Finale di stagione (purtroppo) per una delle mie serie preferite, ma diciamolo, la nona stagione di "Doctor Who" è stata... "Fantastic!" (cit.). Buona lettura!
Doctor Who: Episodio 9x11 - Heaven Sent
Ogni volta che
il Dottore perde una companion, di solito arrivano episodi di transisione in
cui il titolare della serie affronta il lutto, come dice lo stesso Twelve nell’episodio: "Il giorno in cui muore qualcuno a cui volevi bene, non è il peggiore, i
peggiori sono tutti i giorni in cui restano morti e non tornano più".
Anche se l’episodio
s'intitola “Heaven Sent”, il Dottore deve affrontare un inferno, nel senso
Kinghiano del termine (“L’inferno è ripetizione”), dove affrontare
il dolore e i propri incubi peggiori per un tempo infinitamente lungo.
Twelve si
ritrova in un castello che si erge in un oceano infinito, un castello errante
che farebbe la gioia di Guillermo Del Toro per il numero di ingranaggi che lo
compongono, tanto che piani, porte e accessi ruotano su se stessi, in un vero e
proprio labirinto su tre dimensioni (quattro se consideriamo anche il tempo),
un meccanismo da cui non si può uscire in stile “The Cube” e tra i corridoi di
questo palazzo, si aggira la personificazione di una delle più grandi paure del
Dottore, una donna morta, ricoperta di mosche e nascosta da un sudario che ha
visto da bambino…
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Provate voi a restare tranquilli con 'sto coso alle calcagna... |
Ogni
confessione del Dottore apre una porta, ogni porta aperta è un passo avanti per
risolvere il mistero e non fare la fine dei teschi dei precedenti prigionieri
della fortezza, milioni di crani sul fondo dell’oceano che circonda il palazzo…
Abbiamo avuto
tanti addii tra i companion del Dottore, citando One, ma nessun episodio di
metabolizzazione del lutto intenso, rabbioso e geniale come questo, lo posso dire
senza paura di essere smentito: “Heaven Sent” è il miglior episodio della nona
stagione (vediamo se il finale sarà all’altezza), ma non basta, è anche uno dei
migliori episodi della gestione Moffat. Se proprio dovessi fare il pignolo, un
difetto lo ha: ad un certo punto (purtroppo) l’episodio termina, ecco, questo è
l’unico difetto.
In “Heaven
Sent” torna tutto, il disco di confessione visto nel primo episodio, ma anche tutte quelle citazione agli ibridi sparse
lungo l’arco della nona stagione, partendo da Ashildr per arrivare fino a qui. Ma se volessimo essere più dettagliati,
questa puntata inizia ancora da più lontano, il Dottore confessa di avere
paura ed ogni sua nuova confessione svela qualche mistero su di lui e sul
labirinto in cui è intrappolato. Twelve qui, pare quasi citare One, quando
diceva: “Fear makes companions of us all".
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"Mi scudi, avrei dovuto bussare prima di entrare...". |
Guardando
questa straordinaria puntata non ho potuto fare a meno di pensare che di fatto
si tratta dell’episodio più Sherlockiano di tutte le puntate del “Doctor Who”. Twelve
intrappolato nel suo “Palazzo mentale” cerca un modo per non morire, dividendo
i secondi come Achille e la tartaruga del paradosso di Zenone. Difficile non
pensare a “His Last Vow” sempre scritto da quel diavolaccio del Moffa, mentre
il Dottore cerca ancora una volta un modo per vincere, anche se dovrà perseverare ben oltre l’immaginabile.
Mi rifiuto di
aggiungere altro sulla trama, è un episodio meraviglioso che andrebbe visto da
TUTTI, anche chi non ne abbia mai visto uno di questa serie potrebbe seguirlo
e riconoscerne la grandezza, il Moffa si è superato ancora una volta e intorno
a lui tutti salgono di livello.
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Lo zoom sul quelle sopracciglia non è per i deboli di cuore! |
Lo fa per primo Murray Gold, che rappresenta una solida costante, non parlo mai abbastanza delle musiche da lui composte per “Doctor Who”, ammetto di darlo un po’ per scontato, ma solo perché lo trovo bravissimo, qui in alcuni passaggi sottolinea immagini, parole e recitazione usando le note più azzeccate, le più epiche.
