Ricordo tempo
fa di aver visto un'intervista, in cui il giornalista di turno chiedeva a
Debra Hill, storica collaboratrice (e non solo) di John Carpenter, qualcosa
riguardo a “Distretto 13”. La Hill esordì dicendo che “Distretto 13” è un
omaggio al film di Howard Hawks, a quel punto Carpenter, seduto, o per meglio
dire sdraiato sulla sedia accanto a lei, appeso come al solito ad una fidata
sigaretta la interrompe dicendo: “Debra, tutti i miei film sono un omaggio ad Howard
Hawks”. Benvenuti ad una nuova puntata di Giovanni Carpentiere’s - The Maestro!
Non lo scoprite certo da me oggi che questo film è un capolavoro assoluto che chiunque voglia cimentarsi nella vita a dirigere un film d’assedio (ma non solo) dovrebbe imparare a memoria. Uno di quei film che ridendo o scherzando almeno una volta l’anno vado a rivedermi, e che se dipendesse da me, manderei in onda a reti unificate a fine anno al posto del messaggio del Presidente ("Il presidente di che?").In ogni caso, per le ragione che proverò a spiegarvi qui sotto e per il peso specifico di questa pellicola, ci troviamo di fronte ad un Classido, solo il primo della carriera di Giovanni.
Anche se
distribuito in ben poche sale, Dark Star è stato un discreto successo, accolto
bene dalla critica e apprezzato dal (poco) pubblico che ha avuto la possibilità
di vederlo, malgrado tutto, Giovanni faticava a trovare finanziamenti per
produrre nuovi film… Parlando di Carpenter mi sentirete ripetere questa frase un
numero esagerato di volte, ve lo dico così vi mettere l’anima in pace.
In questo
periodo, però il Giovanni non si scoraggia e sforna un ragguardevole numero di
sceneggiature, si dice addirittura quattordici in quattro anni, alcune di
queste sono diventati film diretti da altri (tranquilli, ne parleremo…), altre sono
rimaste in un cassetto, ma la fissazione principale è quella di fare un
Western.
Cresciuto a
pane e film Western come tanti di noi, Giovanni vede Howard Hawks come
l’esempio da seguire su come si fanno i film, con il mitico regista di robe
da nulla tipo “Acque del Sud” e “Il grande sonno”, condivide non solo al
sensibilità artistica, ma anche il piglio risoluto con cui gestire attori e set
cinematografici (probabilmente anche il tabagismo congenito visto che era
impossibile separare Hawks dai suoi sigari).
A furia di
bussare a tutte le porte, alla fine Carpenter ottiene la fiducia di un gruppo
di finanziatori indipendenti di Philadelphia che gli danno carta bianca, ma
mettono subito le cose in chiaro: qui ci sono centomila dollaroni verdi con
sopra tanti ritratti di ex presidenti passati a miglior vita, ma non un
centesimo di più perché abbiamo già svuotato i salvadanai. Carpenter non ha
dubbi e come farà per tutta la sua carriera caverà sangue dai centesimi,
dimostrando di essere un regista capace di lavorare alla grande anche con
budget modesti, quando realizza che affittare cavalli è fuori portata per il
suo budget deve, però, rinunciare all’idea di un remake di Un Dollaro d’onore
del suo Maestro Howard Hawks.
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Un poster alternativo così figo che non potevo non utilizzarlo. |
Carpenter non
aveva un piano B, il suo prossimo film sarebbe stato un Western, ogni altra
opzione era già fuori discussione, il Western è la cifra stilistica di tutto il Cinema Carpenteriano, dei vari cortometraggi diretti da John prima di Dark Star ho avuto la possibilità di vedere solo “The Resurrection of Broncho Billy”
scritto insieme all’amico e compagno di scuola Nick Castle (uno con cui Giovà
avrebbe fatto almeno un altro classico del Cinema… Ne parleremo), ovvero la
storia di un ragazzino che per sfuggire alla realtà si trasforma in un cowboy,
manifesto ideologico di tutto quello che piace a Carpenter portato su
pellicola. La leggenda vuole che la Cadillac di Carpenter (immagino una coupé Deville, come il nome del gruppo in cui suona proprio con Nick Castle)
sfoggiasse un adesivo con su scritto “Dio benedica John Wayne” (Storia vera).
