lunedì 20 aprile 2015

Vite Vendute: Un film che fa veramente paura


Ho un amico che si chiama Ragazzo Bianco.
Per la nuda cronaca sappiate che i suoi genitori gli hanno dato anche un nome normale. A discapito del nome, non è uno di quelli che allo stadio fischia Balotelli, anzi. E’ uno di quelli che vive di cinema, parla di cinema, suda di cinema e quando dorme sogna il prossimo film da vedere. Insomma, è una persona come si deve.

In più, il ragazzo è dotato della sinistra tendenza di riuscire a consigliarmi tutti i titoli giusti da vedere, poi io sono un pirla perché ci metto dagli 8 ai 14 mesi (con la condizionale) a seguire i suoi consigli, ma questo è un problema mio. Un problema che non è mai stato sottolineato meglio di quella volta in cui mi ha detto “Tu devi vedere ‘Vite Vendute’ secondo me ti piacerebbe un casino”. Obi Bianco Kenobi aveva ragione anche questa volta.

Probabilmente mi ha consigliato il film perché sa che amo gli Horror o le pellicole con i personaggi testardi in lotta con il mondo, perché “Vite vendute” non è un Horror, ma è un film che parla di paura e per farlo ti mette addosso una fifa e un malessere che levati, ma levati proprio. O forse me lo ha consigliato soltanto perché è un Capolavoro grosso così.

Henri-Georges Clouzot, già regista de “I Diabolici” (nel giro di altri 8/14 mesi arrivo anche con quello…) nel 1953 adatta per il grande schermo il romanzo di Georges Arnaud “Le salaire de la peur”, che poi è anche il titolo originale del film che qui da noi diventa “Vite Vendute”.
Nei mesi di condizionale intercorsi tra il consiglio di Ragazzo Bianco e la visione del film, ho scoperto che esiste anche un “Il salario della paura” (Sorcerer) diretto da niente popò di meno che quel califfo di William Friedkin. Che per altro, Arnaud ha battezzato come il suo adattamento preferito del suo romanzo.

Da qualche parte in un polveroso paesello del Sud America dominato da una compagnia petrolifera Americana, un pozzo di petrolio prende fuoco. L’unico modo per spegnere l’incendio è farlo saltare per aria usando la nitroglicerina. La parte difficile consiste nel trasportare l’instabile esplosivo via terra, lungo un accidentato percorso fatto di curve, strade dissestate e guadi. Immaginate il Venerdì sera al Pub, quando portate tre birre dal bancone al tavolo, evitando gli spintoni della folla, ma con la piccola differenza che la birra non esplode riducendovi a dei Jackson Pollock sulla parete.

Chi vince la patata bollente? Quattro disperati bisognosi di denaro, vengono pagati dalla compagnia per questa missione suicida. Gli unici volontari del martirio siamo noi spettatori, che decidiamo volontariamente di seguirli in quello che sarà un viaggio nella paura.

"Sento puzza di fregatura..."
Di fatto, questo film è l’esatto contrario di “Uomini d'amianto contro l'inferno” (Hellfighters). Le trame dei due film sono quasi uguali, di totalmente differente c’è il tono: il film di Andrew V. McLaglen, veterano di tanti storici Western, celebrava l’eroismo americano in tutti i modi, fin dalla scelta del protagonista, ovvero il Duca John Wayne, già protagonista di altri quattro film di McLaglen. In “Vite vendute”, invece, non c’è nulla di eroico, i protagonisti sono costretti ad andare in contro alla morte, perché semplicemente non hanno alternative, per tutto il tempo della pellicola, questi personaggi non sono mai davvero padroni delle loro vite, anzi sono costantemente esposti a colpi bassi del destino, pronto a reclamare il suo tributo di sangue dietro ad ogni letale ostacolo posto sul percorso.

Henri-Georges Clouzot dedica tutta la prima metà del film a mostrarci le vite dei protagonisti nel paesino Sud Americano dove sono praticamente imprigionati. I quattro emigranti per un motivo o per l’altro, sono giunti nel paese in cerca di lavoro, ma privi di denaro non sono mai più riusciti a ripartire, in questo senso i soldi offerti dalla compagnia sono davvero l’unica possibilità che hanno per sbloccarsi dall'immobilismo del paesello e dalla sua vita modesta a dimessa.

