Un titolo alla
volta siamo arrivati anche all’ultimo film della fase olandese del buon Paul,
quello che oggi è protagonista della rubrica… Sollevare un Paul Verhoeven!
Spetters è stato un titolo che ha fatto enormemente discutere, il primo vero film
scandalo della carriera di Verhoeven, ma anche un grande successo al
botteghino, il nuovo lavoro del regista olandese è stato l’esatto
opposto: molto apprezzato dai critici, nelle sale è andato così così, ma questo
non vuol dire che si tratti di un brutto film anzi. Con “Il quarto uomo”
Verhoeven fa un passo indietro e torna a collaborare con il produttore Rob
Houwer, ma anche con il suo fidato direttore della fotografia Jan de Bont, il
passo indietro non è una resa, ma un modo per guadagnare un punto di vista più
ampio e, considerando quanto il discorso dello sguardo sia importante in questo
film, perdonatemi l’ardita metafora.
Certo, il
tentativo di riappacificazione tra Verhoeven e Rob Houwer dura giusto il tempo
di questo film, visto che durante la lavorazione i due tornano a battagliare
come al solito, ricoprendo i loro eterni ruoli di cane e gatto, ma l’ultimo
film olandese di Verhoeven sembra quasi un modo per tirare le fila di tutta la
prima fase della sua filmografia, l’occasione per farlo arriva nuovamente da un
romanzo, ovvero “De vierde man” di Gerard Reve.
 |
Facciamo un brindisi alla ritrovata intesa... Per ora. |
Come per
Fiore di carne, Verhoeven sceglie di
portare sul grande schermo il romanzo di un autore popolarissimo nei Paesi
Bassi e decisamente meno altrove, vuoi perché Gerard Reve è stato uno dei primi
scrittori olandesi a dichiararsi omosessuale, ma allo stesso tempo fortemente
legato ai valori del Cattolicesimo? Strano non sia il più venduto in uno
strambo Paese a forma di scarpa di mia e vostra conoscenza.
Proprio questo
tipo di contraddizione (se di contraddizione si tratta) sembra cucita dal sarto
per il cinema di Verhoeven, malgrado il fatto che il buon Paolo abbia dichiarato
il suo liberismo, anche sessuale e rivoluzionario con film come Fiore di carne e Kitty Tippel, proprio grazie al romanzo di Reve trova l’occasione
per fare una sintesi del suo cinema fino a quel momento, ma anche di
gettare spunti per idee che verranno poi sfruttate ampiamente nella sua fase
americana. Lo so che ora è facile da dire, ma sono i vantaggi di analizzare una
filmografia dalla poltrona comoda dell’anno 2017 ed io sono a favore delle
comodità!
Per la parte del bukowskiano
protagonista Gerard, Verhoeven vuole a tutti i costi il suo attore feticcio Jeroen Krabbé al suo terzo film con il regista,
mentre per la parte del bello bello in modo assurdo Herman, il casting si
compone da solo, la parte va a Thom Hoffman, l’unico che durante i provini ha
avuto il fegato di baciare Krabbé alla francese (immaginatelo pronunciato come
farebbe Gigi Proietti) durante il provino, storia vera.
 |
"Uffa nessuno mi vuole baciare, eppure mi sono anche lavato i denti stamattina...". |
Come al solito, il
timido Paul apre il film toccandola pianissimo, sui titoli di testa mostra
con dovizia di dettagli un grosso ragno impegnato ad avvolgere nella sua una
mosca prima di divorarla, il tutto con un bel crocefisso sullo sfondo, roba da
mettere subito a loro agio aracnofobici e Cattolici oltranzisti, così, tanto
per gradire.
Gerard (Jeroen
Krabbé) è uno scrittore piuttosto famoso bisessuale (dettaglio fondamentale per
la trama) che convive con un violoncellista che sogna di strangolare già dalla
prima scena. Proprio come in Fiore di carne Verhoeven apre il film con il protagonista che sogna di uccidere l’amante,
segni di continuità, certo, ma anche un modo per dirci che i sogni conticchiano
in questa storia.
