domenica 8 novembre 2015

Born to Run: Corre da 40 anni e non ha nemmeno il fiatone


Qui alla Bara non riesco mai a parlare di musica come si deve, è colpa mia, perché se con il Cinema sono sempre alla ricerca del mio prossimo film preferito, quando si tratta di musica sono un ascoltatore pigro, devo ascoltare un disco mille volte come i bambini che vogliono rivedere sempre lo stesso film. Bene, tra i dischi che non ho mai smesso di ascoltare ci sono quelli di Bruce Springsteen, quale occasione migliore dei 40 anni di “Born to Run” per parlare un po’ di musica?

Sul finire del 1973, Bruce Springsteen è un giovanotto del New Jersey di 25 anni, al suo attivo solo due dischi, molto apprezzati dalla critica, ma non proprio dei successi commerciali, malgrado la giovane età, i critici lo hanno già etichettato come il nuovo Bob Dylan, anche se il Menestrello ha solo 5 anni più di Bruce. Con il senno di poi hanno tutti dieci decimi di vista, l’unico illuminato che capì tutto fu Jon landau, che dopo aver visto Bruce dal vivo all'Harvard Square Theatre in Massachusetts scrisse il famoso articolo con la frase: "Ho visto il futuro del rock'n'roll e il suo nome è Bruce Springsteen". Bob Dylan… Tzè!

Non sono un grande esperto di industria discografica, ma 40 anni fa l’occasione di fare un disco con una Major era una treno che passava una volta nella vita, o portavi incassi subito oppure eri fuori, ma questo non credo sia cambiato poi tanto nemmeno oggi.

La Columbia che pochi anni prima aveva offerto a Bruce un contratto discografico (Ricordate “Because the record company, Rosie, just gave me a big advance”?), dopo “Greetings from Asbury Park, N.J.” e “The Wild, the Innocent & the E Street Shuffle”, voleva da Bruce un disco che non fosse solo un successo di critica, insomma, voleva monetizzare. Era necessario quindi il disco della consacrazione, e cosa c’è di più americano dell’idea di un'unica opportunità per dimostrare quello che vali? Penso solo la torta di mele.


La classica posa alla Springsteen, di spalle e con la sua fedele Fender.
Fino a quel momento era solo un indiavolato ragazzo capace di suonare per ore, da qui uno dei suoi soprannomi “the devil with the Bruce dress on”, ma con le spalle al muro, Bruce si guadagnò il suo soprannome più famoso, coniato per lui dall’amico di sempre Steve Van Zandt: il Boss.

Radunata tutta la E-Street band iniziarono le registrazioni del disco in una casa fuori città, Bruce aveva già cominciato a scrivere i testi nel maggio del 1974, ma le registrazioni di “Born to Run” durarono in tutto 14 mesi. La sola title track del disco costò sei mesi di ininterrotte e assidue registrazione, continui esperimenti alla ricerca del suono migliore.

Con il piglio e il carisma di uno che il mondo chiama Boss e guidato da un sacro fuoco, Bruce porta i suoi verso la metà e non è stato un viaggio facile, lungo il percorso molti musicisti sono cambiati in corsa, come il batterista Vini “Mad Dog” Lopez, sostituito prima da Ernest “Boom” Carter durato pure lui lo spazio di un mattino e in via definitiva da “Mighty” Max Weinberg, ancora oggi batterista ufficiale della band.

Testardo Bruce lo è stato tutta la vita e non ha mai smesso, per lui “Born to Run” era un disco che doveva raccontare una storia, quella di un ragazzo in corsa alla ricerca di se stesso (e di un sogno americano effimero) sulle strade (di tuono) del suo paese, un disco con il coltello tra i denti, quindi: nessuno prigioniero, nessuna concessione, o se mi permettere la citazione ad un altro pezzo del Boss, nessuna ritirata, nessun resa.


