venerdì 10 agosto 2018

Le avventure del barone di Munchausen (1988): Fantasia al potere (o potere alla fantasia)


Avanti miei prodi lettori! È il tempo dei ciclopi e dei giganti, di volare su una palla di cannone o su una bara, in cerca di un’altra avventura, no, non mi sono calato un acido (forse) è il momento del nuovo capitolo della rubrica… Gilliamesque!

Il successo di Brazil è stata la prima vera grande sfida vinta da Terry Gilliam contro i mulini a vento dei produttori, un trionfo di critica e pubblico per un film a tutt’oggi considerato oltre che una pietra miliare, forse il migliore mai diretto da Gilliam. Malgrado la lunga battaglia con il produttore Sid Sheinberg, la Columbia Pictures dà ancora una volta fiducia al nostro Terry. La storia del cinema ce lo ha insegnato, cosa fa un regista all’apice del successo quando dispone della fiducia dei produttori? Si getta anima e cuore sul progetto che sogna di dirigere da tutta una vita, il più delle volte finisce con un disastro, ecco, “Le avventure del barone di Munchausen”, ci costringerà tutti a rivedere il nostro concetto di disastro, perché se il Barone Hyeronimus Karl Friedrich von Münchausen nel film è perseguitato dalla Morte, beh il nostro Terry qui inizia la sua personale battaglia con una forza altrettanto potente ed implacabile: la sfiga!

A trent’anni dalla sua uscita, “Le avventure del barone di Munchausen” è ancora ricordato più per le difficoltà produttive che per il suo effettivo valore, il che è un enorme peccato per quello che mi riguarda, perché il film continua ad essere davvero molto bello, sono molto contento di avere la possibilità di scriverne proprio in vista dei suoi primi trent’anni, ma prima di fare i conti con la fama di questo film, parliamo della fama del suo protagonista.

I titoli di testa sono l’unica cosa su cui hanno risparmiato in questo film.
Il Barone Münchhausen (con due “H”) è stato un militare tedesco vissuto tra il 1720 e il 1797, prima luogotenente e poi generale della cavalleria russa sotto Antonio Ulrico, partecipò a non una, ma due campagne contro l’impero Ottomano, di lui si ricordano più la leggenda che i fatti, perché oggi lo sappiamo bene, ma già dal 1700 e qualcosa che le bufale hanno le gambe più lunghe della realtà, lo sapeva anche il barone, armato di una lingua lunghissima e nessuna parola di usarla, era quello che dalle mie parti chiamerebbero un “Cunta bale”, insomma un gran chiacchierone a cui piaceva attirare attenzione lavorando di fantasia attorno ai suoi racconti, la sua fama di quaquaraquà è così vasta che a portare il suo nome è anche l’omonima sindrome, patologia medica per cui il paziente si procura disturbi fittizi pur di attirare l’attenzione, ma anche svariate opere, tra le più celebri i racconti scritti da Rudolf Erich Raspe nel 1785, oltre a svariati adattamenti cinematografici, tra cui un cortometraggio del 1911 diretto da Georges Méliès, guarda caso uno visionario vero, come Gilliam, perché l’etichetta di “Regista visionario” se la beccano tutti, tranne quelli che se le meritano sul serio.

Facile capire perché il Barone abbia colpito l’immaginario di Gilliam, chi meglio di un personaggio così può incarnare la missione di Terry, di portare avanti un cinema che decanta le lodi della potenza dell’immaginazione e della fantasia come vera forza dominante? Penso proprio nessuno, ma in senso più ampio, delle balle, tante belle balle raccontate benissimo capaci di intrattenerti, entusiasmarti, ispirati e scaldarti il cuore, in fondo non è proprio quello che fa il cinema? Lo sappiamo tutti che in realtà è tutta finzione, ma come resistere al fascino di una grande storia ben raccontata? Io non ci riesco e se state qui a leggere di cinema, credo nemmeno voi.