Vogliamo ricordarli così, sereni e spaparanzati.
La prima grande prova che Clouzot ha capito cosa serve a questa storia per essere raccontata in maniera efficace è proprio quel primo tempo, in cui non fai altro che conoscere i protagonisti, provare empatia nei loro confronti e in buona sostanza affezionarti. Queste scene di vita quotidiana non sono troppo differenti dai primi minuti introduttivi di qualunque Slasher, in cui ci viene presentato il gruppo di protagonisti, in modo che la successiva mattanza risulti più efficace. Ve l'ho detto che guardare questo film equivale a offrirsi volontari per po’di sana sofferenza gratuita.

Nemmeno quotato dai bookmakers inglesi che il mio personaggio preferito sia Mario, interpretato da un intensissimo Yves Montand. Sfacciato nei confronti dell’autorità, fedele ai compagni per quanto la drammatica condizione permetta. E’il classico personaggio contro, che nasce segnato, con il quale è difficile non immedesimarsi, con tutto quello che questo comporta…

Like a Boss.
Sempre seguendo il consiglio originale di Ragazzo Bianco, ho visto il film nel modo migliore, quello in cui andrebbero sempre visti tutti i film, ovvero: in lingua originale. Se questa cosa non è MAI un vezzo da cinefilo incallito, lo è ancora meno per “Vite Vendute”, perché i protagonisti, sopravvissuti ai conflitti in vari paesi del mondo, si ritrovano a convivere in questo paese che risulta una specie di non luogo. Il posto è talmente spersonalizzato e indefinibile che non ha nemmeno una sua lingua ufficiale, ma per tutto il tempo si accavallano dialoghi in Francese, Inglese, Spagnolo e anche Italiano. Questa mescolanza etnica, le condizioni di povertà in cui versa il paese, ma soprattutto l’indifferenza della compagnia Americana di fronte ai quattro autisti e alla tante morti legate all’incendio del pozzo, grida fortissima la posizione politica di Clouzot e mette una distanza ideologica enorme tra questo film è “Uomini d'amianto contro l'inferno”.

La differenza definitiva con il film di McLaglen è nella messa in scena, senza nulla togliere al regista di “Chisum”, bisogna dire che Clouzot gioca in un'altra categoria. Dopo averci fatto affezionare per bene ai quattro malcapitati, il regista realizza un secondo tempo magistrale, mettendo protagonisti e spettatori sullo stesso piano, ovvero quello di persone in costante tensione.

I momenti tranquilli di questo film sono fatti così. Poi non ditemi che non vi ho avvertiti.
La paura inizia nel momento in cui le casse di nitro vengono caricate sul camion e da lì in poi sarà il sentimento costante fino alla fine della missione/film. Si sta in ansia di fronte ad ogni curva, mentre i dialoghi dei personaggi si fanno sempre più lapidari ed iniziano a risuonare tutti come le classiche ultime parole prima dell’esecuzione della sentenza. Ad esempio, il personaggio che si fa la barba sul camion, la sua spiegazione cos'è se non un manifesto riassuntivo della sua vita?

La morte funesta i protagonisti in maniera repentina e inaspettata, quando colpisce lo fa in un lampo, e sul loro percorso, praticamente qualunque cosa può ucciderli: una gomma bucata, un ostacolo da superare, basta un attimo e di questi personaggi rimane solo il ricordo e qualche oggetto un tempo importante in vita, come un orologio ricevuto in regalo dalla moglie o un biglietto del metrò.

"Ma su 'sto camion prende solo Radio Maria? Siamo proprio nati sfigati..."
Ho tenuto il meglio (o il peggio, fate voi) per la fine:
tutto il secondo tempo del film è un capolavoro di tensione costante che ti sfianca, ma in una singola scena Clouzot si supera, quella dell’esplosione del masso che blocca la strada è una tortura che dura svariati minuti, una roba da annodamento delle budella, guardandola stavo letteralmente friggendo, una di quelle cose che ti fa iniziare a fissare i bordi dello schermo in cerca di un time out. Tra questa scena e il primo piano sul volto di Yves Montand, mentre pesta sull'acceleratore, durante l’attraversamento della pozza d’acqua (altra scena che metterà a dura prova la vostra resistenza emotiva), il film sottolinea la potenza del Cinema ed è esemplificativo del fatto che ci sono film Horror e ci sono film che fanno paura. “Vite Vendute” appartiene sicuramente alla seconda categoria.

