martedì 23 giugno 2015

Lo Straordinario Viaggio di T.S. Spivet (2015): Piccolo genio on the road


Non so bene cosa sia successo, ma Jean-Pierre Jeunet ed io ci siamo un po’ persi per strada. Avevo iniziato a recuperare tutti i film del regista famoso (o famigerato) per “Il favoloso mondo di Amélie”, ma poi sapete come vanno queste cose, il lavoro, gli impegni, sì, magari ci vediamo per un caffè e boh, ci siamo persi di vista…

Metto subito in chiaro una cosa: l’Amecosa lì, a me piace, con riserve, ma piace, tra i film di Giampiero Genetto che ho visto, sono molto più nelle mie corte i primi tre, il romantico cannibalismo di “Delicatessen” o il favolistico con cloni (e Ron Perlman) de “La città perduta” quello che se chiedete a me, è il mio film preferito di Genetto. Persino quella disgrazia di “Alien - La Clonazione” mi faceva più simpatia di Amélie e le sue scatolìn, che ribadisco, bello eh? Niente da dire…

Tratto dal romanzo di Reif Larsen "The Selected Works of T.S. Spivet", Jean-Pierre Jeunet recupera un po' quelle atsmosfere alla Amélie, ma giocando fuori casa, si passa da Parigi ad un Ranch nel Montana, dove facciamo la conoscenza del giovane T.S. Spivet (Kyle Catlett, saccente ma non odioso) e della sua buffa famiglia.

Mamma entomologa Helena Bonham Carter, papà Cowboy nato fuori tempo massimo Callum Keith Rennie e sorella aspirante Miss Montana/Miss America Gracie (Niamh Wilson). Quello che salva una storia di romanzo di formazione barra metabolizzazione del lutto barra dramedy dolce amara è proprio la regia del nostro Gianpiero Genetto.


Bene così in poca, e tutti insieme ora dite CHEEEEEESE!
Il viaggio di TS verso l’istituto Smithsonian di Washington, per ricevere il prestigioso “Spencer Baird Award" per la sua invenzione della macchina a moto perpetuo, è l’occasione per Jeunet di mostrarci il mondo con gli occhi del piccolo, ma intelligentissimo protagonista. Le visioni di Amélie erano cartoonesche e fatte con lo scopo di estraniarsi dalla realtà, mentre TS mosso dalla sua anima meticolosa di scienziato, analizza e cataloga ogni cosa. La voce off narrante di TS approfondisce i dettagli delle dinamiche tra personaggi, fornendoci il punto di vista sui sentimenti del giovane scienziato, Jeunet da parte sua come sempre riempie lo schermo. Invece di barricarsi dietro la comoda soluzione della voce narrante, fornisce elementi extra a condire la storia.

Basta guardare, ad esempio, la scena in cui TS scende affamato dal treno, come fa Giampiero a farci capire che il ragazzo ha fame? Fa comparire un fumetto con dentro un Hot-Dog vicino alla testa del protagonista e il gioco è fatto.

Personalmente ho sempre riconosciuto qualcosa di molto fumettistico in Jeunet ed è probabilmente questo il motivo per cui riesco ad apprezzare i suoi film, guardare “La città perduta” è come sfogliare le pagine di un albo di fantascienza Francese. Con il successo (e la separazione artistica da Marc Caro) il suo stile si è un po’ ammorbidito, “Amélicizzato” direi, per questo film siamo più dalle parti di Wes Anderson che di Jean "Moebius" Giraud, ma direi che va bene lo stesso anche così.


Ogni viaggio comincia con un primo passo e un solido carretto...
Non ci sono personaggi davvero cattivi in questa storia, nemmeno la sig.ra G.B. Jibsen dello Smithsonian è una vera nemesi, certo bisogna dire che il discorso durante la cerimonia di premiazione di TS, per essere apprezzato in pieno, chiede una certa predilezione per i lucciconi agli occhi, ma tutto sommato anche questo è un difetto perdonabile.