“Quella bara non può volare”, “Come no? Vola tutto in questo film, perché non una bara? Sei scaramantica?”.
Peccato che per raccontarci questa storia, Gilliam ha dovuto fare i conti con l’ombra lunga della sfiga, girato tra Inghilterra, Spagna, Italia e Turchia, “The Adventures of Baron Munchausen” diventa un incubo produttivo funestato dalla sfortuna, qualche esempio? Gilliam è in Turchia per girare, ma i bellissimi costumi di Gabriella Pescucci (nominati all’Oscar insieme alle scenografie di Dante Ferretti), sono bloccati dalla temibile dogana Turca, quindi Terry è costretto ad aggiustarsi girando primi piani, piani lunghi, risultato?Il primo giorno di riprese Gilliam porta a casa, 42 secondi di girato utilizzabile, il secondo, invece, un successo: 35 secondi!

Ma non finisce qui, in Inghilterra Gilliam ha dovuto fare a meno dei cavalli per via della quarantena imposta per via della febbre bovina esplosa sull’isola, senza contare l’incubo di gestire set e spostamenti sparsi su quattro diversi Paesi, pare che per via dei vari ritardi di produzione, il film fosse giù sotto di due milioni di ex presidenti spirati stampati su carta verde, ancora prima che Gilliam chiamasse il primo ciak ufficiale (storia vera).

Quando pensate di aver avuto una brutta giornata di lavoro, ricordatevi di Terry.
Anche il casting è stato un bel pasticcio. Michael Palin rinuncia all’ormai tradizionale parte in uno dei film del suo amico Terry per via di precedenti impegni, per fortuna a tenere alta la “Quota Python” nel film ci pensa Eric Idle, nei panni del velocista (con coscioni e catene ai piedi per rallentarlo) Berthold. Sfuma anche la seconda collaborazione tra Gilliam e Sir Sean Connery, che avrebbe dovuto interpretare il re della Luna, ma che si tirò indietro quando leggendo il copione, capì che di regale nel personaggio c’era ben poco, ma lasciatemi l’icona aperta sulla Luna e il suo re, perché più avanti ci torniamo.

State tenendo il conto? Jabberwocky omaggio a Lewis Carroll, I banditi del tempo a Tolkien, Brazil interpreta al meglio George Orwell, mentre “Munchausen” è una libera interpretazione del libro di Rudolf Erich Raspe. Gilliam prende giusto spunto per alcune delle bislacche avventure descritte dal Barone per il suo film, ma a ben guardarlo, questo film sembra una versione in grande di “Time Bandits”, le avventure vissute dal Barone e da Sally, prima di ricongiungersi nella battaglia finale, sono episodiche come quella di Kevin e i nani, anzi a dirla tutta “Munchausen” chiude un’ideale trilogia con i film precedenti di Gilliam.

"Shark" con Jason Statham, tzè! Gilliam lo aveva già fatto!
Una trilogia sul potere salvifico dell’immaginazione che inizia con il piccolo Kevin di I banditi del tempo, continua con Sam Lowry giunto nel mezzo del cammin della sua vita e termina con l’anziano Barone Munchausen. In tutti e tre i film la realtà e la fantasia si mescolano e si sovrappongono, ma il Barone è l’unico dei tre protagonisti ad essere consapevole del suo ruolo di araldo dell’immaginazione, all’inizio del film lo troviamo vecchio e stanco di vivere in un mondo che ha rinunciato alla fantasia e lo vediamo fare irruzione interrompendo il disastrato spettacolo di Vaudeville impegnato a portare in scena... Beh, le avventure del barone di Münchausen, questa era facile, no?

Il film inizia subito forte, in piena età della ragione (un mercoledì), una città immaginaria sul mare è presa d’assedio dai Turchi, a gestire le trattative è il viscido funzionario Horatio Jackson (Jonathan Pryce che con la sola presenza si collega direttamente a Brazil, con un altro burocrate questa volta senza la fantasia di Sam Lowry) impegnato in una lunga e snervante trattativa senza senso, fatta di “Rese alternate” e cavilli legali che non risolvono mai davvero la situazione, anzi la portano avanti in eterno.