In viaggio da
Amsterdam a Flessinga dove dovrà tenere una conferenza sui suoi romanzi presso
la Vlissingen Literary Society, Gerard ha parecchie visioni non tutte
piacevolissime, sulla carrozza del suo treno è riprodotta una stampa di un
quadro che rappresenta Sansone e Dalila, mentre la mamma accanto a lui sembra
una specie di Madonna con bambino, intesa come signora mamma di Gesù non come
Pop Star, eh!
 |
Non so perché mi risuona in testa un pezzo famoso dei Depeche Mode. |
Ma le visioni non
finiscono qui, per lui anche quello su di un sinistro albergo, di una stanza
(non a caso numero quattro) dove cola fuori un bulbo oculare spappolato, primi
accenni alle scene quasi splatter che vedremo spesso nella fase americana del
regista.
Dopo la
conferenza Gerard conosce una bella biondina di nome Christine (Renée
Soutendijk, la panterona di Spetters)
che prima lo filma con una vecchia Super 8 e poi se lo porta a casa,
alternativa sicuramente migliore che passare la notte solo, per altro, nello
stesso albergo della sua precedente visione, una specie di TripAdvisor onirico
in pratica... Comodo!
 |
Hotel molto curato, camere pulitissime, visioni a sfondo mistico garantite! |
Un film di
Verhoeven, un uomo e una donna, cosa succede? Vabbè trombano dai, questa era
facile su, da qui in poi la trama si complica. Christine ha un salone di
bellezza tutto suo e con una sua linea di shampoo chiamata “Delilah" e in
una scena taglia proprio i capelli al protagonista, ancora sconvolto dal sogno
della notte precedente, quello in cui con lo stesso paio di forbici, la bionda
gli tagliava un'altra cosa che di solito non ricresce, se siete maschietti vi
lascio il tempo per portarvi le mani all’inguine facendo “Auch!”.
 |
Il film preferito di Lorena Bobbitt. |
Malgrado tutte le
premonizioni Gerard perde la testa per l'androgina Christine e va ancora più
sotto nella sua ossessione quando vede una foto del suo atletico amante Herman (Thom
Hoffman il baciatore compulsivo di cui sopra), presto scoprirà, però, come mai
Christine è così piena di soldi e perché il film si chiama “Il quarto uomo”.
Come avrete
intuito tutta la pellicola è carica di simbolismi, per la scena del sogno nel
sogno, Verhoeven ha dichiarato di essersi ispirato a quella (bellissima) del
film “Un lupo mannaro americano a Londra” (1981) del suo (e mio) amico John
Landis. Il regista olandese ha spesso inserito nei suoi film delle inquadrature
ispirate all’iconografia cattolica, ne troviamo in Spetters e, come vedremo, non mancano nemmeno nel martirio di Alex
Murphy in “Robocop” (1987), ma qui Verhoeven davvero va a tavoletta, anni dopo è
arrivato a dichiarare di averlo fatto solo per far strizzare gli occhi ai
critici più conservatori, cosa che non si direbbe affatto visto che questo
abbondante abuso del simbolismo non appesantisce per niente il film, anzi
aggiunge un secondo strato di lettura alla storia.
Con “Il quarto
uomo” Verhoeven si muove agilmente tra i generi, talento che ha sempre
dimostrato lungo tutta la sua lunga carriera, questo film è a tutti gli effetti
un thriller di stampo classico con tanto di Femme Fatale, per di più bionda,
roba da fare la gioia di zio Alfred Hitchcock. Ma allo stesso tempo ha dei
tocchi totalmente horror ed è innegabile che sia un film erotico, anzi forse
qualcuno lo definirebbe pure eretico visto l’utilizzo libertino che fa delle
icone sacre.
 |
Ecco tipo "La donna che visse due volte" però difficilmente lo vedrete al pomeriggio su Rete 4. |
Maneggiare tanti
generi tutti insieme condendo il tutto con dosi abbondanti di simbolismo
esplicito è qualcosa che potrebbe divorare un regista di minor talento,
Verhoeven, invece, procede dritto come un fuso in una storia che mescola Cattolicesimo
e Paganesimo portando avanti tutte le ossessioni cinematografiche tipiche del
regista.
