Un titolo come “I famelici” mi farebbe venir voglia di
vedere il film a prescindere, se poi mi compare sul pagione di Netflix
promettendomi degli zombie, dai come faccio a resistere?
Anche se dopo due minuti (o forse meno), ho capito che scritto
e diretto da Robin Aubert sarebbe stato un po’ diverso dal vostro solito (e
anche un po’ svalutato) zombie movie, anche solo per la collocazione geografica
e di conseguenza la lingua: una zona rurale del Québec occidentale, quella
parte di Canada dove si parla Francese, anche se io in francese so dire solo: "Voulez
vous coucher avec moi ce soir", frase con cui potrei passare delle belle vacanze
in Francia ora che ci penso. Oppure, garantirmi un soggiorno a vita nelle galere
francesi, penso più probabile la seconda. Tutto questo per dire che se nel
titolo del post ho insultato qualcuno, chiedo scusa, anzi, pardon. Woa! So due
frasi in francese!!
L’inizio di “Les affamés” ci regala un paio di scene
sconnesse tra loro, ma tutte senza dialoghi: un ragazzino che si mette in
marcia dopo aver seppellito i genitori, due ragazzi che si baciano ad una
specie di gara di Dragster (ma i
canadesi stanno in fissa con questo tipo di gare allora!) quando una terza signorina
si avventa su di loro, attacco di gelosia? Direi più che altro infezione zombie
in corso.
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Ciao bambina per nulla spaventosa, tutta sola in un bosco ancora più spaventoso! |
Basta il ritmo dei primi due minuti per capire che “I
famelici” è la classica pellicola che ha fatto prima il giro di tutti i film
festival tra cui Sitges e Torino, per poi di essere recuperata (forse dall’oblio)
da Netflix, mettete pure in preventivo quindi 102 minuti di ritmi lenti, pochi
dialoghi e tutto il corollario tipico del vostro film medio da film festival,
anche se, bisogna dirlo, tra alti e bassi, questo film qualche numero lo ha.
Ormai lo sapete, visto che lo ripeto fino alla nausea: i
primi minuti dettano il ritmo di tutto il film. Il primo dialogo che
sentiamo è una barzelletta, una di quelle vecchie che non fanno
ridere, raccontata da un amico all’altro, un attimo prima di salire sul loro
pick-up e lasciarci con un primo piano su un cadavere bruciacchiato. Da sola
questa scena ci dice già tutto: il film avrà solo dialoghi bruttini e piccole
pennellate horror qua e là alcune anche abbastanza riuscite.
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"Ragà, chi ha portato il pallone?". |
Certo, bisogna anche farsi largo in svariati momenti “MACCOSA”,
ad esempio i due amici, uno bianco e l’altro nero, che nella mia testa ho
deciso essere la versione Canadese di
Hap e Leonard e, quindi, ho soprannominato
Heureux e Lionard decidono di accostare per liberare dal fardello di una vita
da morti viventi, un paio di persone che conoscevano quando ancora respiravano.
Peccato che il nostro Lionard si addentri da solo nel bosco, con Heureux che lo
guarda imbambolato da lontano. Lionard, in quanto nero, in un film dell’orrore,
potete facilmente intuire che fine faccia, ma non senza che il regista Robin
Aubert allungando i tempi della scena, riesca comunque a creare la tensione
necessaria, quando l’uomo si volta e vede davanti a sé una donna infetta che
semplicemente gli sorride, proprio quel sorriso prima dell’aggressione risulta
abbastanza fuori luogo da strappare un brivido.
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Anche in Canada, se sei nero in un horror, preparati a salutare amici e parenti. |
Chiaramente Robin Aubert è abbastanza preparato da
abbracciare in pieno la lezione di zio George A. Romero, nessuna spiegazione
per l’origine dell’infezione, la storia inizia quando i giochi sono già stati
fatti, non è dato sapere se l’umanità stia vincendo o perdendo la sua lotta per
la sopravvivenza contro “Les affamés”, ma nel Québec rurale, sembrerebbe
proprio di no.
Aubert non ha certo un budget con cui può permettersi di
pasteggiare con aragosta e champagne sul set, ma la Leggenda George Romero
aveva anche meno soldi di lui nel 1968 quando ha rivoluzionato la storia del
cinema, quello che manca a Robin Aubert è la capacità di tratteggiare dei
personaggi per cui venga la voglia di fare il tifo.
Manca quasi completamente l’empatia per questi personaggi
che, a dirla tutta, sono anche recitati così così, quello che se la cava meglio,
o per lo meno, meno peggio è Marc-André Grondin, che interpreta Heureux che,
però, nel film si chiama Bonin, facendo saltare per aria la mia teoria sugli Hap
e Leonard Canadesi. Dannazione!
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Come si dice "Champion Joe" in francese? Mi perdoni, non son pratico. |
Il problema principale de “I famelici” è proprio questo: se
in una storia di zombie gli umani non sono il vero baricentro della storia, si
rischia di perdere l’interesse per le loro vicende. Se non altro per cercare di
portare a casa la pelle, i protagonisti qui non fanno le scelte idiote tipiche
del cast dei
Camminamorti, però allo
stesso modo, per parecchi minuti potrebbe capitarvi di ritrovarvi a guardare l’orologio... Vi avviso così lo sapete.
Quello che funziona tutto sommato abbastanza bene sono le
piccole pennellate horror che Robin Aubert riesce a spargere qua e là lungo la
storia, non potendo contare su un make up costoso, la realizzazione dei morti
viventi è essenziale, ma credibile e Aubert decide di correre ancora sotto l’ala
protettiva di George A. Romero, provando a portare il suo contributo all’iconografia
degli zombie.