Occhio agli occhiali di Pryce, che cambiano in base alla “realtà” del film.
Ad interrompere lo spettacolo teatrale ispirato alle avventure del barone di Münchausen, arriva il vero barone di Münchausen (John Neville), oddio vero, può essere davvero reale un personaggio che dice di sapere come mettere fine all’assedio, perché in fondo sono lui e la sua scommessa con il sultano su una bottiglia di ottimo Tocai la causa della guerra? Ovviamente, non gli crede nessuno, nessuno tranne la piccola Sally Salt (Sarah Polley), l’unica disposta ancora a credere all’immaginario in un mondo che ha rinunciato alla fantasia , dove nemmeno più il vecchio barone vuole vivere ed è quasi pronto a lasciarsi prendere alla morte che Gilliam rappresenta nel modo più classico, ma efficace possibile: manto nero, teschio ali, non proprio il Tristo Mietitore de Il senso della vita, ma una rappresentazione medioevale della nera signora, realizzata con effetti speciali orgogliosamente vecchia scuola.

Questo barone è davvero chi dice di essere, oppure è solo un pazzo mitomane? Non è chiaro, di sicuro ha il carisma per farsi ehm, consegnare tutte le sottovesti delle signore della città e di usarle per cucire insieme un enorme mongolfiera fatta di mutande e al grido di «Signore non prendete freddo!» vola verso la Luna con l’intento di ritrovare i suoi vecchi compagni e salvare la città, a bordo con lui troverà la clandestina Sally che per testardaggine e capacità di abbracciare subito l’immaginario, potrebbe essere la sorella del Kevin de I banditi del tempo.

Una mongolfiera fatta di mutande, per volar via dalle vostre stupide guerre.
La missione mai abdicata da Terry Gilliam è quella di ribadire la potenza dell’immaginazione su ogni altra cosa, armato di una testa molto dura e una grossa dose di talento, l’unico Monty Python non inglese (almeno fino al 2006) ha sempre fatto un cinema orgogliosamente analogico, quasi artigianale, decisamente fuori dal tempo e di conseguenza costoso, la messa in scena di “Le avventure del barone di Munchausen” è grandiosa, basta la lunga carrellata sull’esercito assediante per farti pensare: ma quanto è costato questo film? Per altro, c'è tanta Italia qui, basta dire che la seconda unità di molte scene è stata affidata da Gilliam al nostro Michele Soavi (storia vera).

Elefanti, costumi barocchi, persino il naso posticcio di John Neville (che, per altro, gli creava più di una difficoltà nel bere e mangiare sul set, storia vera) sono un trionfo dell’analogico, in questo senso non esiste un personaggio più azzeccato del Barone Hyeronimus Karl Friedrich von Münchausen, per incarnare lo spirito di Gilliam e la sua idea di cinema. John Neville ha sbaragliato la concorrenza per la parte, anche se fino a quel momento aveva molta più esperienza come attore teatrale piuttosto che cinematografico (anche qui, il classico che ha la meglio sul moderno), ma da grande appassionato dei Monty Python non si è lasciato sfuggire l’occasione di essere diretto da Gilliam.

“Ah Terry Gilliam, un caro ragazzo, lasciate che vi parli di lui mie care signore”.
La sua prova è magnifica, Munchausen è sicuro di sé, capace di lasciarsi affascinare dalla bellezza, ma, soprattutto, è il più fiero araldo della fantasia possibile, uno che nel momento di dover affrontare un'avventura, ringiovanisce sotto i nostri occhi, oppure invecchia quando le cose vanno male, un personaggio quasi consapevole di appartenere all’immaginario che, però, incarna alla perfezione lo spirito con cui il suo regista si getta in una storia, oppure affronta le difficoltà produttive. Forse il vero alter ego del nostro Terry, perché parliamo di un personaggio per cui è del tutto normale salvare lui e il suo cavallo Bucefalo dall’annegamento in mare aperto, semplicemente tirandosi su per la coda dei capelli e, se proprio vogliamo dirla tutta, quante foto di Terry Gilliam avete visto in cui il regista del Minnesota sfoggiava a sua volta il codino?

