venerdì 4 agosto 2017

Nick mano fredda (1967): una risata vi seppellirà


Cinquant’anni è già una bella età, immagino che sia quella in cui ormai ne hai viste abbastanza da aver voglia di mettere giudizio, eppure questo film, anche se proprio quest’anno compie i suoi primi cinquant’anni, al pari del suo protagonista, continua a fregarsene della regole, anche quelle basilari, è ancora un inno alla ribellione fresco ed incredibilmente efficace, che si rifiuta di invecchiare e mettere giudizio.

Ogni volta che mi capita di rivedere il film (cosa che faccio abbastanza spesso), mi appassiona e m'incanta, poi raramente mi sono trovato in connessione con un personaggio cinematografico come mi capita con il protagonista di questo Classido.


Lo dico spesso (e lo ripeto perché ne sono convinto): i primi cinque minuti di un film ne determinano tutto l’andamento. L’inizio di “Nick mano fredda” è micidiale, sembra il titolo perfetto per portare avanti questa mia tesi. Una scritta bianca su sfondo rosso urla “VIOLATION!”, è il dettaglio dei parchimetri che urlano il loro dolore mentre Nick (un Paul Newman che recita per la storia) in preda ai fumi dell’alcool pensa bene di decapitarne un'intera fila, così, perché non ha davvero niente di meglio da fare.

Basta il primo dialogo, a riassumere tutto il personaggio, quando la polizia lo coglie sul fatto lui se la ride e risponde loro che sta tagliando la testa a questi parchimetri capitalisti e reazionari, la polizia lo porta via (“Vieni con noi Robespierre”) e se siete in grado di trovarmi un film con un inizio più fulminante e capace d'inquadrare storia e protagonista meglio di così, per favore ditemelo, perché vorrei davvero vederlo.

Ho visto un paio di film in vita mia, iniziare con appena meno personalità di questo.
Quando durante il film, il resto dei carcerati chiederanno a Nick le motivazioni del suo gesto, lui, sempre sorridendo, risponderà che in provincia non c’è poi molto da fare ed è davvero così almeno a Lodi in California (non in Lombardia) dove la scena dei parchimetri è stata girata e per svariati anni la città non ha mai provveduto a sostituirli, lasciano solo una lunga fila di pali di metallo (storia vera).

Quando sei un ribelle senza una causa, anche decapitare parchimetri può sembrare una buona idea e se in qualunque posto del mondo ti trovi, finisci a fare a capocciate con regole e regolamenti, non cambierà certo la situazione se ti trovi a passare due anni ai lavori forzati, in un campo rurale di prigionia, pieno di regole severe e “Boss” impegnati a farle rispettare (“…passa una notte in cella”).

Parliamo subito dell’elefante al centro della stanza. Nick si chiama così solo in uno strambo Paese a forma di scarpa, solo qui da noi Lucas detto Luke, diventa Nicholas detto Nick, per motivi imputabili alla scarsa diffusione della lingua Inglese nell’italia del 1967, dove Luke molto probabilmente sarebbe stato pronunciato “Luche”, anche la seconda parte del titolo, “Cool hand Luke” è una discreta arrampicata sugli specchi da parte degli italici traduttori. “Cool hand” sarebbe una mano fortunata a poker, dai noi tradotto letteralmente (e malamente) in mano fredda, facendo un arzigogolato riferimento alla capacità del protagonista di restare freddo in ogni situazione, ma facendo saltare il tavolo con tutte le carte, delle citazione pokeristica e Bibliche che sono parte del personaggio.

"Scommetto che il titolo italiano sarà un pasticcio, sono soldi in banca".
“Nick mano fredda” fa pensare ad un astuto ladro, “Cool hand Luke” sarebbe “Luca il fortunato”, ironico vista la condizione in cui si trova il nostro Luca, che di fortunato ha davvero poco. Con il cambio di nome del protagonista, ci fumiamo anche il riferimento Biblico, fortemente voluto da regista Stuart Rosenberg, lo stesso che poi dirigerà Amityville Horror e il carcerario Brubaker (1980) con l’altro biondo famoso di Hollywood, Roberto Ford Rossa.