Se il paragone
con la rasatura di Sansone che lo priva dell’invincibilità è piuttosto palese,
allo stesso modo lo sono i continui rimandi ai ragni, anzi alla vedova nera, l’insegna
del negozio di Christine, quando tutti i neon rosa sono accesi mostra la
scritta “Sphinx”, che in Olandese significa sfinge, ma siccome è difettosa e
ogni tanto qualche lettera scompare, spesso leggiamo solamente “Spin” che
vuol dire proprio vedova nera. Alla fine di questa rubrica potrò andare
anche in vacanza in Olanda con il vocabolario che sto raccogliendo, figo!
Christine è la
vedova nera che avvolge il protagonista nella sua tela, per Verhoeven sono
sempre le donne a sconvolgere i mondi maschili, sono loro le vere forze della
natura che irrompono nella vita dei protagonisti rivoluzionandole, lo faceva la
Olga della burrosa Monique Van de Ven in Fiore di carne ed era la stessa attrice che in Kitty Tippel capiva che il corpo femminile era la sua vera arma con
cui conquistarsi il potere. Qui ho trovato incredibilmente riuscito il modo in
cui Verhoeven sia ci abbia mostrato la stessa attrice, Renée Soutendijk,
prima molto sensuale in Spetters e
qui altrettato, ma allo stesso tempo incredibilmente androgina. La Soutendijk,
poi, è davvero brava, perfetta nel rappresentare un personaggio ambivalente, all’apparenza
debole e bisognosa, in realtà fredda e affilata come un bisturi. Tutti i personaggi
di femminili creati da Verhoeven hanno dei tratti in comune, ma Christine sembra
la zia olandese che dopo essersi trasferita negli Stati Uniti avrà un giorno
una nipotina chiamata Catherine Tramell.
 |
"Sharon Stone stai buona in panchina che non è ancora il tuo momento". |
Se in natura è
sempre la femmina la più letale della specie, come diceva Rudyard Kipling,
Verhoeven pare essere dello stesso avviso, ma alzando ancora l’asticella: per il
regista le donne sono la versione 2.0 quella migliorata, con tutto sempre sotto controllo in
perfetta contrapposizione con i personaggi maschili che, invece, sono quasi
sempre mossi dagli istinti più bassi e finiscono martirizzati, come Eef in
Spetters,
come il già citato Alex Murphy o come Gerard qui in preda alle sue ossessive
visioni.
Diventa
fondamentale in tal senso che Gerard sia bisessuale, perché il personaggio è
attratto in misura uguale dal corpo androgino della Soutendijk e da
quello al 100% maschile di Herman, che viene rappresentato come un'icona di
machismo quasi al limite della macchietta, che il protagonista letteralmente
venera. A proposito di simbolismo spinto, la scena in chiesa dove Gerard
abbraccia il corpo di Herman, che si trova dove normalmente sta un Gesù
sofferente, ovvero sul crocefisso. Ricordate cosa si diceva prima delle scene
messe dentro per far incazzare i critici conservatori, no? Ecco, appunto.
A voler ben
guardare dalla poltrona comoda del 2017, questo è anche uno dei primi passi di
Verhoeven nel suo percorso di demolizione dei (super) corpi maschili, un modo
per ridicolizzarli che nella seconda fase americana della carriera del regista
sarà un argomento molto in voga... Bella comoda questa poltrona, vero?
