lunedì 6 giugno 2016

Ave, Cesare! (2016): Coenituri te salutant


Ci sono alcuni registi che non possono permettersi meno della perfezione, ai quali è sempre richiesto di eccellere e qualunque cosa meno di un CAPOLAVORO (con tutte le lettere maiuscole) è da etichettare per forza come una morte artistica. Sono sicuro che avete dieci nomi di filmaker che rientrano in questa categoria, io ve ne faccio due, però con lo stesso cognome: Joel ed Ethan Coen.

Non sarebbe nemmeno male approfondire questo discorso, un film va valutato per quello che è, o in diretto contrasto con tutti i titoli della filmografia a cui appartiene, in questo secondo caso, l’affare diventerebbe una questione di aspettative, quindi di solito preferisco valutare il singolo film e poi in seconda battuta confrontarlo con i suoi fratellini e sorelline.

“Ave, Cesare” rientra sicuramente nella famigerata schiera di titoli virgolettati come “Minori”, fra i quali spesso troviamo le commedie più leggere (ma non meno satiriche) dei fratelli del Minnesota, titoli come “Ladykiller,” Intolerable Cruelty” e “Burn After Reading” che hanno fatto storcere i nasi il più delle volte perché considerati meno belli di [INSERIRE-QUI-FILMONE-DEI-COEN… Tanto avete l’imbarazzo della scelta], anche perché io film brutti dei fratelli non ne ricordo, di sicuro qualcuno minore, più leggero, qualche dissertiment, ma film palesemente brutti proprio no, questo ultimo arrivato “Hail, Caesar” rispetta la tradizione.


"Parlavano male anche de 'L'uomo che non c'era' carino...".
Nella Hollywood degli anni ’50, il direttore di produzione Eddie Mannix (Un Josh Brolin ricalca ad un produttore della MGM realmente esistito) affronta la sua normale settimana di lavoro, fatta di problemi da risolvere, gossip da non far trapelare, il tutto, rigorosamente senza un orario stabile, non ci sono partite dei figli che tengano, con buona pace della mogliettina (la sempre brava Alison Pill).

Il giocone metacinematografico dei Coen inizia quando la major pagante mette in produzione il film “Hail, Caesar! - A tale of the Christ", kolossal di punta in cui non è difficile notare più di un punto in comune con “Ben-Hur” (ad un certo punto si parla di una scena con le bighe), ma visto il tema, i produttori sono molto preoccupati di non offendere nessuna religione.


"Peplum? Ma non dovevamo girare un western?".
I Coen mandano a segno la delirante scena del battibecco tra il rabbino e i sacerdoti chiamati ad esprimere il loro parere sulla trama, parliamoci chiaro: non siamo dalle parti della satira lucida di “A serious man” nei confronti dell’Ebraismo (un apice che nemmeno Woody Allen si era mai sognato), ma, comunque, i temi ricorrenti dei fratelli del Minnesota si fanno largo, ottenendo anche una scena… Che fa davvero ridere.

Da qui in poi i Coen alzano la posta, perché Mannix (a suo modo anche lui un “serious man”, guardate le sue costanti confessioni con il prete) è costretto a gestire una crisi da allarme rosso: Baird Whitlock (George Clooney) il principale divo del film scompare nel nulla, rapito da un gruppo di sceneggiatori comunisti (che sembrano usciti dalla parodia di Trumbo), che cercano di convincere il mollicone a diventare la chiave di volta della loro rivoluzione… In un attimo i Coen prendono in giro Chiesa e Politica, in modo da far incazzare tutti in parti uguali!

Di fatto, “Hail, Caesar!” potrebbe essere il quarto capitolo della (tetralogia?) del cretino, anche perché Clooney non credo reciterà mai un ruolo “serio” per quei due matti, il suo Baird Whitlock è un po’ la damigella in pericolo e un po’ il motore di tutti i casini della trama, uno capace di passare dalla serietà assoluta, alla tontaggine come solo gli attori possono fare, il suo monologo finale riassume bene il concetto.


"Perchè devo farla sempre io la parte del cretino?" , "Sei un talento naturale George!".
Come dicevo, i film vanno valutati per quello che contengono dai titoli di testa a quelli di coda: “Ave, Cesare!” è ben scritto, farcisce un'indagine di stampo noir (farsesco) con una masnada di personaggi, interpretati da tutti gli attori di quella che ormai potremmo definire come la Factory Coeniana.

Con un occhio satirico, ma anche un po’ malinconico, i Coen riescono a rendere omaggio ad un'infinità di generi cinematografici tipici di quel decennio, è chiaro dalla (lunghissima!) scena danzereccia che rende omaggio ai musical di Gene Kelly, un po’ per prenderli in giro (avere Channing “Magic Mike” Tatum della partita aiuta…), ma anche quasi amorevole. Non fai una scena così articolata se il materiale originale non lo conosci più che bene e i Coen, da grandi uomini di cinema quali sono, sono sicuro che per questo film hanno fatto i compiti… Ciliegina sulla torta: il regista del musical è interpretato da un redivivo Christopher Lambert che sfrutta ancora il suo buffo accento. Bentornato Christoforo, era una vita che non ci si vedeva!