Ma il nostro
Giovanni non si perde d’animo e fa di necessitù virtù, non posso avere i
cavalli? Benissimo, farò un Western contemporaneo usando Los Angeles come
ambientazione! Il risultato girato in venti giorni è un capolavoro.
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Fun Fact: Quello sul cartello è l'indirizzo di casa di Carpenter nel 1976 (storia vera). |
Il Tenente
Ethan Bishop (Austin Stoker) fresco di nomina vince il classico lavoro che si
appioppa all’ultimo arrivato, ovvero: sovraintendere la chiusura del Distretto
13, collocato nel quartiere di Anderson, un posticino non propriamente ben
frequentato.
Nel frattempo,
il famigerato criminale Napoleone Wilson (Darwin Joston) viene trasferito dal
carcere dove si trova, destinazione: una tappa nel carcere di massimo sicurezza
e poi dritto sulla sedia elettrica. A questo
aggiungete il guacamole rappresentato dalla banda del “Voodoo” e il risultato
è un lungo e violento assedio, una notte per cercare di portare a casa la
pelle.
Come farà
anche per “La Cosa”, Carpenter non si limita a riproporre il film di Hawks, ma
dimostrando di averlo assimilato totalmente, lo rielabora mantenendo intatte le
caratteristiche principali. Proprio come in Un Dollaro d’onore, torna il
concetto dell’assedio e di un'assortita banda di disperati assemblati alle
meno peggio, costretti ad affrontare un avversario superiore per numero e
ferocia.
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"Scusa non ho capito, che numero hai detto che è il distretto?". |
“Distretto 13”
è la pietra angolare su cui è poggiato tutto il Cinema Carpenteriano: temi,
stile, personaggi. Inizia tutto da qui, nel corso della sua filmografia
Giovanni proporrà nuovamente temi introdotti con questa pellicola, tanto che
nel 2001 farà un altro film di assedio, quasi un remake di questo film, ovvero
“Fantasmi da Marte”. Infatti, la prima idea di titolo per questo film proposta
da Carpenter era “The Anderson Alamo”, bocciata dai produttori, ma forse il
riferimento più palese alle origini Western del film.
Se leggendo i
titoli di testa vi verrà da domandarvi chi sia John T. Chance (il
curatore del montaggio di questo film) e come mai si chiami proprio come il
personaggio interpretato dal Duca John Wayne in Rio Bravo, tranquilli, tutto
sotto controllo: si tratta sempre di Carpenter, che ha scelto lo pseudonimo
proprio in omaggio al film, forse per non far comparire il suo nome in
tutte le principali categoria. Sì, perché Giovanni scrive la sceneggiatura,
dirige, si occupa del montaggio (travestito da John Wayne), compone la colonna
sonora e fa anche un piccolo cameo, è uno dei membri della gang che assalta il
distretto, difficile da notare, ma se aguzzate la vista potrete riconoscerlo.
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Anche i titoli di testa del film confermano l'omaggio di Giovanni al film di Howard Hawks. |
All'inizio del
film troviamo una delle poche scene dirette con traballante telecamera a
mano del Cinema di Carpenter, il massacro da parte della polizia della gang dei
“Tuono Verde”, il primo colpo assestato alle tessere del domino, che
sfocerà nell’assedio al centro della trama. Malgrado “Distretto 13” rappresenti il
primo incontro tra Carpenter e il cinemascope (che non avrebbe mai più
abbandonato), questa scena è stata diretta con la camera in mano,
interrogato sul perché Giovanni ha risposto alla sua solita maniera: "Ah, boh, che
ne so, probabilmente il vicolo era troppo piccolo per infilarsi con tutta la
troupe ed io non avevo tempo da perdere…". Come si fa a non voler ben a
quest’uomo, io proprio non lo so.