The devil with the Bruce dress on.
Tutto doveva essere perfetto, testi, suoni, assoli, arrivando lui stesso a suonare al piano il pezzo della title track, Bruce ha spremuto i suoi come limoni, ora tutta la E-Street band ricorda quelle sessioni come un incredibile momento creativo, ma allora penso che solo il carisma salvò Bruce dall’ammutinamento.

“Born to Run” non è un album perfetto e forse non è nemmeno il migliore di Springsteen (ma qui entrano in ballo i gusti personali), ma è sicuramente il suo disco più importante, perché era l’album della verità con la Columbia, perché fu il disco con cui conquistò un credito praticamente illimitato (che dura tutt’ora), perché da questo partì il primo tour Europeo della band e diede il via a 10 anni incredibili caratterizzati da cinque dischi uno più pazzesco dell’altro.

Si apre con “Thunder Road” pezzo meraviglioso capace di risvegliarti dal coma (se non dalla morte stessa) per arrivare a quella folle, lunghissima malinconica e trascinante “Jungleland”, in mezzo la mia canzone preferita per aspettare il bus al freddo “Tenth Avenue Freeze-Out”, o la classica di tutti i concerti della E-Street band da lì fino alla fine del mondo, ovvero “Backstreets”, per quanto riguarda la title track non vi dico niente… Ci avete creduto?


Sono sicuro che quel cappello è finito nella prima fila molto presto...
La scrittura di Bruce è visuale, cinematografica, ascolti “Born to Run” e la musica ti suggerisce non solo le immagini, ma anche le inquadrature (The girls comb their hair in rearview mirrors…), la musica è quella giusta per correre, il ragazzo in fuga di “Thunder Road” (It's a town full of losers / I'm pulling out of here to win) passa a prendere la sua Wendy perché sono nati per correre e da allora non si è ancora fermato…

Il disco esce il 25 Agosto del 1975, sulla copertina la foto di Eric Meola immortala Bruce sorridente appoggiato a Clarence “Big Man” Clemons (ci manchi un sacco ragazzone…), il disco è un successo, il resto in questi casi si dice… E' storia. Bruce ce l’aveva fatta.

Raramente la musica, quando è troppo ricercata, funziona davvero, finisce sempre per perdere la sua freschezza, ma malgrado i 14 mesi di registrazioni ossessivo/compulsive, sfido chiunque a dire che “Born to Run” sia un disco fiacco o stanco, dopo 40 anni, è ancora fresco come un cetriolo, quando lo metti su, “Thunder Road” esplode ogni volta come se fosse la prima. In ogni vita bisogna correre e per quanto vi auguro di avere sempre accanto a voi le persone giuste, vorrei potervi dire che qualcuno verrà ad aiutarvi, ma lo sapete anche voi che a correre sarete soli, per farlo sarete voi a doverci mettere le gambe, i polmoni, il cuore e perché no, i cojones per farlo. Invece, per la musica di sottofondo… Ci pensa Bruce!

8 commenti:

  1. Personaggio incredibile, ha fatto da colonna sonora a molti della mia età.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Mi limito ad Amen ;-) Diciamo che ha tenuto a battesimo parecchie generazioni di fans, hai detto bene, colonna sonora della vita ;-) Cheers!

      Elimina
  2. Vabbè... Da Springsteeniana mi hai fatto quasi commuovere...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ti ringrazio moltissimo, sono in ritardo perchè il disco uscì ad Agosto, ma non potevo esimermi da fare gli auguri a questo capolavoro ;-) Cheers!

      Elimina
  3. Ecco, come volevasi dimostrare...quarant'anni portati alla grande...il 1975 è stato un grande anno...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Si esatto un anno che ci ha regalato un sacco di icone, molte delle quali invecchiate alla grande ;-) Cheers!

      Elimina
  4. Come dico sempre a Nella (grandissima sua fan), non sono un amante di Bruce... ma lo stimo molto!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La musica va a gusti, ma Bruce é persona degna di stima quello si ;-) Cheers!

      Elimina