venerdì 20 ottobre 2017

Il quarto uomo (1983): La tela della donna ragno


Un titolo alla volta siamo arrivati anche all’ultimo film della fase olandese del buon Paul, quello che oggi è protagonista della rubrica… Sollevare un Paul Verhoeven!


Spetters è stato un titolo che ha fatto enormemente discutere, il primo vero film scandalo della carriera di Verhoeven, ma anche un grande successo al botteghino, il nuovo lavoro del regista olandese è stato l’esatto opposto: molto apprezzato dai critici, nelle sale è andato così così, ma questo non vuol dire che si tratti di un brutto film anzi. Con “Il quarto uomo” Verhoeven fa un passo indietro e torna a collaborare con il produttore Rob Houwer, ma anche con il suo fidato direttore della fotografia Jan de Bont, il passo indietro non è una resa, ma un modo per guadagnare un punto di vista più ampio e, considerando quanto il discorso dello sguardo sia importante in questo film, perdonatemi l’ardita metafora.

Certo, il tentativo di riappacificazione tra Verhoeven e Rob Houwer dura giusto il tempo di questo film, visto che durante la lavorazione i due tornano a battagliare come al solito, ricoprendo i loro eterni ruoli di cane e gatto, ma l’ultimo film olandese di Verhoeven sembra quasi un modo per tirare le fila di tutta la prima fase della sua filmografia, l’occasione per farlo arriva nuovamente da un romanzo, ovvero “De vierde man” di Gerard Reve.
Facciamo un brindisi alla ritrovata intesa... Per ora.
Come per Fiore di carne, Verhoeven sceglie di portare sul grande schermo il romanzo di un autore popolarissimo nei Paesi Bassi e decisamente meno altrove, vuoi perché Gerard Reve è stato uno dei primi scrittori olandesi a dichiararsi omosessuale, ma allo stesso tempo fortemente legato ai valori del Cattolicesimo? Strano non sia il più venduto in uno strambo Paese a forma di scarpa di mia e vostra conoscenza.

Proprio questo tipo di contraddizione (se di contraddizione si tratta) sembra cucita dal sarto per il cinema di Verhoeven, malgrado il fatto che il buon Paolo abbia dichiarato il suo liberismo, anche sessuale e rivoluzionario con film come Fiore di carne e Kitty Tippel, proprio grazie al romanzo di Reve trova l’occasione per fare una sintesi del suo cinema fino a quel momento, ma anche di gettare spunti per idee che verranno poi sfruttate ampiamente nella sua fase americana. Lo so che ora è facile da dire, ma sono i vantaggi di analizzare una filmografia dalla poltrona comoda dell’anno 2017 ed io sono a favore delle comodità!

Per la parte del bukowskiano protagonista Gerard, Verhoeven vuole a tutti i costi il suo attore feticcio Jeroen Krabbé al suo terzo film con il regista, mentre per la parte del bello bello in modo assurdo Herman, il casting si compone da solo, la parte va a Thom Hoffman, l’unico che durante i provini ha avuto il fegato di baciare Krabbé alla francese (immaginatelo pronunciato come farebbe Gigi Proietti) durante il provino, storia vera.


"Uffa nessuno mi vuole baciare, eppure mi sono anche lavato i denti stamattina...".
Come al solito, il timido Paul apre il film toccandola pianissimo, sui titoli di testa mostra con dovizia di dettagli un grosso ragno impegnato ad avvolgere nella sua una mosca prima di divorarla, il tutto con un bel crocefisso sullo sfondo, roba da mettere subito a loro agio aracnofobici e Cattolici oltranzisti, così, tanto per gradire.

Gerard (Jeroen Krabbé) è uno scrittore piuttosto famoso bisessuale (dettaglio fondamentale per la trama) che convive con un violoncellista che sogna di strangolare già dalla prima scena. Proprio come in Fiore di carne Verhoeven apre il film con il protagonista che sogna di uccidere l’amante, segni di continuità, certo, ma anche un modo per dirci che i sogni conticchiano in questa storia.