Il Moffat ha
firmato il miglior episodio (di sempre) senza il Dottore (“Blink”), qui firma
uno dei migliori di sempre dove in scena c’è SOLO il Dottore e trova in Peter “Più
grande attore del mondo” Capaldi l’uomo giusto nel posto giusto, al momento
giusto. Lo Scozzese si carica l’episodio sulle spalle, fa un lavoro ENORME
sulla voce del personaggio, facendo percepire allo spettatore le ore passate
da Twelve da solo senza parlare, inventandosi una voce roca disabituata a
comunicare e questa è solo una delle tante sfumature del talento di Mr.
Capaldi.
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Ho visto finali di episodio appena peggiori di questo in vita mia... |
Quando ho
letto il nome alla voce “Regia” ho fatto un discreto balzo sul divano, Rachel
Talalay, storica produttrice, regista di “Nightmare 6 - la fine”, ma soprattutto
di quella chicca di “Tank Girl” (che probabilmente abbiamo visto in due…), qui
fa un lavoro all’altezza della sua fama che rappresenta la ciliegina sulla
torta di un episodio perfetto.
Per chi
smaronava dicendo che il Moffa ormai pensa solo a “Sherlock” e non si impegna
(ma che critica è?) quando scrive “Doctor Who”, eccovi servita una nona
stagione fighissima, ma soprattutto questo episodio, ok che “Haters gonna hate”,
ma provate ad odiare questo se ci riuscite!
Grazie a
questo episodio (singolo), la nona stagione piena di episodi doppi, sta per
concludersi, portando (forse) a termine anche una sottotrama lasciata aperta
fin dal (bellissimo!) “The Day of the Doctor”, ovvero Gallifrey, d’altra parte
il Dottore lo aveva detto: stava per tornare a casa. Facendo la strada lunga.
Doctor Who -
Episodio 9x12: Hell Bent
Dopo un episodio come quello precedente, era quasi
impossibile replicare così tanta grazia, l’episodio finale non raggiunge la
bellezza di “Heaven sent”, ma è il finale giusto per questa, possiamo dirlo,
bellissima nona stagione.
Dopo la perdita della sua companion (come abbiamo visto
QUI), è arrivata la metabolizzazione del lutto, rappresentata da labirinto
senza uscita dell’episodio precedente, in questo finale assistiamo alla
fase successiva del dolore: la rabbia. E’ un Dottore bello incazzato quello che
arriva su Gallifrey (dopo aver fatto la strada lunga).
L’inizio è micidiale, quasi da film Western, complice
anche la location desertica del pianeta natale dei Signori del tempo. Pianeta
di cui il Dottore è anche il Presidente, sì, perché quando aveva la
sciarpa colorata e i riccioloni di Tom Baker (Four) grazie ad un intelligente
colpo di stato, si è preso il titolo di Presidente dell’alto consiglio dei Time
Lord, ma essendo sempre in giro per lo spazio e il tempo, diciamo che ha fatto
un po’ sega a tutte le riunioni ufficiali, quindi nel frattempo è stato
sostituito da un “Principe Giovanni” di turno (interpretato da Donald Sumpter,
attore inglese che avete visto in TUTTI i film…).
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Il Gallifreiano dagli occhi di ghiaccio... |
Ho trovato fighissimo il fatto che il Dottore, barricato
nella casetta vista nello speciale “The Day of the Doctor” si rifiuti di
parlare con tutti i rappresentanti di Gallifrey, mostrando regale sdegno. Solo
la visita del Presidente (ad interim) lo smuove, per sentir dire di nuovo
qualcosa al taciturno Dottore (una cosa molto rara per lui) dobbiamo aspettare
diversi minuti, motivo per cui, anche da questo punto di vista, l’inizio di “Hell
Bent” ricorda molto un Western. La prima frase del Dottore ripaga l’attesa, un
ringhiato e incazzatissimo “Get off my planet".
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Se ve lo dice con quella faccia, conviene fare le valige... |
Ho apprezzato anche che i militari (continua l’eterno
scontro tra Twelve e i militi) si rifiutino di fucilarlo, memori di aver combattuto
accanto a lui nella Guerra del tempo, quando il Dottore aveva il volto (e la
giacca di pelle) di John Hurt e si faceva chiamare War Doctor.