Di simbolismo in
simbolismo, non manca nemmeno un discorso molto forte sullo sguardo, vi
ricordate quando Hannibal Lecter suggeriva a Clarice Starling che «Noi
desideriamo ciò che vediamo ogni giorno»? Ecco, vale anche il contrario, cioè
che vediamo quello che desideriamo, infatti lo sguardo è una costante in tutto
il film, quello distorto di Gerard che scherzando durante la sua conferenza fa
battute sulla sua miopia, ma dichiara anche che «Essere Cattolico significa
avere grande capacità d’immaginazione».
 |
Benvenuto, Frodo della Contea Gerard dall'olanda, colui che ha visto l'Occhio (quasi-Cit.) |
Infatti, i rimandi
agli occhi e allo sguardo sono continui, il bulbo oculare spappolato che è una
costante nei sogni del protagonista, oppure il fatto che sia proprio lui a
spiare Christine ed Herman dal più classico dei buchi della serratura. Brian De
Palma diceva che la sua macchina da presa mente in continuazione mente
ventiquattro volte al secondo, infatti la prima volta che Christine “vede” Gerard
lo fa attraverso una macchina da presa, perché la verità passa tutta attraverso
l’occhio della telecamera, che poi è anche quello che dice lo stesso Gerard durante
la conferenza, parlando del suo lavoro di scrittore dichiara «Io mento sulla
verità. Se non so se è successo davvero lo trovo eccitante».
 |
Come dice il saggio, la realtà non esiste, se non filtrata dalla finzione. |
Nel finale, Christine con il suo punto della schiena insensibile (come le streghe nell’antichità)
sembra quasi una forza pagana da cui il protagonista cerca di fuggire,
rifugiandosi ormai perso nelle sue visioni sempre più a sfondo cattolico, non a
caso invoca continuamente Maria, una donna sì, ma eterea, asessuata in pratica l’opposto
di Christine.
“Il quarto uomo”
è un altro ottimo film di Verhoeven, beccami gallina se sono riuscito a
trovarne uno che non mi sia piaciuto tra quelli di questa porzione della sua
filmografia, un ottimo modo per il regista olandese di concludere la prima
fase della sua carriera e cominciare con quella successiva. Prossima fermata
stelle e strisce passando dall’anno 1500, tra una settimana, stesso posto,
stessa ora!
Intanto non perdetevi la locandina d'epoca di questo film, direttamente dalla pagine di IPMP.
è un thriller da brividi, mi è piaciuto moltissimo, presto ne parlerò anche io ^^
RispondiEliminaAssolutamente, il thriller è un genere che si presta alle contaminazioni con altri generi, qui Verhoeven, che dei generi è sempre stato maestro, ci mette dentro l’erotismo e l’horror in parti quasi uguali. Eppure quando mi trovo davanti ad un bel thriller, uno fatto bene (anche con contaminazioni) mi esalto, è un genere difficile da fare, ci sono tanti film etichettati come thriller, che poi però non lo sono sul serio, ma non è questo il caso. Non vedo l’ora di leggerti, ho già apprezzato il tuo drittissimo pezzo su Robocop ;-) Cheers
Eliminaeh grazie, cmq a inizio 2017 anche io ho cominciato a guardare i film dell'olandese, a cominciare da robocop, poi ho gisto il quarto uomo e poi per ultimo spetters che mi hai passato tu, devo dire che i lavori olandesi hanno qualcosa di interessante ^_^
Eliminavisto, scusa la tastiera si è impiastricciata xD
EliminaLo sono molto, ti consiglio anche gli altri, mi sono piaciuti tutti, “Fiore di carne” è un altro titolo notevole ;-) Cheers
EliminaFigurati io ho il cervello impiastricciato ;-)
Elimina" Eppure quando mi trovo davanti ad un bel thriller, uno fatto bene (anche con contaminazioni) mi esalto"
EliminaAnch' io! ^^
"è un genere difficile da fare"
Già! Devi creare tensione senza strafare ne puoi esagerare con la caratterizzazione dei personaggi. Oltre ovviamente a creare un bel mistero o una bella indagine che interessi.
Poi di solito basta un attimo per finire all'interno di un altro genere, per quello penso se ne vedano così pochi. Cheers
EliminaA questo giro ho fatto i compiti a casa! Visto il "buio" cui sono stato costretto lo scorso weekend, ho studiato e mi sono sparato ben due film del nostro Paul: "Il Quarto Uomo" e il prossimo della lista (che attendo con ansia solo per vedre quante citazioni di BERSERK riesci a cogliere... Anzi, riformulo: quante volte BERSERK ha citato Verhoeven).