In viaggio da Amsterdam a Flessinga dove dovrà tenere una conferenza sui suoi romanzi presso la Vlissingen Literary Society, Gerard ha parecchie visioni non tutte piacevolissime, sulla carrozza del suo treno è riprodotta una stampa di un quadro che rappresenta Sansone e Dalila, mentre la mamma accanto a lui sembra una specie di Madonna con bambino, intesa come signora mamma di Gesù non come Pop Star, eh!


Non so perché mi risuona in testa un pezzo famoso dei Depeche Mode.
Ma le visioni non finiscono qui, per lui anche quello su di un sinistro albergo, di una stanza (non a caso numero quattro) dove cola fuori un bulbo oculare spappolato, primi accenni alle scene quasi splatter che vedremo spesso nella fase americana del regista.

Dopo la conferenza Gerard conosce una bella biondina di nome Christine (Renée Soutendijk, la panterona di Spetters) che prima lo filma con una vecchia Super 8 e poi se lo porta a casa, alternativa sicuramente migliore che passare la notte solo, per altro, nello stesso albergo della sua precedente visione, una specie di TripAdvisor onirico in pratica... Comodo!


Hotel molto curato, camere pulitissime, visioni a sfondo mistico garantite!
Un film di Verhoeven, un uomo e una donna, cosa succede? Vabbè trombano dai, questa era facile su, da qui in poi la trama si complica. Christine ha un salone di bellezza tutto suo e con una sua linea di shampoo chiamata “Delilah" e in una scena taglia proprio i capelli al protagonista, ancora sconvolto dal sogno della notte precedente, quello in cui con lo stesso paio di forbici, la bionda gli tagliava un'altra cosa che di solito non ricresce, se siete maschietti vi lascio il tempo per portarvi le mani all’inguine facendo “Auch!”.

Il film preferito di Lorena Bobbitt.
Malgrado tutte le premonizioni Gerard perde la testa per l'androgina Christine e va ancora più sotto nella sua ossessione quando vede una foto del suo atletico amante Herman (Thom Hoffman il baciatore compulsivo di cui sopra), presto scoprirà, però, come mai Christine è così piena di soldi e perché il film si chiama “Il quarto uomo”.

Come avrete intuito tutta la pellicola è carica di simbolismi, per la scena del sogno nel sogno, Verhoeven ha dichiarato di essersi ispirato a quella (bellissima) del film “Un lupo mannaro americano a Londra” (1981) del suo (e mio) amico John Landis. Il regista olandese ha spesso inserito nei suoi film delle inquadrature ispirate all’iconografia cattolica, ne troviamo in Spetters e, come vedremo, non mancano nemmeno nel martirio di Alex Murphy in “Robocop” (1987), ma qui Verhoeven davvero va a tavoletta, anni dopo è arrivato a dichiarare di averlo fatto solo per far strizzare gli occhi ai critici più conservatori, cosa che non si direbbe affatto visto che questo abbondante abuso del simbolismo non appesantisce per niente il film, anzi aggiunge un secondo strato di lettura alla storia.

Con “Il quarto uomo” Verhoeven si muove agilmente tra i generi, talento che ha sempre dimostrato lungo tutta la sua lunga carriera, questo film è a tutti gli effetti un thriller di stampo classico con tanto di Femme Fatale, per di più bionda, roba da fare la gioia di zio Alfred Hitchcock. Ma allo stesso tempo ha dei tocchi totalmente horror ed è innegabile che sia un film erotico, anzi forse qualcuno lo definirebbe pure eretico visto l’utilizzo libertino che fa delle icone sacre.


Ecco tipo "La donna che visse due volte" però difficilmente lo vedrete al pomeriggio su Rete 4.
Maneggiare tanti generi tutti insieme condendo il tutto con dosi abbondanti di simbolismo esplicito è qualcosa che potrebbe divorare un regista di minor talento, Verhoeven, invece, procede dritto come un fuso in una storia che mescola Cattolicesimo e Paganesimo portando avanti tutte le ossessioni cinematografiche tipiche del regista.