La
sceneggiatura di Carpenter è ad orologeria: prima ci presenta tutti i
personaggi, Bishop al suo primo giorno da Tenente, Napoleone Wilson e le
“amorevoli” cure che la polizia gli riserva, il padre di famiglia, che
insieme alla figlia deve raggiungere la casa dell’altra figlia proprio ad
Anderson e che, invece, inciamperà nella vendetta della gang del Voodoo, alleati
dei Tuono Verde e in cerca di vittime per rispondere all’aggressione della
polizia.
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"Bastava dire che non si può fumare qui, come siete nervosi...". |
La mancanza di
vere motivazioni è spesso la base di molti riusciti film dell’orrore, allo
stesso modo i protagonisti di “Distretto 13” si ritrovano costretti a
combattere per sopravvivere contro un orrore che sembra immotivato e senza
spiegazioni. Per puro caso, il bus che trasporta Napoleone Wilson fa una sosta
forzata al distretto, per puro caso il padre di famiglia ha la sfortuna di
incontrare la Gang e successivamente di rifugiarsi anche lui nel distretto.
Come Wells (Tony Burton) il galeotto che arriva al distretto insieme a Wilson,
i personaggi sono perseguitati dalla sfortuna ed è solo la prima deriva horror
di un film che ha tutte le caratteristiche del Western metropolitano.
Parliamo
subito di una delle cose (una delle tante) che resta più impressa nella mente
dello spettatore dopo la visione di “Distretto 13 - Le brigate della morte”,
ovvero: Napoleone Wilson. Chiunque vi può dire che è il prototipo dell’Anti-Eroe
Carpenteriano, avrete sentito mille mila persone dirvi che è a tutti gli effetti
un ideale progenitore di Jena “Snake” Plissken, con cui condivide la celebre
frase (“Hai da fumare?” offerta da Wilson in tutte le sue possibili varianti),
quello che nessuno dice mai è che Napoleone Wilson è un personaggio fighissimo!
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Talmente figo che ha fatto venire il complesso di Napoleone al resto del mondo. |
Al pari del
suo creatore sfoggia una notevole faccia da schiaffi, è indolente nei confronti
dell’autorità ed è alla constante ricerca di una sigaretta da fumare. Una delle
sue frasi più riuscite “I was born out of my time” sottolinea come il
personaggio sia il pistolero di un Western prestato ad un film contemporaneo. Attorno a lui l’aurea di mistero dei pistoleri senza nome: il poliziotto di
custodia gli chiede come mai uno intelligente come lui abbia ucciso tutta
quella gente, lui gli racconta di come un prete da bambino gli aveva
pronosticato il suo destino, vedendo l’odio nei suoi occhi. Questo fa di lui
l’outsider totale, ma anche la persona migliore da avere a fianco per il
Tenente Bishop. Inoltre, il tormentone sull’origine del suo nome non è altro che
la prova tecnica dei vari “Chiamami Jena” / ”Chiamami Plissken” che sentiremo
in “1997 Fuga da New York”, solo variati alla costante minaccia di morte che
aleggia intorno al personaggio (“Perché ti chiamano Napoleone Wilson?” , “Un
giorno te lo dirò, nel momento della morte”).
Per altro, a
livello di dialoghi il film è micidiale: non solo è costellato da tutte le
frasi fighe snocciolate da Wilson (o dalla mitica scena delle conta fatta con
Wells che per me è un apice assoluto!), ma con davvero pochissime parole ben
selezionate Carpenter tratteggia i suoi personaggi. L’aneddoto che Bishop
racconta sulla parolaccia scritta sul banco di scuola e il professore che lo
rimanda a casa, è preso di peso dalle parole di Alfred Hitchcock, nel celebre
libro di Truffaut “Il Cinema secondo Hitchcock”. E se Howard Hawks è il modello
di riferimento di Carpenter, nemmeno Zio Hitch scherza: il padre sotto shock
che attira sul distretto la gang del Voodoo non è altro che il MacGuffin che fa
cominciare la storia.
