Ho uno strano
rapporto con il cinema di Michael Mann: non sono mai stato un suo fan accanito,
uno di quelli che riesce a trovare la poesia anche in “La fortezza” (che trovo
spassoso, ma nulla di più), insomma non sono un “Lupo Manniano” come li chiamo
io. Anche se nella filmografia di Michele Uommo ci sono alcuni dei miei titoli
preferiti, veri e propri punti di riferimento del genere a cui appartengono: da
“Manhunter” a “Heat”, passando per “L’ultimo dei Mohicani”, “Alì” e “Nemico
Pubblico”.
La costante
per me è sempre stata la stessa: la prima volta che vedo un nuovo film di
Michele Uommo mi piace il giusto, in qualche caso non mi piace nemmeno (Miami
Vice), poi lo riguardo e allora il film mi arriva. Sono giunto ad una
conclusione: l’emotività dei personaggi di Mann è come fuoco che brucia sotto
la cenere. I protagonisti dei suoi film rinunciano alle parole in favore dell'azione, è strano che uno come me che scrive tanto (troppo), ma parla poco
(troppo) ci abbia messo così tanto a capirlo, ma la testardaggine a suo modo è
un valore, Mann capirebbe.
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"Chiunque non abbia capito è pregato di lasciare il set del mio film" |
Il nuovo film
di Uommo si chiama “Blackhat” una cosina costata 70 milioni di ex presidenti
morti stampati su carta verde. Uscito a metà Gennaio in patria, ha portato a
casa 18 milioni e mezzo sacchetti di patatine, praticamente un disastro
colossale che ha imbarcato tutta l’acqua sollevata da
American Sniper uscito in
contemporanea.
Certo, un
trailer che racconta tutta la trama, vendendo spudoratamente il film come un action
tutta azione, farcito di scene di sesso bollente e Chris Hemsworth con i pettorali al vento non
ha proprio aiutato. Probabilmente la Universal Picture ha affidato la campagna
di lancio ad un paio di interinali con il contratto in scadenza, anche perché
ti devi impegnare per non riuscire a vendere il nuovo film del regista di
“Nemico Pubblico”, con la colonna sonora di un premio Oscar e uno degli
Avengers come protagonista.
Il film ha
l’annoso problema di rendere appetibile un film che parla di Cyber spionaggio,
questo spiega come mai Chris Hemsworth, l’hacker Nick Hathaway, non ha
propriamente il fisico del vostro amico Nerd che chiamate quando non funziona
più il vostro PC. Anche perché sono sicuro che se tutti i tecnici di computer
fossero fatti a forma di Thor, ci sarebbe un boom di signore con il pc non
funzionante…
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"Pronto? Le sono sparite le icone sul desktop? Arrivo subito Signora" |
“Blackhat” è
un film in cui per tutto il tempo il Wi-Fi funziona sempre (con cinque tacche)
la gente digita velocissimo, mentre senza guardare la tastiera ti spiega come
ha fatto a violare il mainframe del server, scrivendo il codice del malware
uplodato via blutooth utilizzando un RAT. Però, poi, ti fa almeno la concessione
di dirti che RAT sta per Remote Administration Toll e non per il protagonista di
un fumetto di Leo Ortolani.
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"Modifico il getaway, faccio refresh dei DNS, ping dell'IP, modifico la subnet, tutto chiaro no? |
Il flop resta inspiegabile perché “Blackhat” è un grandissimo film, con un regista in
stato di grazia che riprende il suo discorso cinematografico, ripartendo da
“Miami Vice” dopo la pausa fatta di Fedora e Mitra Thompson di “Nemico
Pubblico”. Per assurdo la trama è ancora più convenzionale di quella di “Miami
Vice”, possiamo tranquillamente dire che incarna in sé il concetto di classico:
quanti film
avete visto nella vostra vita, in cui un poliziotto, fa squadra con un
criminale, per acchiappare il cattivo di turno e mandargli a zampe all'aria il
piano? Di solito tutto questo prevede un accordo di immunità, una bella di
turno, rapporti di amicizia virile e onore da rispettare, magari una fuga o
una vendetta. Se trovate una storia più classica di questa, sapete dove sono, venite a citofonare ore pasti (citofonare Cassidy).