Se il paragone con la rasatura di Sansone che lo priva dell’invincibilità è piuttosto palese, allo stesso modo lo sono i continui rimandi ai ragni, anzi alla vedova nera, l’insegna del negozio di Christine, quando tutti i neon rosa sono accesi mostra la scritta “Sphinx”, che in Olandese significa sfinge, ma siccome è difettosa e ogni tanto qualche lettera scompare, spesso leggiamo solamente “Spin” che vuol dire proprio vedova nera. Alla fine di questa rubrica potrò andare anche in vacanza in Olanda con il vocabolario che sto raccogliendo, figo!

Christine è la vedova nera che avvolge il protagonista nella sua tela, per Verhoeven sono sempre le donne a sconvolgere i mondi maschili, sono loro le vere forze della natura che irrompono nella vita dei protagonisti rivoluzionandole, lo faceva la Olga della burrosa Monique Van de Ven in Fiore di carne ed era la stessa attrice che in Kitty Tippel capiva che il corpo femminile era la sua vera arma con cui conquistarsi il potere. Qui ho trovato incredibilmente riuscito il modo in cui Verhoeven sia ci abbia mostrato la stessa attrice, Renée Soutendijk, prima molto sensuale in Spetters e qui altrettato, ma allo stesso tempo incredibilmente androgina. La Soutendijk, poi, è davvero brava, perfetta nel rappresentare un personaggio ambivalente, all’apparenza debole e bisognosa, in realtà fredda e affilata come un bisturi. Tutti i personaggi di femminili creati da Verhoeven hanno dei tratti in comune, ma Christine sembra la zia olandese che dopo essersi trasferita negli Stati Uniti avrà un giorno una nipotina chiamata Catherine Tramell.

"Sharon Stone stai buona in panchina che non è ancora il tuo momento".
Se in natura è sempre la femmina la più letale della specie, come diceva Rudyard Kipling, Verhoeven pare essere dello stesso avviso, ma alzando ancora l’asticella: per il regista le donne sono la versione 2.0 quella migliorata, con tutto sempre sotto controllo in perfetta contrapposizione con i personaggi maschili che, invece, sono quasi sempre mossi dagli istinti più bassi e finiscono martirizzati, come Eef in Spetters, come il già citato Alex Murphy o come Gerard qui in preda alle sue ossessive visioni.

Diventa fondamentale in tal senso che Gerard sia bisessuale, perché il personaggio è attratto in misura uguale dal corpo androgino della Soutendijk e da quello al 100% maschile di Herman, che viene rappresentato come un'icona di machismo quasi al limite della macchietta, che il protagonista letteralmente venera. A proposito di simbolismo spinto, la scena in chiesa dove Gerard abbraccia il corpo di Herman, che si trova dove normalmente sta un Gesù sofferente, ovvero sul crocefisso. Ricordate cosa si diceva prima delle scene messe dentro per far incazzare i critici conservatori, no? Ecco, appunto.


You always look on the bright side of life (scusatemi non ho potuto resistere!).
A voler ben guardare dalla poltrona comoda del 2017, questo è anche uno dei primi passi di Verhoeven nel suo percorso di demolizione dei (super) corpi maschili, un modo per ridicolizzarli che nella seconda fase americana della carriera del regista sarà un argomento molto in voga... Bella comoda questa poltrona, vero?

Di simbolismo in simbolismo, non manca nemmeno un discorso molto forte sullo sguardo, vi ricordate quando Hannibal Lecter suggeriva a Clarice Starling che «Noi desideriamo ciò che vediamo ogni giorno»? Ecco, vale anche il contrario, cioè che vediamo quello che desideriamo, infatti lo sguardo è una costante in tutto il film, quello distorto di Gerard che scherzando durante la sua conferenza fa battute sulla sua miopia, ma dichiara anche che «Essere Cattolico significa avere grande capacità d’immaginazione».


