili, ma sono anche due discreti stronzetti dotati di risatina
irritante, che passano le loro giornata ad accusare Thomasin di stregoneria e
a parlare, sì, ho detto parlare, con uno degli animali della famiglia, un grosso
caprone nero, di nome Black Phillip. Ed è chiaro che qui il metaforone ci mette
le corna e anche la coda…
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Da oggi con il 100% di caprone satanico in più. |
In “The Witch”
ritroviamo la ricostruzione dell’America dei Pellegrini dell’M. Night Shyamalan
di “The Village”, però condita da una bella verniciata di Lars Von Trier che
non guasta mai, anzi, che guasta la situazione iniziale facendola marcire come
il mais di William.
Un film che
inizia come la ricostruzione delle vita nel New-England del milleseicento e
qualcosa, diretto da uno che ha fatto i compiti a casa, piano piano abbraccia
l’horror, grazie all'ambiguità dei personaggi e al meticoloso lavoro di ricostruzione,
storicamente impeccabile.
La paura, ma
anche solo il senso di angoscia, è qualcosa di molto soggettivo, personalmente
non trovo spaventoso qualcosa di palesemente orrendo e deforme, magari anche
minaccioso, penso che sia molto più sinistro qualcosa che ad una prima occhiata
sembra normale, tanto da farti abbassare la guardia, ma capace di nascondere al
suo interno, quel minimo sindacale di anomalia da entrarti sotto pelle ed è
proprio il tipo di angoscia che “The Witch” sfrutta ed alimenta.
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Tranquilli è tutto normalissimo... Forse. |
Leggendo su
vari siti in giro per l’internet, ho scoperto che Robert Eggers non ha mai
utilizzato computer grafica nemmeno per gli animali presenti del film, tutti
gestiti alla vecchia maniera sul set, ovvero grazie al lavoro di addestratori
specializzati. Il risultato è che gli animali si comportano da animali, al buon
Roberto tante volte basta inquadrarli nel modo giusto per sottolineare quanto
un grosso caprone nero possa sembrare profondamente sbagliato agli occhi di uno
spettatore moderno.
Sì, perché
grazie a quella ricostruzione così accurata, Eggers non fa altro che inclinare
lentamente il pavimento sotto i piedi di noi spettatori, facendoci scivolare
sempre più all’interno della storia e nel modo di riflettere di un colono del
17esimo secondo.
Questa
sospensione dell’incredulità quasi subliminale, sguazza nell’ambiguità di una
storia che non scopre mai le sue carte, ma getta sul tavolo parecchi spunti,
gli animali si comportano in quel modo strambo perché sono sotto effetto di
forze maligne? La strega esiste davvero, o è solo l’effetto collaterale di
una psicosi comune, dovuta ai precetti cattolici dei protagonisti e magari da
un avvelenamento provocato dal mais marcio (problema che viene sottolineato da Katherine
al marito verso la metà del film)? Non si sa, il risultato, però, è micidiale,
tutte le nostre certezze da spettatori del 2016, si riducono a “Sì, è una
strega!” oppure “No, non lo è”, mica male come coinvolgimento, no?
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Burn the witch (Burn to ash & bone). |
Una volta
che storia e personaggi sono allineati e il pubblico è coinvolto a questo livello,
Robert Eggers, mena il suo colpo più duro, a questo punto il regista non ha
nemmeno più bisogno di mostrare sangue e sbudellamenti a palate, gli bastano
qualche scena di paura ben fatta (tipo quella nel capanno nel finale) e il suo
cast che recita tutto di intensità, deliri religiosi e volti scavati. C’è una
scena con una crisi mistica quasi totalmente statica, ma che da sola
rappresenta un climax emotivo notevole e nel finale, che non rivelerò (vi
tocca vedere il film!), ad Eggers basta un primo piano e una voce fuori campo
per concludere alla grande il suo lavoro.
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"Ciao, sono il tuo nuovo animale preferito, dopo il cavallo di War Horse". |
Ho trovato incredibile come un film tanto curato nel dettaglio, riesca a non risultare un
freddo lavoro di neuroni, ma ti prende alla pancia, il risultato è che The Witch
ha tutto per coinvolgere chi ama i film d’autore, ma anche chi apprezza l’horror,
il fatto che sia anche un esordio alla regia, poi, rende il risultato finale
ancora più straordinario.
Il consiglio è
quello di guardarlo, magari facendo a pugni con la complicatissima
sintassi del 17esimo secolo e lasciarsi portare via dal caos generato
strategicamente da Eggers: una storia dove persino un caprone nero che ti fissa
dallo schermo ha qualcosa di sinistro.
Affascinante, suggestivo... ma c'è un problema.
RispondiEliminaPerò il problema è uno: per ambire a essere l'horror dell'anno, non fa paura.