Helena Bonham Carter ultimamente sembra essersi riciclata come caratterista, ho apprezzato la prova di Niamh Wilson, la sua Gracie è un'ottima sorella maggiore, stronzetta, ma di buon cuore, inoltre la scena all'interno del suo cervello, quando riceve la notizia da TS è fantastica…

Tra le facce note, da notare un barbone particolarmente gigantesco, interpretato da Robert Maillet (visto ovunque da Pacific Rim, 300 ai panni del Maestro della serie tv The Strain) e, soprattutto, l’immancabile Dominique Pinon, attore feticcio di Jeunet qui nei panni di Due nuvole, spirituale senzatetto con ambizioni quasi sciamaniche.


Un film "Cowboy approved", ditemi cosa volete ma a me questa scena ha fatto ridere un sacco...
Forse non sarà il film più bello che vedrete quest'anno e nemmeno il più bello della filmografia del nostro Genetto, conserva quella ruffianeria furbetta tipica della già citata Amélie, senza avere le sue musiche, decisamente più efficaci, eppure “Lo Straordinario Viaggio di T.S. Spivet” se siete in cerca di qualcosa di leggero/malinconico è una piccola chicca, condita da momenti mica male, ad esempio, io non vedevo un utilizzo così brillante della gocce d’acqua sul vetro della macchina in movimento, dai tempi di “Paprika - Sognando un sogno” di quel geniaccio di Satoshi Kon e scusate se è poco…

8 commenti:

  1. Ma sai che i bambini perduti non sono mai riuscito a vederlo? Devo rimettermi a paro con Genetto ,-)
    Grazie di questa dritta

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Figurati ;-) Te lo consiglio, a me è piaciuto molto, sa tanto di Graphic Novel francese, poi io sono un feticista di Ron Perlman, che in quell film interpreta un personaggio fighissimo ;-) Cheers!

      Elimina
  2. Risposte
    1. Bene, mi leggerò il tuo commento, buona visione ;-) Cheers!

      Elimina
  3. Anche a me il regista piace - in Alien, in Amèlie, ma anche in una Lunga domeniche di passioni, che tra la comparsa della bellissima Cotillard, la colonna sonora e uno dei finali più belli che io ricordi non è il solito polpettone sulla Grande Guerra - e neanche questa volta, nonostante lo straordinario T.S Pivet sia abbastanza ordinario, mi è dispiaciuto. Bimbo adorabile - e io odio i bambini che recitano - e strambo il giusto. Anche da turista in america, inoltre, ha il suo perché :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Shame on me (che vuol dire “Scemo io”) non ho ancora visto “una Lunga domeniche di passioni” ma prometto di rimediare! ;-) Confermo, T.S. è un lavoro abbastanza standard ma riesce a non urticare malgrado un bambino come protagonista, sono pochi i titoli che riescono a non risultare odiosi con un infante nel ruolo principale ;-) Grazie per il commento, Cheers!

      Elimina
  4. Citi "Paprika" di Kon, e so già che finirò col pensarci per tutto il giorno...
    Comunque io sono uno di quelli che non odia "Amelié", le do il giusto peso. Ma Genetto in generale non mi fa impazzire ("La città dei bambini perduti" lo ho odiato). Questo vedrò se vederlo, anche se non ho molta fretta...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono più per il Genetto stile fumettistico ed esagerato degli esordi, che per quello “moderato” di Amelié, ma è proprio solamente perché sono un Vichingo ;-) Amelié come storia e ritmo era più omogeneo, “La città dei bambini perduti" verso metà si perde un pò, però come storia è più nelle mie corde. Questo è un lavoro più standard, ma comunque si mette in scia ad Amelié, quindi magari potresti apprezzarlo anche più di me… Personalmente mi è piaciuto.
      L’uso delle gocce d’acqua mi ha fatto pensare a quella scena fantastica di “Paprika”, una volta dovrà scrivere di Satoshi Kon come si deve ;-) Grazie per il commento…. Cheers!

      Elimina