Siamo sicuro che sia proprio Don Chisciotte e non Munchausen, il vero alter ego di Gilliam?
Per dirla alla Guccini: Munchausen è un romantico rottame, a tutti gli effetti un Don Chisciotte alla ricerca dei suoi Sancho Panza che, a ben guardarli, sono più romantici (ma soprattutto rottami) di lui, ognuno dotato di una specie di super potere che, però, con il tempo si è arrugginito, oppure è stato semplicemente dimenticato: Gustavus (Jack Purvis) con il suo super udito e i polmoni altrettanto potenti, Albrecht l’uomo più forte del mondo (Winston Dennis) e l’occhio di falco con occhiali a culo di bottiglia Adolphus (Charles McKeown) sono una banda di sgangherati eroi, tra i quali spicca il velocissimo Berthold (il grande Eric Idle), proprio lui è quello che passa più tempo al fianco del barone, il suo battibecco sulla luna è un vero spasso («Dopo tutto questo tempo, ti aspetti che io ti perdoni?» , «Si», «Va bene»), ma è il finale che mi affascina. Solo con il carisma e la sua assoluta convinzione di poter trionfare malgrado tutto, il Barone riesce a motivare i suoi compagni.

La scena in cui il superveloce Berthold, corre più veloce del proiettile sparato contro il Barone, per poi essere cazziato per mezzo secondo passato a prendere fiato («Alzati Berthold non posso fare tutto io!») è stata ripresa identica da Mark Millar in un fumetto degli “Ultimates”, con Capitan America nel ruolo del Barone e Quicksilver in quelli di Berthold. Mica male per uno che ha dichiarato di essersi rotto dei film con le supercalzamaglie.


Se ricordate il fumetto, guardate QUESTA e ditemi se non è un tana per Mark Millar!
Bisogna dire che per radunare tutta la squadra, il film ha un lieve calo di ritmo nella (lunga) scena sulla Luna, ma il risultato è talmente spassoso che tutto sommato è un difetto davvero minore. La lunga sequenza con i “Lunatici” (in tutti i sensi) è stata girata in totale economia, se il palazzo dei regnanti vi sembra volutamente una specie di “Italia in miniatura” è perché Gilliam, dopo aver drammaticamente bucato il budget del film, ha realizzato lui stesso i fondali come faceva ai tempi del Flying Circus, ritagliando figure di carta. Inoltre, se riuscite a non ridere troppo della sua buffa pronuncia dell’italiano («Bienvenuto alla luna, beeeene!») nella parte del folle “Re di tutto” come si presenta lui, potreste notare uno che somiglia a Robin Williams, che ha la faccia di Robin Williams e parla come Robin Williams, ma nel film si è fatto accreditare come "Ray D. Tutto" , per restare in linea con il suo personaggio dalla testa svolazzante, anche perché i soldi erano finiti e Williams ha preso parte al film gratis, giusto perché gli era molto simpatico Terry Gilliam (storia vera) e occhio, perché i due si ritroveranno di nuovo insieme, anche in questa rubrica.

Mi chiamo Ray D. Tutto, su un piatto vengo dalla Luna (quasi-Cit.)
La prova di Robin Williams Ray D. Tutto è uno spasso, l’idea di un personaggio che separato dalla sua testa diventa aulico, etereo (e pure un po’ sballato), mentre quando ha la capoccia sulle spalle si lascia guidare dai più bassi istinti è spassosa e monopolizza la parte centrale del film, almeno finché il Barone non riesce a far scappare Berthold dalla sua gabbia (un marchio di fabbrica per Gilliam, in quasi tutti i suoi film un personaggio finisce in una grossa gabbia) e si parte tutti alla volta dell’Etna per incontrare Vulcano (Oliver Reed) alle prese con uno sciopero di giganti, ma soprattutto la bellissima Venere, interpretata da una giovanissima Uma Thurman, dimostrazione dell’occhio molto, ma molto lungo di Gilliam in fatto di bellezze botticelliane (colpo che quella vecchia volpe di Terry ripeterà ancora nel corso della sua filmografia, restate da queste parti) e non utilizzo l’aggettivo a caso, visto che Gilliam ricrea sul grande schermo il celebre quadro “Nascita di Venere” con Uma al centro di un'enorme conchiglia. Questa è arte gente, poi dicono che a guardare tanti film non si impara niente, tzè!