E, nonostante mi sia piaciuto, l'ho trovato curato e un po' pretenzioso, come solo il cinema indipendente sa. Però pensavo di schifarlo come ho fatto con quel buco nell'acqua di It Follows, e invece no. ;)
(troppi "però", nel commento, e troppi "problemi": toglili a tuo piacimento. :-D )
EliminaNon per fare il figo, ma ci sono poche cose che mi spaventano, “The Witch” non posso dire che faccia paura tipo salto sulla sedia, ma la paura è qualcosa di soggettivo, e magari qualche spettatore farà dei bei salti. A mio avviso il vero valore di questo film è il modo in cui riesce a coinvolgerti, a quel punto spaventa (o inquieta a seconda del soggetto), di questo film ho amato il molto il modo in cui ti porta a valutare ciò che succede, pensando da Pellegrino del New Hampshire, e per quanto “It follows” fosse figo (per i miei gusti) questo ha meno buchi logici, tipo la scena della piscina per capirci ;-) Cheers!
EliminaFigurati nessuno problema, posso sostituire i “però” con “ippopotamo” e i “problemi” con “argano a motore”? Così per vedere l’effetto che fa ;-) Cheers!
EliminaCol tuo endorsement, Dolcetessò vorrà assolutamente... Ma esiste doppiato? Che sennò tocca fare ammè -.-
RispondiEliminaPer ora no, ho cercato di capirlo pure io, si spera di poterlo vedere al cinema. Se può consolare il non amante di horror dentro di te, secondo me prima di essere un film “De paura” è un ottima prova d’esordio di uno che pare proprio sapere il fatto suo, è un horror che potrebbero apprezzare anche quelli che normalmente guardano solo film d’autore, aspetto il vostro parere ;-) Cheers
EliminaE' 'anfatti per quel motivo che l'ho segnalato di mio pugno. io lo vedrò sicuramente ma per il lavoro filologico.Poi come storia in se è decisamente nel mio repertorio bibliografico ;)
EliminaIl lavoro filologico è ottimo, ma aspetto il tuo parere, per quanto riguardo la bibliografia, ho scoperto che uno dei miei autori preferiti, Mike Mignola, ha dichiarato che questo film lo ha fatto impazzire, e se lo dice un esperto di gotico come lui bisogna credergli ;-) Cheers!
EliminaQuel caprone è già inquietante di suo, bastava inquadrarlo per tutto il film e basta :-D
RispondiEliminaIn effetti Eggers non fa che fare questo… Voglio l’Oscar al caprone come miglior attore non protagonista ;-) Cheers
EliminaTroppi caproni per i miei gusti D
RispondiElimina:D
EliminaEh questo è un horror, quindi non è tanto il tuo genere, però è un bel film ;-)
Elimina\m/
Eliminamamma mia questo è un must, anche io sto per vederlo...
RispondiEliminaBene, aspetto il tuo parere sfregandomi gli zoccolo… Ehm volevo dire le mani ;-) Cheers
EliminaE' uno tra gli horror più attesi dell'anno per me, cercherò di guardarlo questo fine settimana!
RispondiEliminaAnche io lo aspettavo molto, adesso invece aspetto di sapere il tuo parere ;-) Cheers!
EliminaLo aspettavo anch'io, come tanti altri appassionati del genere horror, stando a quanto ho letto nei commenti qui sopra! :D
RispondiEliminaNon vedo l'ora di vederlo: so già che mi farà "arrabbiare" un po' (i film ambientati in quell'epoca tendono ad avere questo effetto su di me, e calcolando l'abilità "storica" del regista di cui hai parlato, certamente "The Witch" non farà eccezione...), ma mi aspetto qualcosa di memorabile! ;D
Questa cosa che i film sui pellegrini ti fanno arrabbiare va approfondita, anche io trovo ridicole quelle cuffiette, se ti può consolare ;-) Sperando che esca in sala, il film se lo meriterebbe... Cheers!
EliminaUn film vecchia maniera, ben costruito storicamente e scenograficamente...una bella scoperta oltretutto gli attori calati benissimo nella parte. Sicuramente non un capolavoro, ma una pellicola molto valida invece si ben lontana anni luce dal panorama moderno.
RispondiEliminaLa strega mi ricordava quelle che incontrava Macbeth in Macbeth si Polanski.
Bravissimo per esserti ricordato del film di Polanski, uno che aleggia su tutto il film con la sua presenza, sicuramente Robert Eggers si è visto e rivisto i suoi film. L'horror indipendente che arriva in sala di solito spacca, succede poco ma quando accede arrivano film così, dimostrazione che rispetto a quello popolare fatto di "Jump scare", tra i film indipendenti non manca il fervore creativo, per nostra fortuna! Cheers
EliminaApprezzato tantissimo!! E chiamato da noi in casa affettuosamente vi-vi-vič 😄
RispondiEliminaPovero Black Philip...da sempre considerato la pecora nera della famiglia...