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Sulla scena della conta, ogni volta devo mettere in pausa il film per ridere (storia vera). |
Come succederà
per molti altri film di Carpenter anche “Assault on precinct 13” ha tutta una
lettura di secondo livello, la sua natura politica è piuttosto chiara, anche se
Carpenter intervistato in merito ha sempre dichiarato che i suoi intenti erano
quelli di fare un Western, ma come spesso succede ai grandi filmaker,
“Distretto 13” ha saputo anticipare le rivolte di Los Angeles che sarebbero
scoppiate di lì a poco.
Giovanni
evita comunque le etichette politiche, basta guardare la gang del Voodoo, che
non rappresenta una sola minoranza etnica, tra le sua fila possiamo trovare messicani, ispanici, bianchi biondi e con gli occhi azzurri (Frank Doubleday,
il celebre Romero di Fuga da New York) e il loro capo è una specie di imitatore
di Che Guevara. L’idea di Carpenter non era quella di dire “I cattivi sono
[INSERIRE-QUI-MINORANZA-A-VOSTRA-SCELTA]. Per lui la gang rappresenta l’arrivo
del male che si accanisce sui protagonisti e i punti di contatto con i film
Western sono parecchi, fin dal rito del sangue che i quattro componenti
eseguono ad inizio film, che ricorda molto i patti di sangue dei nativi
americani. Lo stesso Carpenter, nel commento audio del film, più di una volta
parla della gang di assedianti chiamandoli Indiani…
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Era un bel quartiere, poi sono arrivati gli ariani-latino-neri-barbuti... |
La scena con
cui Giovanni chiarisce anche all’ultimo degli spettatori che i simpaticoni del
Voodoo sono i portatori del male, è ovviamente la scena del camion dei gelati.
Frank
Doubleday dalla macchina con il suo fucile prende di mira passanti innocenti,
ma non ne uccide nessuno, è come se fosse alla ricerca della preda perfetta,
quando la gang incontra il camion dei gelati e di conseguenza la bambina
allontanatasi dal padre per telefonare, da spettatori capiamo subito che la
faccenda non finirà bene.
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Sono l'unico a cui risuona il tema musicale del film in testa quando vedo queste scene? |
La cosa che
trovo geniale è il non detto, il gelataio appena vede l’auto nera degli
aggressori mette mano alla pistola, non è chiaro se l’uomo è un agente
infiltrato, o se Anderson è un quartiere così pericoloso che persino l’uomo dei
gelati è costretto a giare con il ferro. In ogni caso, questo fa di lui la
scelta giusta per la gang che lo fanno fuori e in tutta risposta, ammazzano
anche la ragazzina, tornata indietro a reclamare il suo variegato alla
vaniglia… In una scena capace di far passare la voglia di gelato anche allo
spettatore più goloso. Per sempre!
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...Ho cambiato idea, prenderò solo il caffè (Gulp!). |
Lo stesso
Carpenter ha dichiarato che oggi, da padre e nonno, non avrebbe mai girato una
scena come quella, ma allora fu quella che bollò il film come iper violento e
probabilmente ne determinò gli scarsi incassi (un filmone di Carpenter che
incassa poco? Ma dai? Non succede mai!). Resta ancora oggi un apice che ha
spostato verso l’alto l’asticella della cattiveria al Cinema. Quanti film
ricordate dove i bambini (“I bambini! Perché nessuno pensa ai bambini!” cit.)
vengono uccisi così? Non tantissimi, ne converrete.
Nella prima
sparatoria grossa del film “Distretto 13” trova la sua forma definitiva: gli
assalitori sparano con pistole con il silenziatore, che colpiscono letali come
le frecce degli indiani. La sparatoria (unica volta in carriera in cui Giovanni
ha utilizzato uno storyboard per la scena) inizia con un insieme di campi e
contro campi, tra chi spara per difendersi (campo) e chi spara per assaltare il
forte (controcampo). Una scena in particolare, poi, detta il cambio netto di
stile: quando Bishop lancia al volo il fucile a Wilson (in una scena che imita
volutamente il lancio del fucile tra Ricky Nelson e John Wayne in un Dollaro d’onore). Carpenter rinuncia ai controcampi, gli aggressori iniziano a diventare
una massa senza volto ed è questo il momento in cui il regista accompagna la
sua pellicola Western in territori che sono tipici dei film dell’orrore.