La nascita di Uma, per lo meno dal punto di vita cinematografico.
Ma il buon Terry qui è davvero incontenibile, non perde nemmeno l’occasione di omaggiare quello che, a sua detta, è stato il primo film che ha amato, ovvero il “Pinocchio” (1940) della Disney, con i protagonisti divorati da un enorme pesce, poi chiedetevi come ha fatto il film ad arrivare a costare la bellezza di 43 milioni di ex presidenti spirati stampati su carta verde! Piccolissimo problema: una volta uscito nelle sale, “The Adventures of Baron Munchausen” ha raccolto l’ammontare di milioni di dollari, ehm… Otto. Sì, proprio otto, se per caso avete sentito parlare di questo film soltanto per i suoi guai, è perché alla fine questo pianeta è ancora in mano a chi giudica solo usando i freddi numeri, gli Horatio Jackson di questo mondo.

Un cameo di un secondo di Sting? Check!
Un vero peccato, perché “Le avventure del barone di Munchausen” è puro Gilliam al 100%, rivedendolo per questo speciale, ho ritrovato un film orgogliosamente analogico con un finale travolgente che, come detto, ricalca nella struttura quello de “I banditi del tempo”, anche qui una grande battaglia vede vincitori i nostri protagonisti, solo che avendo già bucato il budget Gilliam non si fa nessuno problema a mostrare il fortissimo Albrecht impegnato a roteare in aria tre navi da guerra nemiche, in uno scontro finale cruento, ma giocoso, che oggi sarebbe sicuramente realizzato con fredda computer grafica per far quadrare i costi di produzione.

Perché se celebrazione dell’immaginazione dev'essere che lo sia fino in fondo! Mentre sei ancora impegnato a lucidarti le pupille con l’enormità di questo finale, ancora una volta come per Brazil, Gilliam tira via a tutti noi spettatori il tappeto da sotto i piedi e dal trionfo si passa alla tragedia. Horatio Jackson il burocrate capace di far fucilare l’eroico ufficiale interpretato da Sting (che ha preso parte al film perché era il vicino di casa di Gilliam, storia vera!) per evitare che il suo eroismo ispirasse le masse, diventa la vera nemesi del Barone, se Münchausen è il fiero portavoce della fantasia, quello che mette fine all’assedio pensando “Fuori dalla scatola”, Jackson è il passacarte incapace di risolvere la situazione perché privo di fantasia e, siccome per Gilliam l’assenza di fantasia equivale a morire, Jackson diventa l’emissario della Nera Signora, in una scena di attentato che Gilliam ha voluto più simile possibile alla morte del presidente J.F. Kennedy (storia vera).

Come prendere sul serio il proprio ruolo di emissario della morte.
Ma nemmeno questo ferma il barone Von Gilliam e il suo alter ego nasuto, perché usando le sue armi (l’immaginazione e il cinema) bastano una carrellata e una riga di dialogo per battere anche la morte per riportare tutti i personaggi nel teatro dove tutta l’avventura è iniziata, con il Barone in piedi a raccontare. Il suo racconto era reale? Oppure ha lavorato parecchio di fantasia utilizzando i presenti come attori nella sua storia? Ma ci importa poi davvero? Il compito di una bella storia è quella di intrattenere e se va bene ispirare chi è disposto ad ascoltarla, il cinema non ha il dovere di essere realistico, così come non lo sono le storie del Barone, ma che comunque scaldano il cuore dei cittadini quel tanto che basta da spingerli a ribellarsi e a rompere l’assedio, liberandosi del grigio burocrate Jackson che, come dice Munchausen, con la sua guerra razionale, ha fatto solo morti.

"Per Frodo Sam Lowry!".
Se ci pensate il Barone di Munchausen nella versione di Gilliam, a suo modo, ha davvero battuto i burocrati, in barba a quegli scarsi otto milioncini portati a casa è ancora una favola sulla superiorità dell’immaginazione su ogni altra cosa, una bella balla, finta come il cinema stesso e capace di coinvolgere allo stesso modo che Terry Gilliam non ha ancora smesso di raccontare, se siete disposti a volare sopra una palla di cannone con lui. Se, invece, siete disposti a salire sopra una Bara Volante, questa rubrica continua, non abbiamo mica finito miei prodi lettori!

“Forse una bara sarebbe stata meglio, almeno avrebbe avuto le maniglieeeeeeee!”.

22 commenti:

  1. Hai proprio ragione a dire che è un film tra i più ingiustamente sottovalutati è quasi dimenticato. Io ricordo di averlo visto un paio di volte in videocassetta a inizio anni 90, poi mai più sebbene l'avessi adorato. Devo proprio fare qualcosa per riguardarlo di nuovo!