Recuperato il suo posto da Presidente (del consiglio… Mi
fa molto ridere questa cosa), il Dottore fa l’unica cosa che gli sta davvero a
cuore: cercare di salvare Clara, estraendola dal tempo, fermandolo un secondo
prima di essere uccisa, prima del suo ultimo battito cardiaco. Insomma, il
Dottore si ritrova dopo anni in una posizione di potere sul suo pianeta e cosa
fa… Ruba un TARDIS e scappa! In pratica la stessa cosa che ha fatto nel primo
episodio della serie, nel lontano Novembre 1963. Lontano se non avete una
macchina del tempo, ovvio…
TARDIS versione 1.0, anche nel look che urla fortissimo 1963. |
Di positivo c’è come al solito la prova di Maisie Williams
nuovamente nei panni di Me (per una volta pettinata come si deve, probabilmente
ha protestato dopo il ciuffo a banana dello scorso episodio), il tema dell’Ibrido
viene risolto dal Moffa in maniera intelligente, forse un po’ sbrigativa, ma
ormai è una sua peculiarità: parlare un'intera stagione di un dettaglio, per
poi chiuderlo in fretta nell’ultimo episodio. Se non altro, questo finale di
stagione non è fatto a tirar via come quello dell’ottava, a mio avviso,
uno dei più scarsi di sempre.
Era inevitabile che venisse data a Clara un finale vero,
come ho già spiegato parlando di Face the Raven non era tanto
necessario, più che altro serve per l’evoluzione del personaggio del Dottore,
da questo punto di vista la soluzione scelta da quel diavolaccio del Moffa mi è
piaciuta, mantiene la morte di Clara come un “Momento fisso nel tempo”, ma
utilizzando il nuovo (vecchio) TARDIS versione 1.0 e la solita frase “torno a
casa facendo la strada lunga”, regala ai fans di Clara Oswald (strano, ma ne ha
ancora parecchi…) un addio giusto.
"Ma dove dobbiamo andare? Tu sei vestita da cameriera, io sembro il cantante dei Sister of Mercy". |
Tutta la parte del ristorante americano in stile anni ’50 mi è piaciuta molto, un po’ perché Steve Moffat dimostra di essere molto coerente, il TARDIS “Basic” rubato, ha gli stessi difetti di quello utilizzato dal Dottore attualmente, ovvero ne ha uno nel circuito di mimetizzazione, risultato: dopo aver preso la forma del ristorante, la manterrà per sempre (su Gallifrey non conoscono ancora il valore di un aggiornamento del software per sistemare i bachi del programma…).
L’idea del ristorante mi è piaciuta per varie
ragioni: offre a Steve Moffat l’occasione per estrapolare i suoi personaggi
dalla storia, dando loro un luogo dove parlarsi e di fatto, raccontarci gli
eventi dell’episodio, dovrei dire cose tipo diegetico ed extra diegetico, ma
non so cosa vuol dire, quindi evito…
Ma il vero motivo per cui ho apprezzato la trovata del
ristorante/TARDIS è un'altra: mi piace mangiare… No scherzo (ma mica tanto!)! Mi piace molto l’idea che Me (più che Clara) possa andare a zonzo con il suo
TARDIS personale, ma ancora di più apprezzo la citazione alla Guida galattica
per autostoppisti di Douglas Adams, sarà che amo molto quella saga, ma non
credo che il Moffa non abbia pensato a “Ristorante al termine dell'universo”, mi
rifiuto di crederlo!
Chissà poi perchè accusano il Moffa di essere 'Troppo Americano'. |
Questo finale di stagione conclude parecchie trame, ma ne
lascia aperte anche parecchie per il futuro, sembra quasi un piccolo rilancio
del personaggio, pronto a seguire le indicazioni lasciate sulla lavagna del
TARDIS da Clara, “Run you clever boy, and be a Doctor”, sarà molto più facile
essere un Dottore, ora che è anche tornato il cacciavite sonico! Finalmente! Quegli occhiali stavano iniziando a venirmi a noia.
Gioia e giubilo! Il cacciavite sonico è tornato tra noi! |
Il finale di stagione di “Doctor Who” mi lascia sempre un
po’ depresso, l’attesa della stagione successiva è lunga per tutte le serie tv,
ma per il Dottore un po’ di più, per fortuna abbiamo la sicurezza dell’episodio
di Natale, che quest'anno si preannuncia fighissimo, anche solo per il ritorno
di River Song…
Preparate l’albero, ci vediamo da queste parti verso il 25 Dicembre… Oh! Oh! Oh!
Preparate l’albero, ci vediamo da queste parti verso il 25 Dicembre… Oh! Oh! Oh!
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