A casa Philip, pare ci sia anche un Pink Philip, ma non ne parlano mai volentieri (questa non è mia, ma è così geniale che va citata). Cheers!
Elimina🤣😂 figata!
Eliminahttps://media.giphy.com/media/bSOKe5JXWdSLK/giphy.gif
Elimina"L'occhio della madre!" (cit.) ;-) Cheers!
Ahahah!! Ecco come passare da un caprone satanico a Fantozzi!!
EliminaLa Corazzata Black Philip ;-) Cheers
EliminaLa tua recensione in questi giorni, mi ha spinto a rivedere ancora una volta il film (la prima immagine con la Taylor Joy con la lanterna in mano, m'ha steso, in effetti ogni volta che aveva sta cosa in mano faceva da direttrice della fotografia), ci butto un pensiero anche mio :
RispondiEliminaPARTE 1
La speranza del nuovo cinema statunitense non viene dagli autoruncoli tanto pompati dalla critica prona agli oscar (l'academy infatti non si è filata per niente quest'opera anticonvenzionale e antisistema), ma da registi in ambito horror come Ari Aster e soprattutto Robert Eggers, che con questo The VVitch (2015), scritto sin dal titolo con due V al posto della moderna W, proprio come si faceva nei documenti e racconti del 1600, esplora l'irrazionale tramite un lavoro di accurata ricerca storica sulle fonti dell'epoca, come dichiarato al termine di questa sua folgorante opera prima, di cui ammetto averne sottovalutato la portata, poichè è innegabile che a più visioni ci si trova innanzi ad un vero e proprio capolavoro, il quale mostra sin da subito la mano di un regista veterano e abile con la macchina da presa nel costruire delle immagini angoscianti di puro orrore, trovando una strada originale nella messa in scena, riuscendo ad ancorare l'irrazionale fantastico-religioso e gli stilemi fiabeschi ad un lavoro certosino di ricerca storica.
Inizio 1600, New England, la giovane Thomasin (Anya Taylor Joy), assiste sgomenta al processo da parte della comunità religiosa in cui vivono, nei confronti di suoi padre William (Ralph Inenson), che a causa della propria interpretazione estremista della parola di Dio, viene condannato all'esilio (era troppo anche per i puritani), condannando la moglie Katherine (Kate Dickie) ed i suoi figli, ad un'esistenza precaria di stenti e fame, in una radura circondata da un bosco ostile, credendo tale luogo come benedetto, ma la sua fede ci metterà poco a scontrarsi con l'inospitalità del posto, la sterilità di una terra avara di frutti e l'incapacità dell'uomo di far fronte a tutti questi disagi, esacerbato il tutto dalla scomparsa del neonato Samuel, di cui viene accusata Thomasin, portando così a scontri tra familiari sino al quel momento sopiti. Come risultato William si chiude ancor di più in una visiobe di fede estremizzata, che vede gli esseri umani come irrimediabilmente corrotti dal peccato originale, la cui unica speranza di salvezza consiste solamente nella grazia di Dio secondo il suo imperscrutabile disegno, in piena aderenza ai dettami del luteranesimo; il che non lascia spazio alcuno al libero arbitro umano, nè alle azioni che egli può compiere in vita per garantirsi la salvezza (le opere non salvano diceva Lutero), poichè in stretta connessione con tali dogmi sulla predestinazione divina, Dio sin dalla nascita ha condannato una parte degli uomini alla dannazione ed un'altra alla grazia.
Una fede vissuta in questo modo non può che portare all'annichilimento dell'uomo, Dio/William decide e prende tutto senza dare nulla in cambio; Thomasin e suo fratello Caleb (Harvey Scrimshaw), giustamente si pongono domande su quanto sia mortificante tale visione di Dio; che peccati avrebbe commesso un neonato come Samuel si chiede giustamente Caleb, venendo però seccamente messo a tacere da un padre che non ammette repliche, perché la sua costruzione razionale del mondo attorno a Dio, vacilla giorno dopo giorno innanzi alla distruzione del proprio nucleo familiare, a causa di avvenimenti irrazionali, che egli si rifiuta di concepire in alcun modo, poichè fuori dai suoi concetti consolidati in materia teologica.