La sceneggiatura, scritta da un vero ex detenuto, è finita nella mani del grande Jack Lemmon, prima scelta per il ruolo del protagonista che, però, capisce che per una parte così ci vuole uno con una faccia da schiaffi ben superiore alla sua, tipo Paul Newman, che accetta di buon grado il ruolo, considerando il risultato finale, bella presa Jack.

Ma il cielo è sempre più blu...
Paolo Uomonuovo, che arrivava dall’ottimo “Hombre” (1967) è semplicemente perfetto e allo stesso modo Stuart Rosenberg, che anche se fino a quel momento aveva diretto qualche episodio di “Ai confini della realtà” ha le idee chiarissime per il film, per prima cosa, come in un carcere, vieta agli attori le visite coniugali, trasformando il set in un club per soli uomini con le stesse dinamiche di gruppo che vediamo nel film.

La regia di Rosenberg è perfetta, complice la fotografia di un fuoriclasse come Conrad Hall, il film è pieno di trovate visivamente iconiche, come l’idea di riprendere i detenuti impegnati a tagliare l’erba a bordo strada, riflessi attraverso gli occhiali a specchio del terribile boss Godfrey, detto anche “The man with no eye” visto che non lo vediamo mai senza occhiali, per altro l’attore Morgan Woodward per calarsi nel ruolo e risultare autoritario come il suo personaggio, non solo sfoggiava gli occhiali anche fuori dal set, ma non ha rivolto la parola a nessuno degli altri componenti del cast per tutto il tempo delle riprese (storia vera).

Come direbbero nel film, non parla, ma è come se lo avesse fatto.
Il film è talmente ben fatto che senti i vestiti che ti si appiccicano addosso per il calore della Florida in cui Nick viene spedito, puoi anche essere comodo in poltrona, ma avverti comunque la fatica che una giornata di lavoro da “Chain gang prison” passata sotto il sole lascia sui prigionieri.

La scena che riassume tutto, dinamiche di gruppo maschili, ore di lavoro e temperature roventi è quella di “Lucille” come la ribattezza Dragline (il grande George Kennedy premiato con l’Oscar come miglior attore non protagonista), la prosperosa biondina che si mette a lavare la macchina, assicurandosi di essere vista dai carcerati impegnati a scavare sotto il sole. Sembra quasi la scena di uno dei primi film di Russ Meyer per quanto risulta erotica senza di fatto mostrare nulla, nelle invocazioni all’Onnipotente per farsi conservare la vista ancora qualche minuto, oppure per far saltare quella dannata spilletta che tiene su il succinto vestito della ragazza, ci sono le “Girls in their summer clothes” portate all’ennesima potenza, per altro, Joy Harmon l’attrice che interpreta la biondina, alla sua audizione non ha pronunciato nemmeno una parola, ha solo dovuto presentarsi in bikini, Rosenberg non ha voluto vedere altre candidate per la parte (storia vera).

Mai stato un fanatico dell'auto scintillante, ma potrei facilmente cambiare idea.
La prigione è un ecosistema con le sue regole, se non bastassero le punizioni dei “Boss” ad incutere timore, ci pensano i prigionieri a creare le loro gerarchie e in questo sistema pieno di regole scritte e non scritte, arriva il più anarcoide e ribelle dei protagonista a far saltare il banco.

Trovo incredibilmente semplice immedesimarsi in Nick, non perché sia l’eroe (o anti eroe) del film, ma perché mi ci riconosco nella sua insofferenza nei confronti delle regole e soprattutto per il modo in cui affronta l’autorità con una battuta sempre dietro l’angolo, un sorriso sempre in faccia e un vaffanculo in fondo al cuore, per certi versi somiglia al Randle McMurphy di “Qualcuno volò sul nido del cuculo” (1975), altro personaggio per cui mi è facilissimo fare il tifo, ma se la ribellione di McMurphy è in qualche modo legata ad un'adolescenziale voglia di vivere, quella di Nick è ancora più assoluta.