Onestamente l’ho trovato un film magnifico, quando qualcuno riesce ad usare il mezzo cinematografico con tale potenza, malgrado le sofferenze, non si può che apprezzare totalmente. Adesso sono curioso di vedere la versione diretta da Friedkin nel 1977, mi sembra abbastanza significativo il fatto che uno diventato celebre con un Horror, abbia scelto proprio un soggetto come questo che fa paura per davvero.

14 commenti:

  1. Guarda, la versione di Friedkin è, forse, anche più tesa di questa. Una cosa da mal di stomaco perenne. Ma parliamo di due capolavori enormi, giganteschi, monolitici. Quei film che ti fanno essere felice perché ami il cinema

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    1. Grazie per la dritta, almeno so a cosa vado incontro (Gulp!), quelle volte in cui essere preso a schiaffoni dai film vale la pena, appena avrò visto ti farò sapere, sempre se sopravvivo all’ansia ;-) Grazie per il commento!

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  2. Recensito meravigliosamente anche da Lucia un po' di tempo fa mi pare...non l'ho mai visto ma prima o poi dovrò rimediare (insieme circa ad un fantastiliardo di altri titoli, uno più o uno meno...) Però "I Diabolici " (l'originale ovviamente non il remake porcata) te lo consiglio perché fa una paura boia..

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    1. Sempre parlando di quella famosa lista dei film da vedere, che ormai è lunga chilometri ;-) Mi sono segnato una croce nera sul remake de “I Diabolici” (me ne hanno parlato tutti malissimo), mentre l’originale mi attende. Dopo aver visto “Vite Vendute” posso leggermi la recensione di Lucia, l’ho lasciata in sospeso per non rischiare di rovinarmi la visione. Cheers! ;-)

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  3. Quando ho recensito la versione di Friedkin (se vuoi, qui: http://viaggiandomeno.blogspot.it/2014/05/il-salario-della-paura-sorcerer.html)
    in molti mi hanno caldamente consigliato il recupero della versione originale di Clouzot, ma ovviamente devo ancora colmare la lacuna... prima o poi ce la farò.
    Credo.
    Forse.

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    1. Non dirmi niente, io ci ho messo una vita e mezza per recuperare anche solo questa versione! ;-) Grazie per la recensione, vado a buttargli un occhio. Cheers! ;-)

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  4. Uhm interessante, grazie per la segnalazione, lo recupererò. Se ti va di farti un giro dalle mie parti mi trovi qui ;) http://lafabricadeisogni.blogspot.it ciao :D

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    1. Ci siamo incontrati in giro tra i vari commenti ;-) Grazie per il link, vado subito a leggerti il tuo commento a uno dei miei film preferiti. Cheers!

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  5. Eccezionale come sempre...E bravo Cass....Intanto mi sono segnato un paio di film...

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    1. Barone! Il mio nobile preferito ;-) Grazie mille a te, segna segna… Ci leggiamo in giro, Cheers!

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  6. Ciao!!! Se vieni dalle mie parti c'è un bel premio per te!!!

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    1. Hola! Grazie mille, ho visto e sono passato a ringraziare. Cheers! ;-)

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  7. Grazie ancora per la dedica e complimenti di nuovo per la recensione che trasuda passione vera da tutte le virgole. Parlando de I diabolici, è un altro capolavoro grosso così, come per Vite vendute, parlerei di fortissima tensione più che di "paura", ma sono due concetti poco distanti in effetti. Solo che I diabolici ha atmosfere molto più "gotiche" e ti lascio il tempo per pensare che figata deve essere un thriller gotico diretto dall'autore di Vite vendute. Per film come quello Cluzot all'epoca è stato paragonato a Hitchcock, paragone che non mi fa impazzire, ma rende un minimo l'idea in mancanza di parallelismi migliori. Insomma, anche qui, corri! :D

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    1. Ma non scherziamo, grazie a te, dedica doverosa ;-) Esatto è una tensione costante che ti mette sullo stesso livello dei protagonisti della pellicola. Adesso il prossimo nel mio mirino è proprio “I Diabolici”, lacuna che devo assolutamente colmare, ci leggiamo in giro Hombre! Cheers! ;-)

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