Benvenuto, Frodo della Contea Gerard dall'olanda, colui che ha visto l'Occhio (quasi-Cit.)
Infatti, i rimandi agli occhi e allo sguardo sono continui, il bulbo oculare spappolato che è una costante nei sogni del protagonista, oppure il fatto che sia proprio lui a spiare Christine ed Herman dal più classico dei buchi della serratura. Brian De Palma diceva che la sua macchina da presa mente in continuazione mente ventiquattro volte al secondo, infatti la prima volta che Christine “vede” Gerard lo fa attraverso una macchina da presa, perché la verità passa tutta attraverso l’occhio della telecamera, che poi è anche quello che dice lo stesso Gerard durante la conferenza, parlando del suo lavoro di scrittore dichiara «Io mento sulla verità. Se non so se è successo davvero lo trovo eccitante».

Come dice il saggio, la realtà non esiste, se non filtrata dalla finzione.
Nel finale, Christine con il suo punto della schiena insensibile (come le streghe nell’antichità) sembra quasi una forza pagana da cui il protagonista cerca di fuggire, rifugiandosi ormai perso nelle sue visioni sempre più a sfondo cattolico, non a caso invoca continuamente Maria, una donna sì, ma eterea, asessuata in pratica l’opposto di Christine.

“Il quarto uomo” è un altro ottimo film di Verhoeven, beccami gallina se sono riuscito a trovarne uno che non mi sia piaciuto tra quelli di questa porzione della sua filmografia, un ottimo modo per il regista olandese di concludere la prima fase della sua carriera e cominciare con quella successiva. Prossima fermata stelle e strisce passando dall’anno 1500, tra una settimana, stesso posto, stessa ora! 

Intanto non perdetevi la locandina d'epoca di questo film, direttamente dalla pagine di IPMP.

38 commenti:

  1. è un thriller da brividi, mi è piaciuto moltissimo, presto ne parlerò anche io ^^

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    1. Assolutamente, il thriller è un genere che si presta alle contaminazioni con altri generi, qui Verhoeven, che dei generi è sempre stato maestro, ci mette dentro l’erotismo e l’horror in parti quasi uguali. Eppure quando mi trovo davanti ad un bel thriller, uno fatto bene (anche con contaminazioni) mi esalto, è un genere difficile da fare, ci sono tanti film etichettati come thriller, che poi però non lo sono sul serio, ma non è questo il caso. Non vedo l’ora di leggerti, ho già apprezzato il tuo drittissimo pezzo su Robocop ;-) Cheers

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    2. eh grazie, cmq a inizio 2017 anche io ho cominciato a guardare i film dell'olandese, a cominciare da robocop, poi ho gisto il quarto uomo e poi per ultimo spetters che mi hai passato tu, devo dire che i lavori olandesi hanno qualcosa di interessante ^_^

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    3. visto, scusa la tastiera si è impiastricciata xD

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    4. Lo sono molto, ti consiglio anche gli altri, mi sono piaciuti tutti, “Fiore di carne” è un altro titolo notevole ;-) Cheers

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    5. Figurati io ho il cervello impiastricciato ;-)

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    6. " Eppure quando mi trovo davanti ad un bel thriller, uno fatto bene (anche con contaminazioni) mi esalto"

      Anch' io! ^^

      "è un genere difficile da fare"

      Già! Devi creare tensione senza strafare ne puoi esagerare con la caratterizzazione dei personaggi. Oltre ovviamente a creare un bel mistero o una bella indagine che interessi.