L'orrore di Eggers una volta tanto non risiede nell'elemento fantastico citato nel titolo, ma nell'uomo ed i rapporti che li legano agli altri, messi in scena dal regista aggiornando con efficacia i canoni dell'espressionismo Bergmaniano con venature alla Rosemary's Baby di Roman Polanski (1969), tornando alle avanguardie del cinema degli anni 20' nell'uso delle luci fioche, che lottano per rimanere accese inannzi ad un'oscurità sempre più opprimente, che si raffrorza nella sterilità affettiva di questa famiglia a cui Thomasin implora semplicemente di mostrarle solo un pò di amore, un segno a livello terreno atto a rinsaldarle quella fede in Dio a cui ogni giorno rivolge preghiere ed ammissioni di colpa, senza ricevere però alcuna risposta, il che la porta in un circolo meccanico di suppliche e mortificazioni ulteriori di sè stessa, prendendosi poi tutta la colpa di tutti i problemi accaduti nel nucleo familiare (coppe d'argento sparite, scomparsa di Samuel etc...), dove ci si accusa a vicenda di essere la "strega" a seconda su chi stia più sulle scatole in quel momento, senza cerare in alcun modo una concordia che permetta in una social catena di far fronte alle avversità dell'esistenza, poichè ognuno vittima dei propri egoismi personali, cominciando proprio dalla figura del padre, che ha condannato la sua famiglia alla sofferenza per mero moto d'orgoglio mascherato da fede ipocrita, mentre la madre chiusa nel proprio dolore folle e nelle futilità materiali, detesta apertamente la figlia accusandola delle numerose disgrazie; crollati gli adulti in un tale clima infernale, ci vuole poco per comprendere come si può far diventare strega, chi probabilmente non era destinata a diventare tale, se ci fosse stato nei suoi confronti un tangibile segno di affetto e fiducia nelle sue parole; l'orrore di Eggers nasce quindi dalla privazione dei bisogni umani totalmente assenti nella famiglia in cui si ritrova Thomasin, non in banali jump-scare da film dell'orrore da quattro soldi, qui inesistenti a favore di immagini inquietanti (corvo e Black Philiph su tutti), evitando con cura grazie alla sua abilità e alla bravura di Anya Taylor Joy capace di accentrare su di sè quei residui di luce svanente, per evitare di scadere nel ridicolo trash, giocando su una prestazione in cui emerge fino all'ultimo momento, pur nella caduta, il candore puro di una fanciulla, alla ricerca di un posto nel mondo che sia oltre un Dio assente la cui mortificante fede, l'ha solo annichilita a lungo, finendo con il liberarsi in una sinistra quanto invasata risata rigenerativa (sulla quale sarebbe stato meglio chiudere l'opera, senza proseguire con un ultimo frame che giudico meno severamente a quarta visione, ma poco convincente).
EliminaThe VVtch è il vero cinema dell'orrore, il cinema indipendente nella sua forma autentica che il Sundance festival s'era fatto portatore nella sua missione costitutiva, premiandolo con la miglior regia contribuendo a far scoprire non solo il talento di Anya Taylor Joy, oggi lanciata abbastanza ovunque (se ti vendi al sistema ti disintegro però), ma anche ad esibire l'indubbia bravura di un Raplph Inenson, così poco citato nelle recensioni, eppure capace di portare unire nella sua figura estremismo teologico ed orgoglio testardo, senza strafare nelle movenze, proprio come colui che in cuor suo sa di aver commesso un errore, ma per tarature mentali, è bloccato dal prendere l'unica vera scelta razionale, per fuggire da tale auto-distruzione innescata da sè. Costato appena 4 milioni, ne ha incassati al botteghino 40, lanciando Eggers tra i nomi da tenere d'occhio, arrivando a confermare il suo talento con Lighthouse (2019) e con il prossimo The Notherman (2022), in uscita ad Aprile in cui ritroveremo anche Taylor Joy, Inenson e Kate Dickie, in una rimpatriata che promette arte pura.
L'horror si conferma ancora la palestra per tanto buon cinema, lo è sempre staato per molti registi e per fortuna l'ultimo genera davvero diviso in "indipendente" e "per tutti" lo è ancora ;-) Cheers
EliminaSono molto curioso di vedere i prossimi lavori sia di Ari Aster ma soprattutto di Roberto Uovatore. Cheers!
EliminaEggers lo attendiamo tutti con Notherman che promette di essere un filmone, mi rileggerò pure Amleto a cui sembra rifarsi (ma spero anche si differenzi), ho molta paura per il remake di Nosferatu con Taylor Joy (brava ragazza a non dimenticare chi ti ha lanciato al cinema), ma spero non si schiantino entrambi con incoscienza in un progetto veramente titanico.
EliminaAster dopo Midsommar, lo attendiamo tutti quanti, non so però cosa stia preparando nel frattempo.
EliminaL'horror per chi lo sa fare è la palestra dei campioni.
Aster mi è piaciuto tanto anche con "Hereditary", vedremo cosa farà ora che ha dichiarato di voler provare altre strade lontano dall'horror. Cheers
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