RispondiEliminaMa torniamo a questa pellicola che in pratica è fatta da due film sovrapposti. Uno, classico noir con femme fatale, uomo combattuto, sesso e carne&sangue. Rivisto dalla comoda poltrona del 2017 (io in divano...) sembra quasi le prove generali di "Basic Instinct" fatte 10 anni prima. L'altro film è quello derivante dal secondo livello di lettura della trama dove simbolismi religiosi (la Madonna col bambino, la crocefissione, Sansone e Dalila,...), pagani (Christine è una strega?) o metaforoni di facile comprensione (il ragno femmina che divora la preda, l'androginità di Christine) si fondono con la storia principale integrandola con esempi visivi ciò che il regista vuole trasmettere. Come rendere al meglio l'ambiguità sessuale legandola alla religiosità dell'autore del romanzo originale? Facilissimo! Date il materiale a Paul Verhoeven e ci pensa lui. Aggiunge poi, giusto per completare l'opera le visioni oniriche di Gerard che si trasformano in realtà mostrando la "follia" del protagonista. Dove l'ho già sentita? Ah già, qua qualcuno ne aveva parlato una volta... Mi pare un certo Cassidy trattando Carpenter e "Il Seme della Follia".
Ribadisco ancora una volta: splendida rubrica e magnifica (ri)scoperta questa di Verhoeven. Rivedendoli adesso quasi quasi i film Hollywoodiani sono i "peggiori" della sua filmografia.
Per fortuna che sei tornato, ma hai impiegato il tempo in un ottimo modo ;-) Il pezzo del prossimo film è già pronto, incredibile come abbiamo utilizzato quasi lo stesso concetto riguardo a “Berserk”, metto le mani avanti dicendo che non sono l’uomo giusto per beccare tutte le citazioni perché purtroppo non ho mai letto tutti i numeri del manga di Kentarō Miura, giusto quelli iniziali, ecco quella è una lcauna che dovrei proprio colmare!
EliminaDetto questo la tua analisi è cristallina, questo fra tutti è proprio il film con più punti in comune a “Basic Instinct" ma anche un bel punto della situazione della carriera di Verhoeven, anno 1983 ;-) Ti ringrazio molto il Maestro Carpenter è il mio barometro, quindi lo vedo (wink wink) un po’ ovunque, qui lo sguardo e i desideri del protagonista creano la sua follia, Gerard è un John Trent arrogante allo stesso modo, destinato a cadere nello stesso modo, ma spinto da pulsioni molto più… dei paesi bassi ;-)
Per assurdo sì! Pensare che tra i “peggiori” ci sono due o tre dei miei film preferiti di sempre, e almeno un paio di titoli che hanno dato una bella spallata alla storia del cinema, beh mica male per la fase “calante” della carriera di un regista ;-) Grazie infinite! Cheers
Mio modestissimo parere: non siamo ai livelli di BASTARD!, ma pure BERSERK svacca alla grandissima nel lungo periodo. Però l'incipit con il flashback di Gatsu sulla sua storia e sulla sua amicizia/rivalità con Grifis è uno dei manga più belli mai scritti. Cupo, violento, cattivo ma "vivo", ricco di spunti interessanti e di citazioni (il film di Verhoeven "L'amore e il sangue" è la versione live di molti capitoli del manga di Miura). Poi dall'evocazione della Mano di Dio, la distruzione della Squadra dei Falchi e la "rinascita" di Grifis qualcosa inizia a scricchiolare. Per me BERSERK, quello vero, si ferma là. Il resto è fuffa. Ben fatta per carità ma sempre di fuffa si tratta.
Elimina“Bastard!” lo conosco ancora bene :-P Sbaglio o Miura ha pescato a piene mani anche da “LadyHawke”? Stava proprio in fissa con Rutger Hauer! ;-) Cheers
EliminaQualcosa c'è anche di quello (le trasformazioni animali ad esempio) ma molto meno rispetto al film di Verhoeven. A proposito di Hauer, che razza di 1985 ha fatto? Praticamente l'ha passato in armatura e spadone!