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    7. Poi di solito basta un attimo per finire all'interno di un altro genere, per quello penso se ne vedano così pochi. Cheers

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  2. A questo giro ho fatto i compiti a casa! Visto il "buio" cui sono stato costretto lo scorso weekend, ho studiato e mi sono sparato ben due film del nostro Paul: "Il Quarto Uomo" e il prossimo della lista (che attendo con ansia solo per vedre quante citazioni di BERSERK riesci a cogliere... Anzi, riformulo: quante volte BERSERK ha citato Verhoeven).
    Ma torniamo a questa pellicola che in pratica è fatta da due film sovrapposti. Uno, classico noir con femme fatale, uomo combattuto, sesso e carne&sangue. Rivisto dalla comoda poltrona del 2017 (io in divano...) sembra quasi le prove generali di "Basic Instinct" fatte 10 anni prima. L'altro film è quello derivante dal secondo livello di lettura della trama dove simbolismi religiosi (la Madonna col bambino, la crocefissione, Sansone e Dalila,...), pagani (Christine è una strega?) o metaforoni di facile comprensione (il ragno femmina che divora la preda, l'androginità di Christine) si fondono con la storia principale integrandola con esempi visivi ciò che il regista vuole trasmettere. Come rendere al meglio l'ambiguità sessuale legandola alla religiosità dell'autore del romanzo originale? Facilissimo! Date il materiale a Paul Verhoeven e ci pensa lui. Aggiunge poi, giusto per completare l'opera le visioni oniriche di Gerard che si trasformano in realtà mostrando la "follia" del protagonista. Dove l'ho già sentita? Ah già, qua qualcuno ne aveva parlato una volta... Mi pare un certo Cassidy trattando Carpenter e "Il Seme della Follia".
    Ribadisco ancora una volta: splendida rubrica e magnifica (ri)scoperta questa di Verhoeven. Rivedendoli adesso quasi quasi i film Hollywoodiani sono i "peggiori" della sua filmografia.

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    1. Per fortuna che sei tornato, ma hai impiegato il tempo in un ottimo modo ;-) Il pezzo del prossimo film è già pronto, incredibile come abbiamo utilizzato quasi lo stesso concetto riguardo a “Berserk”, metto le mani avanti dicendo che non sono l’uomo giusto per beccare tutte le citazioni perché purtroppo non ho mai letto tutti i numeri del manga di Kentarō Miura, giusto quelli iniziali, ecco quella è una lcauna che dovrei proprio colmare!

      Detto questo la tua analisi è cristallina, questo fra tutti è proprio il film con più punti in comune a “Basic Instinct" ma anche un bel punto della situazione della carriera di Verhoeven, anno 1983 ;-) Ti ringrazio molto il Maestro Carpenter è il mio barometro, quindi lo vedo (wink wink) un po’ ovunque, qui lo sguardo e i desideri del protagonista creano la sua follia, Gerard è un John Trent arrogante allo stesso modo, destinato a cadere nello stesso modo, ma spinto da pulsioni molto più… dei paesi bassi ;-)

      Per assurdo sì! Pensare che tra i “peggiori” ci sono due o tre dei miei film preferiti di sempre, e almeno un paio di titoli che hanno dato una bella spallata alla storia del cinema, beh mica male per la fase “calante” della carriera di un regista ;-) Grazie infinite! Cheers

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    2. Mio modestissimo parere: non siamo ai livelli di BASTARD!, ma pure BERSERK svacca alla grandissima nel lungo periodo. Però l'incipit con il flashback di Gatsu sulla sua storia e sulla sua amicizia/rivalità con Grifis è uno dei manga più belli mai scritti. Cupo, violento, cattivo ma "vivo", ricco di spunti interessanti e di citazioni (il film di Verhoeven "L'amore e il sangue" è la versione live di molti capitoli del manga di Miura). Poi dall'evocazione della Mano di Dio, la distruzione della Squadra dei Falchi e la "rinascita" di Grifis qualcosa inizia a scricchiolare. Per me BERSERK, quello vero, si ferma là. Il resto è fuffa. Ben fatta per carità ma sempre di fuffa si tratta.

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    3. “Bastard!” lo conosco ancora bene :-P Sbaglio o Miura ha pescato a piene mani anche da “LadyHawke”? Stava proprio in fissa con Rutger Hauer! ;-) Cheers

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    4. Qualcosa c'è anche di quello (le trasformazioni animali ad esempio) ma molto meno rispetto al film di Verhoeven. A proposito di Hauer, che razza di 1985 ha fatto? Praticamente l'ha passato in armatura e spadone!