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Quando all'inferno non ci sarà più posto i morti si porteranno la sedia da casa. |
Quelli di Aubert si fermano solo per fissare altissime
montagne di rumenta accumulate un pezzo alla volta, sedie, bambole, oggetti che
una volta facevano parte della vita quotidiana che diventano monumenti ad una
vita precedente. Ora, quale fosse l’intento preciso di Aubert con questa trovata
non lo so, immagino che sia il suo modo di interpretare la critica al
consumismo Romeriano, oppure il regista vuole solo dirci che gli zombie
sono accumulatori compulsivi... Non lo so, ma considerando che ha voluto inserire
una scena proprio di questo tipo, anche alla fine dei titoli di coda, si vede
che ci teneva proprio tanto.
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La notte degli accumulatori compulsivi. |
Dirvi che si tratta di un film di zombie che dovreste vedere
per forza, non me la sento proprio, ma se non altro è chiaro che a tutte le
latitudini di questo gnocco minerale che ruota attorno al Sole, ancora si
trovano registi che si abbeverano alla fonte di George A. Romero, ecco! Aubert
avrebbe potuto mettere i suoi zombie davanti ad enorme pile di DVD di film di
Romero, quello sarebbe stato davvero poetico!
Proprio non lo conoscevo... Ho perso il filo coi film di zombie. Pensare che la mia religione mi imporrebbe di guardarli tutti. Sigh...
RispondiEliminaSto cercando di riprenderlo, “The walking dead” mi aveva intossicato, ma in generale mi sa che siamo della stessa religione ;-) Cheers
EliminaGnam gnam, m'hai fatto venire fame con questo film. Fame di zombie, ovviamente :-D
RispondiEliminaCeeeeervello! Ceeeeeervello! :-P Sto scaldando i motori, spero di avere tanti zombie qui sulla Bara nei prossimi mesi ;-) Cheers
EliminaQuesto mi sa che lo salto a piè pari e spero che non si offenda nessuno. Un po' perché mi pare abbastanza moscio e un po' perché di zombie ne ho piene le pall... Scatole!
RispondiEliminaO esce qualcosa di un minimo originale che dia nuova linfa al genere, oppure mi sa che per zombie e infetti vari è stato detto tutto ed è tempo di metterli in cantina per qualche anno. Un po' come si sta facendo (a fatica) per i vampiri.
Lo pensavo anche io, in realtà due zampate le tira, e le tira pure bene, ma sono due zampate diluite in troppi minuti. Ti capisco, mi sto "Ripulendo" da TWD che mi ha intuppato le vene, ma la sono maschere horror troppo grandi, come i vampiri, possono essere inflazionati per un po' (ogni riferimento a fatti, cose, persone o Twlight è puramente voluto) ma torneranno sempre. Spero tu non sia troppo stufo perché ancora poco e poi qui sopra ci saranno zombie a perdita d'occhio, Zio Portillooooo i morti ti prenderanno, ti prenderannoooooo (quasi-cit.) ;-) Cheers
EliminaBeh, se tiri fuori quella famosa rubrica su Romero allora sono del club. Tessera n. 002.
EliminaMi sto facendo largo tra gli zombie ma arrivo, un Cassidy mantiene sempre la parola, considerati tesserato ;-) Cheers
EliminaNahhh. Non amo per niente gli zombie, quindi proprio no, anche se sembra avere certe vaghe velleità artistiche.
RispondiEliminaMa voglio dire: ritmi lenti, pochi dialoghi... per me no.
Moz-
Si qualche velleità non manca, il regista potrebbe sfondare con l'horror, oppure domani passare ai drammoni, per ora non è chiaro, sembra più tagliato per la prima categoria però. Cheers!
EliminaBenissimo. E' più bello, molto più bello "Virus' di Bruno Mattei. :D (giudizio mio dopo aver letto la recensione :D)
RispondiEliminaMa sicuro che "Virus" è più figo, di certo ;-) Cheers
EliminaArrivato ad un certo punto del film ho sputato una risata quando il tizio-jumpscare (miglior personaggio di sempre, a mani basse XD) è stato colpito al petto dalla ragazza.
RispondiEliminaEcco, a fine visione questo è quello che mi ricordo più.
Il film non è poi così male nel suo minimalismo però l'ho trovato un pò troppo ostentato. Non è che se fai un film dal ritmo lento o con pochi dialoghi automaticamente hai fatto un capolavoro, bisogna anche saper gestire le scene e i personaggi. In questo caso, hai l'impressione di conoscere i personaggi per metà, e per quanto si vada verso un finale tutto sommato malincoMico (l'idea della barzelletta è molto buona) non ti senti trasportare a pieno.
Grazie comunque per la recensione, mi piace scoprire titoli poco conosciuti!
PS: Agli zombie piace l'arte concettuale con tutte le sedie a montagna.
A me hanno fatto ridere certi dialoghi, che sulla carta sarebbero momenti di realismo, ma recitati da attori così così spesso sono solo tragicomici ;-) Anche secondo me l’idea è buona ma un po’ troppo orientata alla ricerca dell’autorialità, è un film con del potenziale realizzato da uno con ancora poca esperienza, si esatto, sono artisti, non fanno i cerchi nel grano come in un pezzo di Caparezza ma cumuli di sedie ;-) Cheers!
EliminaÈ talmente lento,che riesco a guardare contemporaneamente dark e capirlo...
RispondiEliminaVisto? Abbiamo trovato un modo per decriptare "Dark". Cheers!
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