Chissà se i Coen hanno visto "Magic Mike"?
Un altro dei generi omaggiati e sbeffeggiati dai Coen è il western, quello allo Roy Rogers per capirci (“Preferivo Roy Rogers, mi piacevano le sue giacche con i lustrini” Cit.), qui la vera rivelazione del film è Alden Ehrenreich, giù visto in un paio di film di Coppola, padre (“Tetro” e “Twixt”) e figlia (Somewhere), qui il prossimo Han Solo dello spin-off, interpreta il cowboy Hobie Doyle, bravissimo con il lazo, un po’ meno con la recitazione, la sua scena con Laurence Olivier, ehm, volevo dire Laurence Laurentz (uno spassoso Ralph Fiennes) è uno dei momenti migliori del film, che mi dà l’occasione per parlare di un altro problema: il doppiaggio.

"Ragazzo, doppiato non fai ridere nessuno".
Ci sono alcuni dialoghi di “Ave, Cesare!” che all’orecchio proprio non girano, sono abbastanza sicuro che in Inglese alcune trovate funzionano molto meglio, il film l’ho visto doppiato, anche perché mi era già capitato di sbattere il naso contro “Burn After Reading” visto e adorato ad un festival di Venezia e non altrettanto pesche e crema una volta rivisto in Italiano, quindi mi riprometto di vedere “Hail, Caesar!” anche in originale il prima possibile.

Nella trama messa in piedi dai Coen, alcuni dei tanti attori del cast, sono costretti ad una parte davvero piccola, come Frances McDormand (montatrice di pellicole non curante della sua sicurezza) o la sboccacciata vedette DeeAnna Moran (Rossella Di Giovanni che purtroppo si vede pochino…), quella che risolve il problema di permanenza sullo schermo è Tilda Swinton che interpreta due personaggi… Gemelle!


"Non ho ancora bevuto e già ci vedo doppio...".
Ma consoliamoci: a qualcuno è andata molto peggio! Il povero Dolph Lundgren è stato tagliato in fase di montaggio, delusione, speravo davvero di vedere anche lui lavorare con i Coen!

Tra le altre tematiche tipiche del cinema dei Coen, il caos è un fattore rilevante, infatti anche questa volta ha il suo bel peso specifico nella storia, ma nella (a)tipica giornata di lavoro di Eddie Mannix è impossibile non leggere tra le righe il messaggio dei Coen che, tutto sommato, tra divi fuori controllo, dubbi di capitalismo, gossip e set difficili, alla fine “We love making movies” come dice Tarantino, anche quelli minori come questo.

11 commenti:

  1. Per me, molto carino.
    Un po' inutile. Gira a vuoto su sé stesso. :/

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    1. Trame intrecciate dominate dal caos di solito sono materia dei Coen, penso che la parola chiave legata a tutto questo film sia dissertiment, qualche approfondimento in più su alcuni passaggi avrebbe aiutato, ma anche così si lascia guardare ;-) Cheers!

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  2. Mi piacciono i Coen, maggiori e minori, e tutto ciò che hai scritto mi ha fatto venire una gran voglia di vedermi il film ;-)

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    1. Quando fanno film appena un po’ meno di “Non è un paese per vecchi” lì danno subito per morti, personalmente quei ragazzacci del Minnesota mi mandano sempre a casa contento, hanno un umorismo caustico unico. Cheers!

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  3. a me è piaciuto moltissimo, lo ripeto in ogni dove :) Gran bel giocattolino!

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    1. Piaciuto anche a me, questa cosa che tutti sparano sui Coen appena calano un attimo il livello ha anche un po’ rotto dai ;-) Cheers!

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  4. Un bel filmetto, molto in stile Cohen! ;)

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    1. Vero, alla fine ci sono molte delle loro fissazioni, e poi c’è poco da fare, l’umorismo caustico di questi ragazzacci della provincia Americana è unico ;-) Cheers!

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  5. Sai è stata davvero una bella esperienza vedere questo film. Ho riso molto, mi ha fatto molto pensare. Nonostante ci abbia messo un paio di giorni per comprendere ogni singola scena. Con tanta ironia, hanno omaggiato tutto quello a cui sono legati. Cinema, politica e religione.
    Non perfetta, ma la considero una delle migliori pellicole dell'anno.

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    1. In effetti è incredibilmente personale, infatti secondo me il film ha davvero poco per cui possa essere criticato, temo che le aspettative intorno al nome “Coen” lo abbiano un po’ azzoppato ma chissene ;-) Cheers!

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  6. boh io l'ho trovato vagamente soporifero...

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