Di lui sappiamo che è stato un ottimo soldato, prima di venire degradato e non è difficile intuire come mai per uno così insofferente all’autorità. Nel suo modo di non lasciarsi abbattere e nel non voler “Mettere giudizio” come dice lui mi ci riconosco molto, in fondo davanti a certi capi e a certe loro fantastiche decisioni, cosa puoi davvero fare se non ridergli in faccia?

Anche senza più nulla, avremmo sempre una battuta spavalda e un sorriso beffardo.
Paolo Uomonuovo è perfetto per la parte di questo ribelle senza causa, se non quella di ribellarsi sempre e il film è un costante crescendo, prima proprio in virtù del suo spirito e della sua testa dura, si guadagna il rispetto e l’ammirazione dei suoi compagni, primo tra tutti proprio Dragline, uno che ad inizio film si comporta come uno “Zio Tom” giustificando le guardie e poi più di tutti resterà affascinato dall’eterna ribellione di Nick.

La scena del pugilato tra i due riassume il modo maschile di dimostrarsi rispetto senza bisogno di dirselo a parole, inizia leggera, quasi come una scena comica, George Kennedy molto più grosso di Paolo Uomonuovo ha la meglio su di lui mandandolo ripetutamente a terra, ma Nick continua a rialzarsi, ancora e ancora, in un attimo la scena cambia tono e diventa drammatica, quasi una profezia del destino del personaggio, che preferisce farsi ammazzare di botte piuttosto che mollare.

"Non sono KO, sto solo pensando alla battuccia che farò non appena ripreso fiato".
Nick, quindi, diventa un mito per gli altri carcerati, tra cui in piccole parti troviamo anche un giovane Dennis Hopper e il leggendario Harry Dean Stanton, se ve lo state chiedendo, nella scena del catrame (una di quelle che nella versione italiana del film è stata tagliata, peccato perché è una delle mie preferite), quel biondo con i dentoni non è Gary Busey, anche se gli somiglia parecchio, è già un mito così senza bisogna di prendere parte anche a questo film.

Alla chitarra... Harry Dean Stanton! (Applausi grazie).
Il nostro protagonista con la sua ribellione pacifica, ma pericolosa (specialmente per se stesso) fa proseliti, Rosenberg lo ha voluto rappresentare come un povero Cristo in sacrificio per i carcerati, infatti il film è pieno di riferimenti biblici, partendo dal nome originale del protagonista Luke, che non a caso è il detenuto numero 37, come possiamo vedere dal numero della sua divisa, un riferimento al versetto della Bibbia, Luca 1:37 “Perché con Dio nulla non sarà impossibile”.

I momenti in cui Luke/Nick s'interfaccia con Dio sono parecchi, quando lo invoca sotto la pioggia, per poi ritrovarsi a dire “Sono solo sotto la pioggia e parlo a me stesso" per commentare l’inevitabile non-risposta dell’Onnipotente.

Rari e deboli episodi di precipitazione, con qualche possibile bestemmia.
Ancora più significativa è la seconda volta che Nick si rivolge all’Altissimo nel finale, certo lo fa a suo modo, si mette in ginocchio, ma scherzando anche sopra questa convenzione, per poi parlare a Dio in maniera spiccia, pane al pane e vino al vino, dicendogli che è parecchio che non gli dà più buone carte e che ora che ha “Il fiato grosso” vorrebbe capire che piani ha per un ribelle come lui, un monologo che Paul Newman recita alla grande, che devo trattenermi dal non ripetervi tutto e che, sono certo, troverò ancora più efficace quando mi capiterà di rivedere questo film più avanti nel corso della mia vita.

I momenti in cui Rosenberg mette in chiaro che il suo protagonista è un Cristo tra i carcerati non mancano, ad un certo punto Nick afferra la chitarra e dedica alla madre la canzone “Plastic Jesus” (sapete chi ha insegnato a Paul Newman come suonarla? Harry Dean Stanton. Storia vera!), ma ancora di più nella celebre scena delle uova sode, in cui Nick scommette di poterne mangiare cinquanta senza vomitare, altro motivo personale per immedesimarsi con il personaggio, la capacità sovraumana di divorare cibo!