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La scena del lancio del fucile (Ricky Nelson e John Wayne sarebbero orgogliosi). |
La gang del
voodoo spinta da vendetta aggredisce non curandosi della proprie vite, in
questo senso diventano del tutto simili agli zombie Romeriani di “La notte dei
morti viventi”, capolavoro senza sterzo che Giovanni Carpentiere annovera tra i
film che hanno ispirato “Distretto 13”. Questo è l’inizio di quell’orrore
tipico del regista di Los Angeles, un nemico senza volto che esce dall’ombra per
colpire, quel vuoto Carpenteriano che minaccia costantemente i protagonisti e
li lascia (insieme agli spettatori) in una condizione di minaccia permanente.
Il film
celebra i personaggi che, di fronte a questo orrore, riescono ad adattarsi più
velocemente: quello di Julie (Nancy Kyes al suo primo film, ma non
ultimo diretta da Carpenter) rappresenta il personaggio pavido che
difficilmente incontra i favori del pubblico, che dimostra di essere ancora
legata ai valori del mondo come lo conosciamo, suo perfetto contro altare la
tostissima Leigh (Laurie Zimmer), una che fino ad un minuto prima si occupava
di lavoro di ufficio, ma che è talmente cazzuta da tenere testa alle battutacce
dei colleghi poliziotti e quando è il momento di sparare si dimostra
prontissima, facendoci intendere che non si è sempre occupata di burocrazia
nella vita. Carpenter è celebre per i suoi personaggi maschili, ma provate a
fare mente locale e scoprirete che con quelli femminili Giovanni non ha
scherzato per niente…
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Una pupa e una pistola, tante volte ad un film non serve altro... |
John Carpenter
dirige con il coltello tra i denti, il film dura poco e la seconda metà sembra
quasi in tempo reale rispetto agli eventi raccontati sullo schermo, il budget è
quello che è e con il suo piglio deciso riduce tutto allo stretto
indispensabile, la sceneggiatura è ad orologeria (tenete il conto dei
proiettili sparati dai protagonisti e capirete la cura del dettaglio di questo
film) e Carpenter tira fuori l’epica della storia, trasformando il Distretto 13
nella versione Yankee delle Termopili o della battaglia di Alamo.
Rimasti in
tre, con una manciata di proiettili, i nostri si barricano dietro ad una lastra
di ferro (un ironico incitamento al corpo di polizia locale, che in quella
scena risulta quanto mai satirico) e attendono l’ultimo attacco. Proprio come
in Un Dollaro d’onore, i protagonisti dimostrano il loro valore con le azioni, il rapporto tra il poliziotto (nero) Bishop e il criminale (bianco) Wilson
si cementa: i due spalle al muro sono costretti a collaborare, ma nel momento
peggiore si scoprono fatti della stessa pasta, la pasta di cui sono fatti i
duri. Se lo Sceriffo Chance e i suoi uomini per tutta la durata del film, erano accompagnati dalle note del “Deguello”, qui è proprio una canzone a celebrare per sempre la somiglianza dei due personaggi, che avrebbe potuto essere anche amici, se le condizioni e i ruoli lo avessero concesso.
Bishop fischietta un motivetto, che un po’ ricorda proprio
il Deguello, Wilson riconosce il pezzo e lo accompagna a sua volta, in quella
che resta la scena più Western, mai vista in un film non-Western (ovvero senza
cavalli) della storia del Cinema, ma in senso più ampio aggiungerei, aspettare
la fine, spavaldi, a testa alta e fischiettando un motivetto come se non te ne
fregasse nulla… 100% John Carpenter, Signore e Signori.
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"Quando finisce la musica spara... Se ti riesce" (cit.) |
La battaglia
in sè è veloce e brutale e, quando si dirada il fumo, restano solo tre
sopravvissuti. Ancora in piedi. Ancora vivi (“Qualcuno ha da fumare?”).