EliminaForse pensava fosse il 1885 ;-) Lui stesso intervistato sulla sua carriera dice sempre che 85 e 86 sono stati il suo apice, ne é molto consapevole lui stesso. Cheers!
EliminaBellissimo articolo su un film che non ho mai visto, purtroppo! Dalla settimana prossima comincerai a muoverti su territori più conosciuti, ma un po' queste approfondite analisi sui suoi esordi mi mancheranno :)
RispondiEliminaTi ringrazio molto, è stato un salto nel buio, non sapevo cosa mi sarei trovato davanti affrontando una filmografia di cui per metà, non sapevo assolutamente nulla. Ma sai che mi sono divertito come un bambino? Spero si sia capito, ho trovato film bellissimi che mi hanno lasciato entusiasta, ne esco con una stima per Verhoeven aumentata, ma partivo già da un altissimo livello!
EliminaProssima settimana ultimo film sconosciuto (per me), poi si passa ai titolo più famosi, per la prima volta li rivedrò tutti con occhi nuovi ;-) Cheers
Per rispettare la quarta regola del Bloggers Recognition Award, passo ad avvisarti che ho proseguito la catena... volevo dire il premio, anche se ho visto che già te ne sei accorto. ;)
RispondiEliminaE quindi niente, grazie ancora!
Riguardo al film, sembra molto 80s e non so se visto oggi è invecchiato troppo bene, però in quanto quasi prequel di Basic Instinct potrebbe essere interessante. :)
Si sì, ti tengo d’occhio anzi, mi piace come hai arredato il soggiorno, si vede dalla finestra di casa tua (musica di “Psycho” in sottofondo) ;-) Scherzi a parte, di cosa? Grazie a te.
EliminaSi è molto anni ’80, ma ti dirò non è certo invecchiato male, nessuno usa gli smartphone ecco ;-) Lo consiglio per certi versi è davvero Basic Instinct prima di Basic Instinct, e forse anche più di Basic Instinct. Cheers
A me non è sembrato molto "anni 80".
EliminaNelle location si, ma Verhoeven é un futurista ;-) Cheers
EliminaNon posso che quotare. ^^
EliminaBro-Fist! Cheers
EliminaNon è certo un caso che Verhoeven utilizzi questi temi, conosco abbastanza bene la realtà olandese e ti posso dire che sotto un superficiale strato di liberismo la società dei Paesi Bassi è piena di queste contraddizioni.
RispondiEliminaNon solo da parte dei Cattolici ma anche dei Calvinisti.
Vero, infatti procedendo con i suoi film, l’utilizzo dell’iconografia cattolica sta prendendo sempre più piede. Verhoeven è bravissimo a lavorare in quelle contraddizioni, ne parla, le descrive, però non moralizza mai, continuerà a portare in piazza i “panni sporchi” della società anche nei suoi film americani, ma è questo suo non essere mai moralista che trovo degno di ammirazione, beh insieme a tutto il resto ;-) Cheers
EliminaGrazie della citazione, anche se ovviamente non sono un "saggio": sono solo un nano etrusco sulle spalle di giganti :-P
RispondiEliminaLa citazione di Brian di Nazareth è ovviamente da applauso: Paul ne sarebbe orgoglioso!
Ah, e faccio i complimenti allo Zio Portillo per aver fatto i "compiti" ^_^
Guarda ai giganti e dai ascolti ai nani.
EliminaEsiste questo proverbio? Ho inventato un proverbio? Forse ho inventato un proverbio, ma il senso è quello, grazie a te. Non ho proprio potuto resistere è uno di quei film che cito ad ogni piè sospinto qui ci stava visto il contesto ;-) Cheers!
Grazie @Lucius! Cosa che nella mia carriera scolastica, per altro, non ho mai fatto...