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    5. Forse pensava fosse il 1885 ;-) Lui stesso intervistato sulla sua carriera dice sempre che 85 e 86 sono stati il suo apice, ne é molto consapevole lui stesso. Cheers!

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  3. Bellissimo articolo su un film che non ho mai visto, purtroppo! Dalla settimana prossima comincerai a muoverti su territori più conosciuti, ma un po' queste approfondite analisi sui suoi esordi mi mancheranno :)

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    1. Ti ringrazio molto, è stato un salto nel buio, non sapevo cosa mi sarei trovato davanti affrontando una filmografia di cui per metà, non sapevo assolutamente nulla. Ma sai che mi sono divertito come un bambino? Spero si sia capito, ho trovato film bellissimi che mi hanno lasciato entusiasta, ne esco con una stima per Verhoeven aumentata, ma partivo già da un altissimo livello!

      Prossima settimana ultimo film sconosciuto (per me), poi si passa ai titolo più famosi, per la prima volta li rivedrò tutti con occhi nuovi ;-) Cheers

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  4. Per rispettare la quarta regola del Bloggers Recognition Award, passo ad avvisarti che ho proseguito la catena... volevo dire il premio, anche se ho visto che già te ne sei accorto. ;)
    E quindi niente, grazie ancora!

    Riguardo al film, sembra molto 80s e non so se visto oggi è invecchiato troppo bene, però in quanto quasi prequel di Basic Instinct potrebbe essere interessante. :)

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    1. Si sì, ti tengo d’occhio anzi, mi piace come hai arredato il soggiorno, si vede dalla finestra di casa tua (musica di “Psycho” in sottofondo) ;-) Scherzi a parte, di cosa? Grazie a te.

      Si è molto anni ’80, ma ti dirò non è certo invecchiato male, nessuno usa gli smartphone ecco ;-) Lo consiglio per certi versi è davvero Basic Instinct prima di Basic Instinct, e forse anche più di Basic Instinct. Cheers

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    2. A me non è sembrato molto "anni 80".

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    3. Nelle location si, ma Verhoeven é un futurista ;-) Cheers

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  5. Non è certo un caso che Verhoeven utilizzi questi temi, conosco abbastanza bene la realtà olandese e ti posso dire che sotto un superficiale strato di liberismo la società dei Paesi Bassi è piena di queste contraddizioni.
    Non solo da parte dei Cattolici ma anche dei Calvinisti.

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    1. Vero, infatti procedendo con i suoi film, l’utilizzo dell’iconografia cattolica sta prendendo sempre più piede. Verhoeven è bravissimo a lavorare in quelle contraddizioni, ne parla, le descrive, però non moralizza mai, continuerà a portare in piazza i “panni sporchi” della società anche nei suoi film americani, ma è questo suo non essere mai moralista che trovo degno di ammirazione, beh insieme a tutto il resto ;-) Cheers

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  6. Grazie della citazione, anche se ovviamente non sono un "saggio": sono solo un nano etrusco sulle spalle di giganti :-P
    La citazione di Brian di Nazareth è ovviamente da applauso: Paul ne sarebbe orgoglioso!
    Ah, e faccio i complimenti allo Zio Portillo per aver fatto i "compiti" ^_^

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    1. Guarda ai giganti e dai ascolti ai nani.
      Esiste questo proverbio? Ho inventato un proverbio? Forse ho inventato un proverbio, ma il senso è quello, grazie a te. Non ho proprio potuto resistere è uno di quei film che cito ad ogni piè sospinto qui ci stava visto il contesto ;-) Cheers!

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    2. Grazie @Lucius! Cosa che nella mia carriera scolastica, per altro, non ho mai fatto...

