Curioso che un
film che parla di un passaggio importante della vita del reverendo Martin
Luther King, sia nel titolo che nella locandina quasi non ne faccia
riferimento. La regista Ava DuVernay ha optato per un film più corale,
riuscendo anche ad evitare il rischio della retorica facile…
La
sceneggiatura di Paul Webb ci mostra il Reverendo King (interpretato da un
intenso e convinto David Oyelowo): un uomo affermato, celebrato dalla vittoria
del Nobel per la pace, ma non ancora un uomo in pace, consapevole che il suo
sogno di integrazione ha ancora molti ostacoli sulla sua strada.
Nonostante
l’abolizione formale della segregazione razziale, la vita delle persone di
colore nel Sud degli Stati Uniti è ancora in pericolo a causa delle violenze
dei bianchi e dalla loro volontà di impedirgli di iscriversi alle liste
elettorali. La marcia simbolica, organizzata da King partendo dalla cittadina
di Selma, per arrivare a Montgomery, nel cuore dell’Alabama bianca, viene
ostacolata anche dal presidente Johnson (Tom Wilkinson).
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"Signor Presidente? un giorno al suo posto sarà seduto un Afroamericano" |
Lo script è
equilibrato, non fa mai l’errore di mostrare solo personaggi neri buoni
contrapposti a bianchi cattivi, lo stesso Tommaso Rasoio, è molto bravo a
caratteizzare un Presidente Johnson come un uomo costantemente sotto pressione,
con sulle spalle il peso delle responsabilità che il suo ruolo comporta. Ma
anche un uomo capace di essere lungimirante e di prendere decisioni tenendo conto
che un giorno tutto questo farà parte dei libri di storia.
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Un fotogramma preso dagli incubi notturni di Matteo Salvini. |
L’altra faccia
della medaglia è proprio Martin Luther King: personaggio mostrato senza alcun
filtro celebrativo, ma tratteggiato mostrando tutta la sua decisione ma anche le sue le
fragilità del tutto umane che caratterizzano sì il leader, ma anche l’uomo.
La DuVernay ci
tiene a sottolineare la veridicità dei fatti, spesso nel film utilizza immagini
d’epoca, il problema è che secondo me lo fa un po’ troppo spesso, con il rischio di passare per eccessivamente documentaristica.
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"Io ho fatto 'Il colore viola' non potete trattarmi così!" |
In ogni caso
“Selma” è un film molto etico, ma anche molto classico nella sua struttura
“vecchia scuola”, recitato molto bene dai principali protagonisti, ma anche
dalle facce date in prestito ai personaggi di contorno: non manca la solita
Oprah Winfrey, veterana di tutti i film di questo tipo, vera e propria Super
Eroina della comunità nera americana (considerando la sua filmografia,
probabilmente è l’attrice preferita di mia madre). Da sottolineare anche la
prova luciferina di Tim Roth, nei panni del Governatore razzista dell’Alabama,
ci vuole talento anche per farsi odiare dal pubblico, anzi, forse è anche più
difficile.
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"Se vi avessero interrotto 'Lie to me' prima del tempo, sareste cattivi anche voi", |
E dire che l'avevo bypassato perché pensavo fosse un polpettone, invece a sorpresa lo stanno tutti promuovendo.
RispondiEliminaBisogna dire che è molto, tanto, parecchio, un casino classico, e forse un pelo troppo documentaristico, però non l'ho trovato pesante, le due ore passano veloci, anche io temevo l'effetto mattonazzo. Grazie per il commento... Cheers!
EliminaAnche io l'ho affrontato col pregiudizio della mattonata ma Selma scivola come acqua ed è davvero bellissimo ed emozionante!
RispondiEliminaConcordo in pieno, e a mio avviso da i coppini in testa a cose come "The Butler" dicendogli "Lo vedi che si può fare un film senza essere retorici in tutti i dialoghi!". grazie per il commento!
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