EliminaI film ti fanno studiare, con piacere, come, di più e con più motivazione di quanto a mia volta, non abbia mai fatto a scuola. Qui ci starebbe quasi una citazione ad un pezzo di Springsteen ;-) Cheers
EliminaCass, ho visto Spetters. Lo dico per anticipare la prossima frase: la Renèe mi pare più a suo agio nei panni dell'androgina (almeno a vedere la foto), piuttosto che in quelli della 'pantera fritta' vista in Spetters.
RispondiEliminaMi sembra di capire che questo film abbia poi ispirato il regista anche per il successo 'commerciale' di Basic Istinct.
Comunque il ragno, ororeeeeeee. A me fanno schifissimo :D
Come ti è sembrato? Si qui è brava e migliore come attrice, considera anche che in “Spetters” era molto giovane, però anche lì non mi dispiaceva, ha dato un piglio trucido che a quel personaggio andava molto bene. Si esatto, visto ora sembrano quasi le prove generali di “Basic Istinct”.
EliminaAh guarda allora salta i titoli di testa di questo, perché mostrano ragni con dovizia di dettagli ;-) Cheers
Un film all'altezza della tua ottima recensione:) SPOILER Alla fine è la rivincita, tra i tre, di quello più sfigatello; l'uomo che meglio ha saputo affrontare le cadute della vita. Cosa che invece non avviene per il talentuoso motociclista: benché la scelta di togliersi la vita, tutto sommato, rappresenti un forte atto di coraggio e di ribellione.
EliminaTroppo buono, davvero troppo ;-) In effetti ha senso, io ho pensato ad una specie di resa, rispetto ai suoi grandi sogni di gloria, però alla fine ridimensionandosi è quello che campa meglio, mi piace la tua idea, saper affrontare le cadute, d’altra parte sono motociclisti ;-) Cheers
EliminaQui siamo ancora al Verhoeven dei piani alti. Anche Flesh+Blood, però, a memoria mi pare sia semi-olandese. Poi lì, insieme a un certo Rut ben noto, c'è anche una certa J.J.L. a fare la differenza ;-)
RispondiEliminaQuesto è un altro di quei film di Verhoeven che ignoravo completamente e che mi è piaciuto un sacco ;-) Si "Flesh+Blood" è una coproduzione, con un casting impeccabile, ne parleremo venerdì prossimo con dovizia di dettagli! Cheers
EliminaNon vedo l'ora... Post rated R anche tu? ;-)
EliminaI miei post sono tutti "Rated R" che sta per "Ritirati Rincoglionito" che poi è quello che dicono i lettori mentre li leggono ;-) Mi Sono divertito a scriverlo così come a vedere il film, quello si! Cheers
EliminaIl periodo in patria del regista l' ho sempre un pò ignorato. Vuoi perché sul Mereghetti leggendone la trama non mi incuriosivano, anche per i loro eccessi, vuoi perché in TV l' unico che sono riuscito a beccare è "Soldato d' Orange" tempo fa!
RispondiEliminaGrazie alla tua rubrica sul mitico olandese ho deciso di darci un' occhiata partendo proprio da questo che mi incuriosiva di più. Mi è piaciuto soprattutto dal lato onirico ed ambiguo riguardo il passato di Christine con dei bei tocchi di regia ed un bell' uso del paesaggio costiero oltre ai personaggi ben caratterizzati. Un pò meno su quello sessuale dove mi è toccato vedere dei membri maschili e le sopracitate scene della baciata alla francese e del protagonista spione! XD Con fascino, ma questo tipo di "eccessi" non fanno per me. Infatti come detto adoro "Robocop" ed ADF, ma non mi piacciono BI e F&B.
Con la scena del crocifisso si rischia il trash, ma Verhoeven riesce a metterci il tocco ironico.
Ora sono indeciso tra "Spetters" e "Fiore di carne".
Oh guarda sono felice di essere riuscito a spingere altri a recuperare questi film che io stesso fino a poco tempo fa non conoscevo. Te li consiglio entrambi, magari inizia da "Fiore di carne" perché "Spetters" è il più esplicito. Vero la scena della crocefissione è al limite ma Verhoeven è bravissimo a gestire questo scene ;-) Cheers!
Elimina