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    3. I film ti fanno studiare, con piacere, come, di più e con più motivazione di quanto a mia volta, non abbia mai fatto a scuola. Qui ci starebbe quasi una citazione ad un pezzo di Springsteen ;-) Cheers

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  7. Cass, ho visto Spetters. Lo dico per anticipare la prossima frase: la Renèe mi pare più a suo agio nei panni dell'androgina (almeno a vedere la foto), piuttosto che in quelli della 'pantera fritta' vista in Spetters.
    Mi sembra di capire che questo film abbia poi ispirato il regista anche per il successo 'commerciale' di Basic Istinct.

    Comunque il ragno, ororeeeeeee. A me fanno schifissimo :D

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    1. Come ti è sembrato? Si qui è brava e migliore come attrice, considera anche che in “Spetters” era molto giovane, però anche lì non mi dispiaceva, ha dato un piglio trucido che a quel personaggio andava molto bene. Si esatto, visto ora sembrano quasi le prove generali di “Basic Istinct”.

      Ah guarda allora salta i titoli di testa di questo, perché mostrano ragni con dovizia di dettagli ;-) Cheers

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    2. Un film all'altezza della tua ottima recensione:) SPOILER Alla fine è la rivincita, tra i tre, di quello più sfigatello; l'uomo che meglio ha saputo affrontare le cadute della vita. Cosa che invece non avviene per il talentuoso motociclista: benché la scelta di togliersi la vita, tutto sommato, rappresenti un forte atto di coraggio e di ribellione.

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    3. Troppo buono, davvero troppo ;-) In effetti ha senso, io ho pensato ad una specie di resa, rispetto ai suoi grandi sogni di gloria, però alla fine ridimensionandosi è quello che campa meglio, mi piace la tua idea, saper affrontare le cadute, d’altra parte sono motociclisti ;-) Cheers

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  8. Qui siamo ancora al Verhoeven dei piani alti. Anche Flesh+Blood, però, a memoria mi pare sia semi-olandese. Poi lì, insieme a un certo Rut ben noto, c'è anche una certa J.J.L. a fare la differenza ;-)

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    1. Questo è un altro di quei film di Verhoeven che ignoravo completamente e che mi è piaciuto un sacco ;-) Si "Flesh+Blood" è una coproduzione, con un casting impeccabile, ne parleremo venerdì prossimo con dovizia di dettagli! Cheers

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    2. Non vedo l'ora... Post rated R anche tu? ;-)

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    3. I miei post sono tutti "Rated R" che sta per "Ritirati Rincoglionito" che poi è quello che dicono i lettori mentre li leggono ;-) Mi Sono divertito a scriverlo così come a vedere il film, quello si! Cheers

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  9. Il periodo in patria del regista l' ho sempre un pò ignorato. Vuoi perché sul Mereghetti leggendone la trama non mi incuriosivano, anche per i loro eccessi, vuoi perché in TV l' unico che sono riuscito a beccare è "Soldato d' Orange" tempo fa!
    Grazie alla tua rubrica sul mitico olandese ho deciso di darci un' occhiata partendo proprio da questo che mi incuriosiva di più. Mi è piaciuto soprattutto dal lato onirico ed ambiguo riguardo il passato di Christine con dei bei tocchi di regia ed un bell' uso del paesaggio costiero oltre ai personaggi ben caratterizzati. Un pò meno su quello sessuale dove mi è toccato vedere dei membri maschili e le sopracitate scene della baciata alla francese e del protagonista spione! XD Con fascino, ma questo tipo di "eccessi" non fanno per me. Infatti come detto adoro "Robocop" ed ADF, ma non mi piacciono BI e F&B.
    Con la scena del crocifisso si rischia il trash, ma Verhoeven riesce a metterci il tocco ironico.
    Ora sono indeciso tra "Spetters" e "Fiore di carne".

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    1. Oh guarda sono felice di essere riuscito a spingere altri a recuperare questi film che io stesso fino a poco tempo fa non conoscevo. Te li consiglio entrambi, magari inizia da "Fiore di carne" perché "Spetters" è il più esplicito. Vero la scena della crocefissione è al limite ma Verhoeven è bravissimo a gestire questo scene ;-) Cheers!

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