Sono passati sette anni dalla vicende del romanzo precedente ("Il Silenzio degli innocenti"), l’agente Clarice Starling non se la passa proprio alla grande: dopo un primo capitolo d’azione, si trova prima nel mezzo di una sparatoria, poi al centro di un'inchiesta e seppur con la carriera in bilico, l’agente speciale dell’FBI si ritroverà presto in prima linea, perché dall’altra parte del mondo, in uno strambo Paese a forma di scarpa, il Dottor Lecter è tornato a colpire.
Un romanzo strano questo “Hannibal” il primo in cui la creatura più celebre di Thomas Harris è il vero protagonista (fin dal titolo). Leggerlo ora, a distanza di anni dalla sua uscita, farcita di (inutili) polemiche, quasi tutte legate al film, è decisamente un'altra cosa, anche perché, parliamoci chiaro, il film mi aveva impressionato poco, dopo aver letto il romanzo, ha perso ulteriori punti.
Thomas Harris
ambienta buona porzione del romanzo a Firenze, città ideale per il raffinato
Lecter, amante del buon cibo, dei vini di qualità e della cultura, sulle sue
tracce un altro poliziotto: Rinaldo Pazzi (si, QUEI Pazzi di Firenze). Impossibile non notare l’accuratezza delle ricerche fatte da Harris: Firenze è
descritta strada per strada, la raffinata città fiorentina e la campagna
Sarda, questo strambo Paese
a forma di scarpa è descritto con dovizia di dettagli (per altro, una delle
svolte delle trama, prevede un errore dovuto alle lungaggini della burocrazia
Italiana, quindi si, molto accurato!).
Harris
introduce il terrificante Mason Verger, l’unica vittima sopravvissuta a Lecter,
personaggio disgustoso che il “buon” Dottore ha contribuito a rendere
esteticamente allineato alla sua natura di sadico e torturatore, mi risparmio
la descrizione, ma vi avviso, è per stomaci forti.
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Verger è un
super cattivo un po’ sopra le righe (per dire: si diverte a far piangere i
bambini, giusto per darvi un'idea), in questo il romanzo risulta più esagerato rispetto ai precedenti “Red Dragon” e “Il Silenzio degli Innocenti”,
anch' essi popolati da coloriti Serial Killer sì, ma meno “Fumettistici” dello sfigurato miliardario.
La stessa
sorella di Verger, Margot è un personaggio difficile da rendere, infatti
nell’adattamento cinematografico è scomparsa. Certo non è tutto pesche e crema,
perché comunque ogni tanto Harris si perde in passaggi un po’ a vuoto, ad esempio la scena
di Margot e Barney nella doccia era davvero così necessaria ai fini della
trama?
“Hannibal” è
decisamente il capitolo più splatter della saga, la cosa non mi ha disturbato
più di tanto (d’altra parte Harris ha passato due libri a raccontarci quanto
fosse diabolico e pericoloso Lecter), questo è il romanzo in cui ci fa vedere di
cosa è capace il protagonista, per assurdo, proprio per la presenza di Mason Verger, quasi si
finisce a fare il tifo per il sociopatico puro, questo raffinatissimo Dottore,
che anche in fuga, non si negherà mai più una boccia di quello buono. In fondo,
se escludiamo Clarice Starling, non ci sono personaggi davvero buoni in questo
romanzo, tutti nascondono qualcosa: Barney, Paul Krendler e lo stesso Rinaldo
Pazzi, ricoprono ruoli istituzionali, ma sono tutt’altro che dei buoni.
Parliamo del
finale… Senza SPOILER giuro!
Ho capito
perché ha fatto arrabbiare un sacco di gente: perché non è consolatorio, rompe
lo schema classico del poliziesco, che vuole cacciatore e preda scontrarsi, ma
con il Dottor Lecter, non è mai stato chiaro chi è il vero predatore.
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"Ho detto SENZA Spoiler" |
Nella parte
finale del romanzo, il Dottor Lecter utilizza tutto il suo talento di
Psicologo, senza entrare nei dettagli, posso dire che è la parte più
interessante della storia, la meno spettacolare certo, ma quella più
importante. Il problema è che Thomas Harris, gli dedica un numero irrisorio di
pagine, veramente poche se confrontate con la parte Action/Horror del romanzo ed
il risultato è qualcosa che richiede una grossa sospensione dell’incredulità, o
un ottima conoscenza di psicologia fate voi…
In generale,
quando si parla di orrore, penso che il non mostrato faccia sempre più paura e
qui Lecter si mostra nella sua sanguinaria superiorità, ma anche nel suo tragico
passato (la sorella Mischa). Questa è la scelta di Harris per dare un finale al
suo personaggio più celebre: lasciargli il palcoscenico. Se poi l’orrore solo
suggerito de “Il Silenzio degli innocenti” vi sembra superiore, forse la
motivazione va ricercata anche qui.
Chissà se
questo romanzo sarebbe stato lo stesso senza le pressioni di Hollywood,
vogliosa di dare un seguito cinematografico al Dottor Lecter ed è curioso che la
stessa Hollywood richiedente a gran voce il sanguinario Serial Killer, sia
stata la prima a spaventarsi, davanti al suo spettacolo da solista.
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