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"Hacker, accordo con gli sbirri, cattivone, Boom! Bang! quando iniziamo a girare?" |
Letteralmente
“Blackhat” è un film di mestiere, una di quelle pellicole fatte dal sarto per
il regista a cui è stata assegnata, una storia che incarna già tutti i topoi
del filmaker che per tutta la durata del film non fa altro che mettere in
pratica i suoi manierismi (Mann-ierismi). Il piccolissimo problema è che il
regista in questione fa tutte queste cose sì, ma al massimo livello
cinematografico possibile ad oggi nel 2015. Brutto?
Michele Uommo
dirige tutto con mano fermissima, fa zoomate che ti portano dentro la scena, proprio
accanto ai protagonisti, ti esalta con un semplice campo e controcampo e
quando mette su un'articolata scena d’azione, letteralmente ti stampa sulla
poltrona lasciandoti giusto la forza di sussurrare “Wow!”.
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Resterete senza parole (specialmente se siete il proprietario della macchina). |
Voi direte: "Sì,
ma da un Cyber Thriller io voglio i tecnicismi e i rimandi alla situazione
politica". Ci sono! Nel film trovate anche una (didascalica) battuta sull’11
Settembre e un incipit iniziale che ci mostra nel dettaglio, cosa accade ogni
volta che qualcuno nel mondo, preme un tasto della tastiera, portandoci
letteralmente dentro un pc, volando tra i cavi della fibra ottica, una roba che
farà esaltare il vostro amico fanatico di computer (e magari frantumerà le
balle a tutti gli altri…). Poi il film prende “Armi e ritagli” (CIT.) e va a
Giacarta, i protagonisti sono tutti bardati con dei bei giubbottini anti proiettile stilosi e ultra
aderenti.
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Collezione Primavera-Estate, in Kevlar con comode regolazioni |
Che poi non ho
mai capito perché nei film hanno tutti sti anti-proiettile aderenti, non
dovrebbero essere corazzati per fermare le pallottole? Vabbè, diciamo che
servono per tutelare gli attori, dagli Stuntmen locali, incuranti della propria
vita, che escono volando dai set dei film di Gareth Evans.
Non tutti i
passaggi della trama sono cartesiani, va bene il metodo collaudato in “The
Wire” di “Seguire i soldi”, ma forse è meglio non chiedersi come mai Nick
Hathaway sia anche un esperto ad usare le armi da fuoco oltre che i computer.
Penso che la motivazione vada ricercata nel non detto del personaggio che
probabilmente nelle vita non ha sempre solo fatto l’hacker, in ogni caso il
film ha un buon ritmo secondo me, ritmo che aumenta nella seconda parte, per
diventare sincopato e trascinante nel finale.
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"Come hai fatto a fare tutti quei punti ad Angry Birds?" |
Negli ultimi
minuti il cambio di passo è netto: i dialoghi diventano secondari se non
addirittura inutili, la colonna sonora prende prepotentemente il proscenio e
il tutto vola ad un altro livello, tra gli sguardi dei personaggi, i grilletti
premuti che generano esplosioni che sul grande schermo risultano maestosi e un
cacciavite che silenzioso si fa strada in tutto il finale.
Potremmo stare
qui a parlare del fatto che Chris Hemsworth non sia proprio un maestro di
espressività, ma di fatto non avremmo davvero nulla di cui parlare, Hemsworth
ha due espressioni: con il martello e senza (e mi rendo conto di avergli fatto
un ENORME complimento). A livello di casting non è una scelta tanto differente
dal Colin Farell di “Miami Vice”, l’Irlandese era supportato da una trama
maggiore, l’Australiano, invece, è un altro dei tanti eroi “Manniani”.