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Ricordatevi di Alamo... |
Superata la
crisi, però, i ruoli imposti dalla società tornano, ma solo per chi non c’era, infatti,
Bishop prende a male parole il polizotto che vuole ammanettare Wilson e i due
escono fianco a fianco in un finale che è epico e western (una specie di
cavalcata verso il tramonto), ma anche amaro, nerissimo e cinico, come quasi
tutti i finali Carpenteriani, malgrado il valore dimostrato, Napoleone Wilson
tornerà al suo destino e alla sua condanna… “I was born out of my time”.
Non si può
parlare di Carpenter senza dedicare qualche parola per la straordinaria colonna sonora del film, Giovanni ne ha composti di pezzi bellissimi (alcuni anche nel suo album d’esordio Lost Theme), ma tra tutti,
quelli di Assault on Precinct 13 restano quelle che mi canticchio più
spesso da solo, perché hanno una capacità clamorosa di sedimentarsi sul fondo del cranio. Carpenter ha dichiarato che l’ispirazione per il main theme gli è
arrivata dal pezzo di Lalo Schifrin composto per Dirty Harry e da “Immigrant
Song” dei Led Zeppelin, il miscuglio è efficacissimo.
I
sintetizzatori di Carpenter sono perfetti a rendere il senso di costante
minaccia dei protagonisti, poi ditemi cosa volete, ma il Carpenter compositore è
pari a quello regista: dritto come un fuso e geniale nelle soluzioni… Ecco!
Adesso per il prossimi giorni continuerò a canticchiare You Can Fight It!, dudu du dum dum dum, You Can Fight It!
“Distretto 13
- Le brigate della morte” è l’esempio di come si possa ispirarsi, anche in
maniera ossessiva, ai classici del Cinema, ma rielaborando e ricreando. Il
risultato è l’incudine su cui sono stati forgiati tutti i film della carriera
di John Carpenter e sapete qual è la cosa più divertente? Che questo è solo il
secondo film della sua filmografia, diretto ad anni 28 (due, otto)… Un giorno
passato a parlare di Giovanni Carpentiere è sempre un giorno ben speso!
That's amore!
RispondiEliminaComprai la vhs originale a 5 € presso rinascita in via delle botteghe oscure, durante i miei lontani anni universitari. Mi sa che ora di rivederlo in lingua originale.
Hai riassunto alla grande, That’s big amore! ;-)
EliminaDi solito lo guardo indifferentemente in italiano o in lingua originale, l’importante è vederlo e rivederlo, non mi stancherò mai di farlo ;-) Cheers!
Post definitivo sul film d'assedio definitivo! Lo vidi da bambino e mi segnò per sempre, instillandomi una perversa passione per le storie di assedio... e le frasi maschie senza rischio! :-D
RispondiEliminaA proposito, mi chiedo come mai tu non abbia citato il recente remake con Ethan Hawke ... :-P
Ti ringrazio moltissimo ;-) “Io sono leggenda”, “La notte dei morti viventi” e “Distretto 13”, per me le tre storia di assedio definitive, intimamente legate una con l’altra. Al resto ci pensano le frasi di Napoleone Wilson :-D
EliminaPerché non ho vitato il remake… Perché? Bella domanda, perché quando penso a Carpenter penso solo a Carpenter, sono un innamorato monogamo ;-) Scherzi a parte, mi sono scordato di citarlo, anche se secondo me è un buon film, non si avvicina al mito del film di Carpenter, ma ne offre una buona interpretazione, specialmente ribaltando i ruoli (e l’etnia) tra Bishop e Napoleone Wilson (l’identità da poliziotto infiltrato di Ethan Hawke, usata per qualche minuto). Non ho mai visto il remake di “The Fog” e non so se ho voglia di farlo, ma tra tutti i remake Carpenteriani, secondo me è quello riuscito meglio ;-) Cheers!
Che trittico che hai nominato! Tutti degli splendidi film di assedio, effettivamente! Nel cinema più recente è forse Neil Marshall quello che più di tutti riesce a ricrearne le atmosfere, ma credo sia un fan più o meno dichiarato di Carpenter pure lui!
