Quando c’è lo zampino di quel diavolaccio di Guillermo Del Toro tutte le cose tendono a diventare subito estremamente fighe. Succede anche con “The Book of life” film d’animazione prodotto da Del Toro, scritto e diretto da Jorge Gutierrez.
Non sono in
tantissimi a ricordarsi di Grim Fandango, li riconosci perché sono quelli che
quando sentono questo nome, hanno gli occhi che si illuminano dalla gioia.
Questo vecchio
videogioco della Lucasart era un avventura grafica che mescolava una storia
noir al look da “Dia de los Muertos”, il celebre giorno dei morti Messicano.
Non sono mai stato un grande videogiocatore, ma tra le avventure grafiche della
Lucasart, questa era davvero un apice.
“The book of
Life” mi ha ricordato quel fantastico video games perché, nella storia che gira
intorno ad un triangolo amoroso, è il design dei personaggi a fare la parte del
leone in questo film.
Un gruppo di
pestiferi bambini in visita al museo vengono introdotti ad una storia
contenuta nel libro della vita: Manolo (Diego
Luna) è un torero di terza generazione che sogna di diventare un grande
chitarrista, ma è incastrato nella tradizione di famiglia. Il suo migliore
amico si chiama Joaquin (Channing Tatum) cresciuto per diventare una grande
soldato. Sono entrambi innamorati della bella Sofia (Zoë Saldana).
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Ve lo immaginate così l'aldilà? |
Sarebbe la
storia più vecchia del mondo, ma qui il guacamole è garantito dalla presenza
della Morte (Kate del Castillo) sovrana della terra dei ricordati e da suo
marito, Xibalba (Ron Perlman) sovrano della terra dei dimenticati. I due
spettrali coniugi decidono di fare una scommessa su chi fra Manolo e Joaquin riuscirà a conquistare il cuore di Sofia.
Il film ha un
buon ritmo, spesso intervallato da canzoni, qualcuna originale, altre scelte ad
hoc per la pellicola. Ad esempio vediamo Manolo nell’arena, esibirsi sulle note
di “The Ecstasy of Gold” di Morricone, o lanciarsi armato di chitarra, in una
serenata alla sua bella, sulle note di “Creep” dei Radiohead (per altro Diego
Luna non lo sapevo, ma è abbastanza bravo come cantante).
La cosa che
colpisce di “The Book of Life” è proprio il look e il design dei personaggi: Manolo e
Joaquin sembrano due marionette in legno dalle grosse spalle e la barba
scolpita. La morte è rappresentata con il sombrero e il trucco sul volto dello
“Dia de los Muertos”, mentre Xibalba è un oscuro e riuscito mix di tutte le
rappresentazioni del Dio dell’oltretomba dei Maya, per altro, la voce di Ron
Perlman lo rende piuttosto convincente come creatura infernale, anche perché il
vecchio Ron ha il background giusto per la parte…
Uno dei
personaggi dal look più bizzarro è quello doppiato da Ice Cube. Candle maker è
composto in parti uguali di cera e nuvole. Si muove con pose Hip Hop sfoggiando
un collanone Maya che piacerebbe tanto ai rapper moderni.
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"Chi devo doppiare? un altro diavolo? forza diamoci una mossa" |
"E' il momento di restare vivi..." |
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Loro due sembrano già dei personaggi da cartone animato |
Se vogliamo
dirla tutta tutta, alcune canzoni sono anche una brusca frenata al ritmo del
film, specialmente quelle più zuccherose. Ok “Can't Help Falling in Love” è un
evergreen, ma cose come “Te Amo y Más” fanno un po’ calare la palpebra…
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Lui, lei, l'altro e... un maiale, che torna sempre utile. |
L’estetica
del film di Jorge Gutierrez riempie schermo ed occhi: la fuga nel labirinto che sembra il giochino che si trovava sul tappo della confezione delle bolle
di sapone, ma in versione gigante. Oppure la lunga scena d’azione finale, ben
coreografata tra esplosioni da sventare, salvataggi al volo e atti di eroismo a
non finire. Insomma, Gutierrez dimostra di avere la mano bella ferma e di sapere
il fatto suo nel campo dell'animazione, sfornando un film davvero godibile.
Raramente un
filmaker affermato riesce ad essere anche un produttore efficace, lasciate
perdere Spielberg che è fuori scala per essere usato come termine di paragone.
Di solito un regista, quando veste i panni di produttore, perde un po’ delle
sue caratteristiche principali, invece Del Toro riesce ancora a produrre dei
film che dopo una sola occhiata, sono immediatamente riconducibili alla sua
estetica. Succede lo stesso anche con questo “The Book of life” e non essendo
un caso isolato, bisogna riconosce a Del Toro anche questo talento.
Non conosco il videogame che hai citato ma ho visto i trailer di questo film al cinema e non posso permettermi di guardarlo su schermo piccolo. Al diavolo le voci originali, aspetto l'uscita nelle sale italiane per immergermi come si deve in questo trionfo di colori!!
RispondiEliminaHai ragione i colori e il design fanno da soli l’80% del film, poi io non faccio testo, guardo tutti i film con Ron Perlman, doppiati o recitati poco importa ;-)
EliminaPur avendo lavorato nel settore, non conosco molto vi videogame, quindi pure io come la Bolla non conosco quel titolo :/ il film però mi ispira molto. O almeno, c'è DelToro di mezzo, quindi mi ispira a prescindere.
RispondiEliminaSono sempre stato un videogiocatore strano, praticamente giocavo solo a NBA live e alle avventure grafiche della Lucasart ;-) come diceva Bolla il film ha dei colori da grande schermo, e il buon Guillermo è una garanzia ;-)
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