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"Ti presento Beretta, la sorella incazzata di Mjolnir" |
Il fisico non
propriamente da Nerd serve a giustificare il fatto che sappia usare il ferro
oltre che la tastiera, l’espressività, diciamo limitata, è sintomatica di un'emotività mai manifesta (il famoso fuoco sotto la cenere di cui sopra).
Basta guardare
come Mann utilizza il suo protagonista che si sofferma furtivo ad ammirare i
dettagli del corpo della donna amata. Non faceva la stessa cosa anche il Will
Graham (William Petersen) di “Manhunter”? La poesia del non detto, un
romanticismo da duri che si avvicina ai picchi poetici di John Woo (un altro
che ha saputo far risuonare le 45 automatiche maestosamente al cinema).
Si vede il
mestiere del regista come detto, ma è tutto spinto ai massimi livelli, delle
scene d’azione non ho nemmeno voglia di parlare, perché solo quelle
giustificano da sole la visione di TUTTO il film, ma è proprio il modo di fare
cinema di Michele Uommo che è trascinante. Io ci sono arrivato tardi, ma ora lo
so: in un film di Mann per prima cosa bisogna lasciarsi trasportare dalla
storia, una volta pennellati i suoi personaggi maschili archetipici, la pellicola
prosegue mostrandoci le loro azioni, mettendoli totalmente al centro della
storia e portando lo spettatore in prima fila al centro dell’azione.
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Prendete un fotogramma a caso di questo film e fatene un poster da appendervi in soggiorno. |
Arriva un
punto in cui i dialoghi sono inutili e la musica detta il ritmo di tutto. Il
mio film ideale di Michael Mann ha quattro dialoghi nei primi minuti e poi è
tutto girato di notte, in digitale, senza dialoghi, ma solo spari, metropolitane
e motoscafi e, ovviamente, la musica più potente ed efficace di mille dialoghi.
Quando Mann
inizierà a fregarsene degli incassi dei suoi film, farà solo pellicole così
e saranno tutte una figata. Il pubblico, invece, dovrebbe smettere di pensare che
la bellezza di un film sia misurabile in termini di incassi o numero di parole
nei dialoghi. Il cinema, quando è fatto come si deve, non ha bisogno di parole,
al massimo, ha bisogno di filmaker come Michael Mann.
Se non l’avete
ancora fatto, correte a cercare l’ultimo cinema che ancora passa questo film,
se poi sarete soli in sala, tanto meglio per voi.
Non lo capiscono più questo modo di fare cinema dove le immagini bastano a loro stesse e siamo tutti felici e beati a guardare lo schermo senza sentirci sceneggiatori.
RispondiEliminaMi limito ad aggiungere “Amen” ;-)
EliminaQuando capita di poter vedere un film che ti dice tutto usando immagini, fotografia, musica, vedi proprio il cinema al suo meglio. Se tutti i Flop sono così, io voglio vedere solo più film che floppano malamente al botteghino in cui parlano pochissimo :D grazie per il commento!
"Ti presento Beretta, la sorella incazzata di Mjolnir" Questa è degna di Tarantino XDXD
RispondiEliminaEh eh gracias! Avevo scritto un'altra didascalia ma non mi convinceva, poi mi è venuta in mente questa di getto ;-)
EliminaQuesto film era stato distribuito non di merda, di più. Ho dovuto inseguirlo letteralmente, in tutta Torino lo davano in un solo cinema e neanche tutte le sere. Ma quanto ne è valsa la pena. Io amo Mann (anche se La Fortezza è abbastanza stupida), ma qui siamo proprio ad altissimi livelli. E le scene della sparatoria e quella finale da sole valgono qualsiasi biglietto/noleggio/abbonamento a Netflix
RispondiEliminaA me è successo lo stesso, per altro esiste una versione director's cut, spero prima o poi venga messa a disposizione almeno in home video. Cheers!
EliminaQuindi Ti piacciono Alì e Miami vice?
RispondiEliminaUrca, si ;-) Cheers
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