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    1. Anche se ho visto tutti i film di Gilliam parecchie volte, devo dirti che fino a questo punto della rubrica, quelli che hanno guadagnato ulteriori punti durante la visione sono stati proprio “I banditi del tempo” e “Munchausen”, che sono molto simili tra di loro e rappresentano, forse anche più di altri film più citati, l’idea di cinema di Terry. Conservo uno vecchio dvd Cecchi Gori, non proprio il massimo (anzi) però il film merita sempre ;-) Cheers!

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  2. Unan sola parola per descriverlo: Miiiitico!!!

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    1. Assolutamente sì, il Barone è stato il primo vero alter ego di Gilliam, più avanti nel corso della sua filmografia ne sono arrivati altri, e sono certo che lo sarà anche il suo Don Chisciotte, ma il Barone ha la precedenza ;-) Cheers

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  3. Bellissima recensione per un film che... Ricordo pochissimo! Ahimè.
    Lo vidi sicuramente con la scuola (primi anni ‘90) e poi credo solo un’altra volta un 10/12 di anni fa beccato per caso in tv. Mi ricordo la Venere della Thurman e il finale con il mix fantasia/realtà. Paradossalmente ho visto meno recentemente “I Banditi del tenpo” ma quello me lo ricordo perfettamente. Dopo questo splendido omaggio mi è venuta voglia di recuperarlo!

    Film spartiacque nella carriera del nostro Gilliam. Da qua in poi la sfiga (“Negation of pussy” come viene scherzosamente definita in “Lost in La Mancha”) non l’ha veramente più abbandonato!

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    1. I famosi banditi del “teNpo”... Ma come cazz@ scrivo stamattina?!?!

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    2. Chissà perché ti ricordi Uma in versione Venere, ma chissà come mai :-P Scherzi a parte, caldamente consigliato perché è il cugino grande di “I banditi del tempo” e ti assicuro ritroverai un grande film ;-)

      Shhhhhh! Che fai mi fai spoiler!? No sto ancora scherzando, quando questa rubrica arriverà dalla parti di “Lost in La Mancha” capirai che hai la capacità di vedere il futuro degna di Gilliam ;-) Cheers!

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    3. Vai tranquillo, è agosto, fa caldo, dai per fortuna è venerdì ;-) Cheers!

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  4. Aspettavo il tuo articolo su questo film, un film meraviglioso che ho amato alla follia. Ricordo che è l'unico film che andai a vedere al cinema insieme a mio nonno!
    Ho letto anche la raccolta di racconti che citi, ed è davvero piena di assurdità. Ricordo in particolare un episodio (ricordo più o meno, mi sembra fosse così) in cui il barone doveva affrontare un orso ma aveva perso il fucile, e gli erano rimaste solo la pietra focaia e l'esca per accendere la miccia del fucile stesso. Allora ha lanciato l'esca in bocca all'orso, gli ha girato alle spalle e gli ha lanciato la pietra focaia, ehm, nel, ehm, lì, così la pietra focaia ha incontrato l'esca all'interno del corpo dell'orso e l'orso è esploso! XD

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    1. Ahahaah ora vorrei che questa scena dell’orso fosse stata presente anche nel film! Si ora che me l’hai raccontata mi è tornata alla mente, e posso assicurarti che tra i film che ho rivisto per questa rubrica, fino a questo momento, proprio questo è quello che ho ritrovato ancora più bello, i vantaggi della rubriche a tema sui registi ;-) Cheers

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  5. Quello che conta davvero per noi Pythoniani/Gilliamiani non è quanto ha guadagnato, ma il suo enorme valore artistico e affettivo reso ancora più grande dalla solita sfiga a cui Terry è caparbiamente riuscito a tenere testa (come suo solito) ;-)
    P.S. Buone vacanze!