Fun fact: Le 200 uova bollite per il film sono state consumate da cast e troupe, con successivi episodi... Gassosi (storia vera, e pure puzzolente).
Qui Nick assume una posa quasi Cristologica, quando viene depositato (con la panza piena) sul tavolaccio di legno e pare che sia proprio questo il motivo per cui la scena (pure questa!) è assente dall’edizione italiana del film, tagliata proprio per motivi di cattolica censura, assurdo perché non è soltanto uno dei momenti più iconici di tutto il film (la sfida delle uova sode l’hanno rifatta persino in un episodio di “Jackass” citando proprio questo film), ma è anche una mancanza di coerenza pazzesca. Cavolo, come fa la Chiesa ad essere così conservatrice nei confronti di un personaggio, che nella sua rappresentazione classica, altro non era che un Hippy capellone che si opponeva e umiliava l’autorità dei Romani con i suoi gesti e le sue parole e che era tanto testardo da rifiutarsi persino di restare morto per più di tre giorni dai!

Dategli tre giorni per digerire, e poi risorgerà.
Eppure, da persona assolutamente non religiosa (rispetto per tutti, ma non fa proprio per me) trovo “Cool hand Luke” un film che funziona alla perfezione anche per un pubblico laico, perché tiene un piede nell’iconografia Cristiana, ma anticipa le ribellione sessantottina nello spirito e tanto cinema di protesta degli anni ’70.

Non è affatto un caso se il film è diventato di culto specialmente presso la comunità nera americana, malgrado il fatto che il protagonista sia il biondo con gli occhi azzurri più famoso della storia del cinema, i “Fratelli” si sono riconosciuti nella rivolta contro i padroni del personaggio, Spike Lee che è un grandissimo ammiratore di questo film, lo ha omaggiato, nel bellissimo “La 25ª ora”, infatti sopra il famigerato divano del protagonista Monty Brogan, fa bella mostra di sé proprio la locandina di questo film.

Non fatevi distrarre dal kimono di Rosario Dawson, il poster si vede eccome!
Non è nemmeno l’unico omaggio che serve a capire quanto questo film abbia avuto un enorme peso specifico nella cultura popolare, quello che ancora oggi è uno dei miei prezzi preferiti dei Guns N' Roses, ovvero Civil War, tratto dal loro disco del 1991 "Use Your Illusion II", si apre proprio con la celebre frase e la voce nasale del Capitano "What we've got here is failure to communicate" che, per altro, è stata improvvisata dall’attore Strother Martin, quando il regista non sembrava convinto del modo in cui suonava utilizzando la sua voce normale (storia vera).

A giudicare dalla voce stridula e tagliente, lui sembra il nonno di Axl Rose.
Che poi è la stessa frase che Nick scimmiotta, con tanto di imitazione della voce nasale nel finale del film che, per quanto, mi riguarda è uno dei più riusciti della storia del cinema. Nick sa di non avere nessuna speranza, è circondato e quindi cosa fa? Sfoggia ancora una volta il suo sorriso irriverente e li prende apertamente ancora una volta per il culo. Una risata vi seppellirà.

Una scena perfetta, che termina con l’invocazione disperata e rabbiosa di Dragline (“Cambieranno le cose in questo sporco mondo!”) che è l’urlo di rabbia di tutti quelli che vivono con la suola delle scarpe del padrone sulla faccia e che sono pronti alla ribellione. L’ultima scena in cui Dragline parla del suo amico è quasi superflua, serve più che altro al doppiaggio italiano per tentare di giustificare il titolo italico stravolto. Il film poteva benissimo terminare con il sorriso di Paolo Uomonuovo che guarda fuori dal finestrino, il destino segnato, ma mai piegato, e soprattutto, ancora senza aver messo giudizio. La ruota dell’auto che passa sopra gli occhiali di boss Godfrey, le note speranzose e allo stesso tempo malinconiche di Lalo Schifrin, e quel sorriso lì, l'ultimo estremo dito medio sventolato contro l'autorità.

 Un sorriso, la bandiera della vostra disfatta (bastardi).
“Nick mano fredda” è un film talmente universale e coinvolgente, che devo davvero trattenermi dal non raccontarvelo tutto scena per scena, se non lo avete mai visto correte a farlo, se lo conoscete, allora prendiamoci un minuto per fargli gli auguri di buon compleanno, per questa volta direi che basta un sorriso.