EliminaMolto fan "Doomsday" era un omaggio a "1997 Fuga da New York" grosso così ;-) Cheers
EliminaFilm veramente angosciante. Atmosfera notturna come nell' era del cinema digitale non fanno quasi più! Essenziale e teso, non riesce ad annoiare per niente. Ma Carpenter e noia difficilmente s' incontrano. XD Curioso come i nostri si chiedano cosa abbia portato il padre fino a lì!
RispondiEliminaLa canzone... da portargli l' oscar a casa! XD Già ti fa capire che non sarà un filmetto! XD
"Uno di quei film che ridendo o scherzando almeno una volta l’anno vado a rivedermi, e che se dipendesse da me, manderei in onda a reti unificate a fine anno al posto del messaggio del Presidente ("Il presidente di che?")"
Ah, ah! Non affatto una cattiva idea! XD
Ogni volta che mi parte in cuffia mi esalto anche se sono fermo alla fermata del bus, la spiegazione solo per il pubblico ma non per i protagonisti dell’assedio, attraverso il personaggio del padre, ci ho pensato solo ora, è un trucco Hitchockiano, dare informazioni al pubblico, che i personaggi del film non hanno, diavolo di un GiovannI! ;-) Cheers
EliminaE' vergogna se ti dico che l'ho sempre sentito nominare ma non l'ho MAI visto??
RispondiEliminaPreventivamente vado un secondo a nascondermi.... /Dave fa "duck and cover" modalità anni 50/
Non è una vergogna, ma se vuoi stare sulla Bara dovresti recuperare, il più in fretta possibile, oh ma lo dico per te, è tipo il più grande film d'assedio della storia, secondo solo a "Un dollaro d'onore". Cheers!
EliminaHo messo in fila "i guerrieri della palude silenziosa" e questo! 😉👍🏻
EliminaBravo ragazzo, sono i film giusti che fanno crescere grandi e forti ;-) Cheers
Elimina😁 infortiscono i chiodi della Bara!
EliminaCosì si fa! Bro-fist ;-) Cheers
Elimina«Nero?» «Da più di 30 anni...» 😂😂😂
RispondiEliminaAndrai pazzo per questo film, e aspetta di arrivare al momento della conta ;-) Cheers
EliminaCi sto già andando pazzo!! 🤩🤩🤩
EliminaE' che ieri sera ero estremamente stanco e quando mi sono appoggiato sul divano ho fatto *clic*!! Quando mi succede (molto spesso per la verità) poi mi risveglio incazzato e mi trasferisco a letto...mi dico "cacchio, possibile che sto vedendo una cosa che mi piace e non riesco a tenere gli occhi aperti!!"
Insomma sono arrivato a quando la banda comincia a sparare alle vetrate del distretto dopo aver fatto secco il poliziotto che era uscito per cercare di parlare attraverso la radio della volante...stasera seconda parte!
Incredibile, sono riuscito a spezzare anche un film di un'ora e mezza scarsa!!
Quando mi capitano mi girano anche a me, ma con questo mai, lo amo troppo. Tranquillo lo rivedrai altre cento volte da qui ai prossimi anni, garantito al limone ;-) Cheers
EliminaNe sono convinto già da adesso, ha proprio il piglio e la colonna sonora stile Fuga da NY che si intersecano alla perfezione... 🎶 Bravo Giovanni, braaaavo! 🎶
EliminaNon consiglio brutti film, con quelli di Giovanni è molto più facile consigliare bene ;-) Cheers
EliminaGran bella recensione per un capolavoro enorme di zio John! Le musiche sono effettivamente memorabili, come hai giustamente sottolineato, e quando partono mentre sono in macchina pescate dalla penna USB in cui tengo la musica tendo sempre a cercare il fucile di precisione per cercare delle vittime... X--D
RispondiEliminaNon potevo non linkarti in fondo alla recensione del film che ho scritto sul mio blog! :--)
Grazie capo gentilissimo, un onore essere nominato dalla tue parti ;-) Ho la colonna sonora in auto, nel telefono e nel lettore MP3 quando vado a correre (storia vera). Cheers!
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