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    1. Sono pienamente d'accordo, questo film è davvero bello e solo Gilliam avrebbe potuto sfornarlo, il modo in cui reagisce alle sfighe poi è ammirevole. Grazie mille buone vacanze anche a te, anche questa rubrica farà un po' di pausa, ma gli altri capitolo in realtà sono già pronti, non tutti ma qualcuno si, il che vuol dire che ho ancora parecchi film di Gilliam da rivedermi, un buon programma per passare le ferie ;-) Cheers

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  6. El Diablo - Salve Cass! Ovviamente complimenti per le rubriche su quei mattacchioni dei Python e su Gilliam! Sul Barone che dire? Felicissimo di averlo visto in sala all'epoca, se penso che cotanta meraviglia abbia avuto così poco successo (almeno a livello di incassi) mi viene in mente una sola frase: Dare le perle ai porci!(ma d'altronde anche La cosa all'epoca se lo defecarono in pochi) Tornando ai Python, l' hai visto A liar's autobiograhy? Aspettando il mitico e lisergico Paura & Delirio, hola!

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    1. Grazie a te per la pazienza di leggerti tutto! ;-) Al cinema questo film deve essere stato fantastico, più vado avanti più realizzo che i film che preferisco, quando uscirono davvero vennero defecati da pochi. L'autobiografia del Dottor Chapman? Si visto, veramente lisergico, a mio avviso un po' incomprensibile se non si conosce bene la vita di Chapman, ma conoscendo la sua storia non è niente male ;-) "Paura & Delirio" è in arrivo, me lo sono rivisto, ne scriverò dopo questo periodi (breve) di vacanza ;-) Cheers!

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  7. Qualche tempo fa avevo visto una fiacca produzione televisiva tedesca (credo che si trovi ancora su Rai Play), ma questo film sembra decisamente meglio.

    P.S. Ma ci sarà un film dove Gilliam ha fatto il passo più lungo della gamba? Spero vivamente di no.

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    1. Si ho visto che esiste un altro Munchausen anagraficamente più giovane di questo, ma non ho a avuto modo di vederlo. Beh qualche volta ha rischiato, un capitolo di questa rubrica sarà dedicato anche a quello ;-) Cheers

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  8. Ma vogliamo parlare di come noi italiani, avevamo nticipato Gilliamo di 11 anni, nel visionario finale di qusto film ( quando i nostri film di genere avevano cmq una loro dignità filmica che oggi possamo solo sognare ) ?
    https://youtu.be/ohkbKwyxnyI

    Chissà, forse a Gilliam s è accesa la loampadna dopo averlo visto ....

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    1. Non conoscevo affatto questo film, una cosa fantastica! ;-) Potrebbero essersi ispirato al libro di Rudolf Erich Raspe? Chissà se Gilliam lo ha mai visto ;-) Cheers!

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  9. Dopo anni sono finalmente riuscito a vederlo! Avevo guardato la pellicola del 43, un affascinante e divertente racconto fantastico direttamente ispirato al libro mentre questa come detto è un misto di realtà e fantasia che ironizza sulle fantastiche avventure del barone. Curioso che quì ci sia l' inseguimento della morte mentre nell' altro uno dei temi fosse l' immortalità.
    Il tono brioso ed ironico evita la melassa e la messa in scena è davvero magnifica. Un film invecchiato per niente o quasi da questo punto di vista. Bellissima la scena del ballo per non parlare di quella sulle costellazioni! Uma Thurman nei panni di Venere... oh, mamma! XD
    Non immaginavo fosse così vicino nello spirito a IBDT ed è un peccato che "I fratelli Grimm e l' incantevole strega" non sia su questi livelli.
    Non sapevo nel dettaglio le traversie della produzione anche se un pò di tempo fa avevo letto qualche articolo dell' epoca.
    "I cancelli del cielo" di Gilliam. Peccato perché è davvero un bel film.

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    1. Uno di quei film che proprio come il capolavoro di Cimino (ottimo paragone) viene ricordato solo per gli scarsissimi incassi, quando invece andrebbe ricordato perché è una bomba! Cheers

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  10. Mi ricorda un altro film del periodo, "Erik il vichingo" dell' altro Terry dei MP. Simpatico, ma secondo me meno riuscito. Anche questo ha una scena ad Asgard davvero bella simile allo stile del film di Gilliam.

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    1. Divertente ma non mi ha mai fatto impazzire, anche se vorrei rivederlo in originale, l'ho sempre beccato doppiato purtroppo. Cheers

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