Chi vuole un uovo sodo?

8 commenti:

  1. Qualche anno prima - non tanti , giusto il momento in cui nelle edicole esordivano X-Men ed Avengers - i connazionali di Paul si erano svegliati dal sogno americano lanciando da tutte le parti le loro bambole di Doris Day e, sottopelle, sentivano che era il day after e che nulla sarebbe stato più lo stesso. L'anno prima di Cool Hand Luke, Arthur Penn gira La Caccia con Marlon Brando ( nei fifties tanto somigliante a Newman da inibirne involontariamente la carriera ) , Jane Fonda e Bob Redford in cui sono parecchi e sottopelle i riferimenti a JFK
    ( Redford è giustiziato come Lee Harvey Oswald ndr ).
    Rosenberg ha nel cast un George Kennedy ed un " clone " di Brando che aveva avuto un Calvario negli ultimi minuti di Fronte del Porto. Coincidenze ? Immagino di sì fuori dal crepascoloverso, ma mi piace pensare che nel Paese in cui si preferisce stampare la leggenda, una storia nuova abbia deciso di farsi raccontare da un sorriso beffardo.

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    1. I gradi di separazione sono un po’ meno di sei, almeno a vederli così, per altro, che figo che è “La caccia”, quello è davvero una vita che non lo rivedo. Posso dare il mio minimo contributo al crepascoloverso? In “JFK” (di Oliviero Pietra) ci recitava anche Jack Lemmon, il primo Nick, o Luke, insomma lui ;-) Cheers!

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  2. Pensa che la prima volta che l'ho visto neanche sapevo il titolo: parecchi anni fa lo trovai iniziato in TV e in pochi secondi ero catturato. Non sapevo che film fosse ma era chiaro che faceva faville e me lo vidi tutto, pubblicità compresa. Ora però scopro delle scene inedite in Italia e mi sa che allora lo devo rivedere!
    Incredibile poi il cambio di nome e di soprannome: da santo a gangster :-D

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    1. Penso sia uno dei cambi italici di titolo più clamorosi della storia, imputabile alla diffusione dell’Inglese, ma il senso ne risulta stravolto. Te lo consiglio, è un film che amo moltissimo e la versione integrale si trova facilmente, poi è uno di quei titoli quasi in stile “Il grande freddo”, lo rivede a differenti età e lo apprezzi sempre in modo diverso ;-) Cheers

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  3. Filmone assoluto con un Newman da studiare alle scuole di recitazione. Non so quante volte l'ho visto da ragazzino visto che tutti i film con Newman, Redford,... E tutta la Hollywood anni '60-'70 sono i preferiti di mia madre.
    Rivisto con gli occhi adulti si apprezzano molto, oltre al l'interpretazione di Paul, tutte le immagini iconiche citate alla nausea in altre pellicole (esempio lampante: la cinepresa che riprende la scena attraversa gli occhiali specchiati).

    Sai che la cosa della traduzione del titolo non l'avevo mai notata? O meglio, sapevo che il nome era "Cold Hand Luke" ma non avevo mai associato il titolo originale con la fortuna alle carte di Nick/Luke...

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    1. La Hollywood degli anni '60 e '70 aveva dei miti veri, ancora oggi vado a riguardare (o scoprire) qualche film di quel periodo. Paolo Uomonuovo davvero recita per la storia, mi sono dovuto davvero trattenere dal non raccontare tutte scene del film perché sono una meglio dell'altra. Che poi è "Cool Hand Luke", ma ti giuro che pure a me scappa di chiamarlo "Cold hand Luke" proprio per via del titolo Italiano ;-) Cheers!

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  4. Ecco, mi hai fatto venire voglia di riguardarlo... non lo vedo almeno da una decina d'anni, quindi credo sia il momento!

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    1. Bene, missione compiuta! ;-) Sto notando che con gli anni, la frequenza con cui vado a rivedermelo sta aumentando, si vede che non ho ancora intenzione di mettere giudizio ;-) Cheers

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